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Purgatorio III canto Manfredi e gli scomunicati

Dopo che Dante e Virgilio vengono ripresi da Catone insieme alle altre anime per aver perso tempo ad ascoltare il canto di Casella, fuggono verso le pendici del monte.

Durante la salita Dante,abbassando lo sguardo,non vede più l’ombra di Virgilio e subito si preoccupa che la sua guida sia scomparsa. Virgilio rassicura il poeta e gli spiega che le anime, non essendo materiali, non proiettano alcuna ombra anche se possono soffrire. Così è stato stabilito dalla Grazia divina ed è inutile cercare di decifrare l’intento di Dio,dice Virgilio.

Virgilio non conosce bene il purgatorio come conosce l’inferno e lui e Dante sono costretti a chiedere indicazioni ad un gruppo di anime. Sono le anime degli scomunicati. Le anime avanzano verso Dante e alcune di loro notano che dante proietta l'ombra: subito si arrestano e si tirano indietro.

Virgilio le rassicura dicendo che Dante è effettivamente vivo, e la scalata del monte non è contro il volere divino. Una delle anime si rivolge a Dante e lo invita a guardarlo, per capire se lo ha mai visto sulla Terra. Dopo che Dante ha negato di conoscerlo, il penitente mostra una piaga sul suo petto e una ferita sul cigliato. Si presenta come Manfredi di Svevia (Venosa, 1232 – Benevento, 26 febbraio 1266), un giovane uomo di bellezza fisica e gran gentilezza morale che assume caratteri cristologici.

Figlio naturale di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, nipote di Costanza d'Altavilla che aveva sposato Enrico VI, alla morte del padre (1250) fu reggente di Sicilia per il fratellastro Corrado IV allora in Germania. Morto Corrado (1254), tentò di ottenere il riconoscimento del fanciullo Corradino e della propria posizione da parte del papa; di fronte all'ostilità del pontefice, riparò a Lucera dove si impadronì del tesoro degli Svevi e in una guerra di tre anni riconquistò contro il legato pontificio tutto il regno di Sicilia. Riprese la politica degli Svevi in Italia e si inserì ovunque nelle lotte delle fazioni cittadine, fino alla vittoria di Montaperti (1260) che segnò il culmine della sua potenza. Ma la Chiesa continuava ad essergli ostile (era già stato scomunicato nel 1254 ), finché il papa Urbano IV offrì il regno a Carlo I d'Angiò (1263). Manfredi, abbandonato gradualmente dai suoi alleati, affrontò Carlo nella battaglia di Benevento (1266), dove fu sconfitto e morì sul campo. Il cadavere fu sepolto presso un ponte, poi fu fatto disseppellire e disperdere dall'arcivescovo di Cosenza, su ordine di papa Clemente IV.

Manfredi stesso dice di aver commesso terribili peccati eppure si trova nel purgatorio: la bontà divina infatti è infinita e perdona chiunque si penta, anche in punto di morte.

Manfredi dimostra che un'azione umana,come la scomunica,non sempre ha ripercussioni nell'aldilà: la grazia divina è indipendente da ogni decisione umana. Il Papa,infatti,aveva scomunicato Manfredi e aveva fatto l'errore di mescolare sacro e profano,usando la scomunica come arma politica.

Fonti: http://danteworlds.laits.utexas.edu/purgatory/gallery01.html http://www.reteduesicilie.it/re-manfredi-torna-a-casa/

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