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27 gennaio Giornata della Memoria Lavori dei ragazzi dell'Istituto Comprensivo Bonfigli di Corciano in collaborazione con l'Amministrazione Comunale di Corciano

" E, se non ci crederanno,
voi continuate a raccontare anche per noi"

21 aprile 2015

Incontro con Pietro Terracina presso la Filarmonica

1/2/2016

Incontro intervista con Pietro Terracina

Teatro Arca - Ellera - Perugia

20/5/2016

Presentazione del libro "Dopo il buio la luce"

Realizzato dagli alunni dell'Istituto Comprensivo Bonfigli di Corciano

Sala Congressi Cassa di Risparmio di Mantignana

Cari ragazze e ragazzi della scuola di Corciano, vengo a conoscenza che dopo gli incontri che ho avuto con voi nella vostra bella cittadina, che mi hanno dato l’occasione di raccontarvi la mia triste storia da testimone di deportato Auschwitz /Birkenau , ma anche la storia di quel brutto periodo storico che fece di noi cittadini italiani di religione ebraica prima perseguitati e poi mandati a morire nei Lager dell’est per la sola colpa di professare una religione diversa da quella della maggioranza, voi avete continuato a ragionare su quello che avete appreso in quella occasione, ne avete fatto memoria ed avete prodotto un libro e un CD che presentate oggi. Questa vostra iniziativa mi rende felice perché so per certo che la memoria di quei fatti dolorosi è in buone mani e verrà tramandata al futuro. Anche in un giorno lontano ci sarà chi leggerà il vostro libro, ascolterà il CD e verrà a conoscenza di quei fatti che vi ho raccontato. Nella tradizione ebraica è detto: “Chi ascolta un testimone diventa egli stesso testimone”. E’ così che si tramanda la Memoria. Grazie a tutte e tutti voi ed un augurio per il vostro futuro. Piero Terracina

a.s. 2016/17

Visita presso la scuola ebraica, Museo ebraico e la Sinagoga

Roma

27/9/2016

Cittadinanza onoraria a Pietro Terracina

Teatro Filarmonica

19/2/2017

Incontro con Michele Montagano, internato militare italiano

Teatro Arca di Ellera - Perugia

La lezione di storia si fa lezione di vita

Un viaggio in un passato che tende ancora ad allungare ombre sul futuro.

Nella mattina di martedì 19 febbraio, oltre duecento studenti della scuola secondaria di I grado Benedetto Bonfigli hanno assistito, presso il teatro Arca di Ellera, alla testimonianza di Michele Montagano, oggi 97enne, uno degli ultimi sopravvissuti degli internati militari italiani. L'incontro con Montagano, inserito nel progetto il filo della memoria, è stato possibile grazie al prezioso supporto di Marco Terzetti, autore del libro “lettere da un giovane militare 1942-1945” che racconta la storia del padre Bruno, ex internato militare italiano. Marco Terzetti è dal 2017 Presidente della sezione di Perugia dell’Associazione Nazionale ex Internati, riattivata allo scopo di non perdere la memoria del gesto eroico dei 600.000 militari che, nel 1943, rifiutarono la collaborazione con il nazifascismo a costo di 19 mesi di dura prigionia.

Ad accogliere Montagano, insieme alla scuola, anche il sindaco di Corciano, Cristian Betti, che è intervenuto parlando ai ragazzi del valore di testimonianze come questa e di esperienze come l'ascolto diretto, percorsi del passato utilissimi per affrontare l’oggi. Ricordare, ha aggiunto il sindaco, significa testimoniare ancora oggi il rifiuto di ogni forma di razzismo e di discriminazione del diverso, insegnare l’importanza del rispetto dell’altro, del dialogo tra le persone e tra i popoli come unico imprescindibile strumento di pace. Presente all'incontro anche il colonnello Maurizio Napoletano, Comandante Militare Esercito per l' Umbria che, con parole dirette e toccanti, ha voluto sensibilizzare i giovani a ricordare il sacrificio delle vittime, spiegando ai ragazzi il ruolo delle forze dell'ordine che quotidianamente lavorano al servizio delle collettività con l'obiettivo di contribuire a creare negli studenti un senso di appartenenza positivo e costruttivo nella comunità in cui vivono diffondendo i valori di fiducia, coraggio, solidarietà, dignità e sacrificio. Sono le donne e gli uomini che hanno giurato fedeltà e tutela al popolo italiano, quindi ad ognuno di noi, e ogni giorno donano la propria vita, spesso consapevolmente, per affermare i principi di legalità e giustizia, in cui fermamente credono, per garantire sicurezza e democrazia al nostro Paese.

Michele Montagano, classe 1921, ultimo sopravvissuto tra i 44 ufficiali del Regio Esercito Italiano che dopo l'8 Settembre 1943 si rifiutarono di collaborare con i nazisti rischiando la fucilazione,che della dolorosa vicenda degli internati militari italiani è protagonista diretto, rivendica oggi, con orgoglio, il sacrificio compiuto da chi, a tutti gli effetti, è stato parte integrante della lotta di resistenza e della successiva liberazione dell’Italia dall’oppressione nazifascista. Un contributo che corrisponde a un “silenzioso eroismo” che non può e non deve essere dimenticato, così come non potrà mai essere dimenticato il genocidio del popolo ebraico nei campi di sterminio. “La storia delle deportazioni di massa e della Shoah - ha ricordato Montagano - non può essere separata dalla storia della tirannide fascista in Italia, che a tutti gli effetti fu complice di quel sistema studiato nei minimi dettagli”.

Un racconto il suo, testimoniato con straordinaria lucidità, intervallato a tratti da sottile ironia, che si è concluso con un augurio finale rivolto principalmente ai giovani. Montagano racconta: “Nel luglio del ’44 la Germania aveva estremo bisogno di mano d’opera per l’industria, le miniere, l’agricoltura e lo sgombero delle macerie dei bombardamenti Alleati. Hitler e Mussolini sottoscrivono un accordo che in Italia venne propagandato come la “liberazione degli internati”, ma che alla Germania consentiva la precettazione per il lavoro coatto e obbligatorio anche per gli ufficiali. Nell’ultimo inverno di prigionia, 44 ufficiali scrivono una pagina poco nota della Resistenza italiana attiva nel cuore della Germania nazista. In blocco si rifiutano di lavorare e operano un vero e proprio sabotaggio. Dopo alcuni giorni, giungono al Campo ufficiali della Gestapo e un reparto di SS che provvedono a prelevare a caso dal gruppo dei 214, per una sommaria decimazione, 21 ufficiali da punire severamente per aver violato le leggi del Führer, e l’interprete, un italiano delle SS, dice:

“Questi non li rivedrete mai più”.

Allora, quelli che sono decisi a resistere a qualunque pressione, escono dal gruppo e si offrono di sostituire volontariamente i decimati, determinati anche a subire la fucilazione, perché, in qualità di ufficiali prigionieri di guerra non intendono eseguire alcuna prestazione di lavoro in favore della potenza detentrice. Separati dai compagni, vengono rinchiusi nel cortile del carcere dove, per ben nove ore, sotto la pioggia e al freddo invernale, attendono il momento della punizione, con il pensiero rivolto alle famiglie e lo spirito colmo di memorie risorgimentali.

“Mentre eravamo in attesa della nostra sorte le reazioni erano molto diverse; si pensava alla famiglia, si pensava al Paese, alcuni pensavano di fare una fine eroica… tra questi c’ero anch’io, naturalmente, che, ricordando la lezione del Risorgimento, pensavo ‘se debbo morire, morirò da eroe’ e volevo poter scrivere col sangue sul petto; ‘W l’Italia”. Adesso c’è da sorridere, ma in quel momento si sentiva veramente. Solo sul far della sera, apprendiamo che la condanna è stata commutata nel carcere a vita, da scontare nel campo di “rieducazione al lavoro”, come viene chiamato lo Straflager KZ di Unterlüss. Davanti alla baracca ci attende il Lagerführer con accanto un maresciallo delle SS armato di un grosso bastone e due aguzzini con in mano tubi di gomma. Da quel momento comincia per noi quell’inferno che rare volte ho avuto la forza di raccontare” dichiara Michele Montagano, l’ultimo dei sopravvissuti tra gli eroi di Unterlüss, Presidente Onorario dell’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia e Vicepresidente nazionale dell’Anmig.

ll lungo e inquietante silenzio che ha oscurato la storia dei 650 mila Internati Militari Italiani, “traditi, disprezzati, dimenticati”, è oggi, finalmente, rotto da molte e diverse voci e dalle incalzanti domande dei nostri ragazzi. Quando uno di loro ha chiesto: “cosa si aspetta da noi dopo questo incontro?” Montagano, con la pace nel cuore, ha risposto: “siete giovani, vivete la vostra vita in maniera coerente con la vostra età; quando arriverà il tempo delle scelte e delle grandi decisioni, rimanete sempre legati ai vostri cuori e alle vostre coscienze, solo così vi sentirete liberi”.

Certamente alcuni periodi storici favoriscono la solitudine, l’individualismo, il disimpegno politico, la non partecipazione, l’astensione, nella “solitudine della società globalizzata”, a cui seguono altri momenti o periodi più alti di impegno collettivo che favoriscono e aiutano la trasmissione della memoria storica. Certo è che, quando i giovani si rivolgono ad adulti o ad anziani per sentirsi raccontare dei fatti accaduti in un passato prossimo o remoto della storia del nostro secolo, essi stessi cercano e vogliono attribuire senso alla propria vita ed esistenza trovando radici, forme di significato in ciò che è stato ed è accaduto, agli eventi della storia individuale e collettiva che li ha causati direttamente, a tutti gli effetti.

La testimonianza a scuola porta persone in carne ed ossa, come protagonisti esistenti e viventi della storia passata, con i loro sentimenti, passioni e scelte di vita con un impatto emotivo diretto ai ragazzi nei confronti degli eventi storici di elevatissima efficacia didattica. La testimonianza riconsegna al legittimo attore degli eventi ed all’attento ascoltatore il senso dell’essere nella storia, in sé stessi e per sé stessi, nell’immanenza dell’attualità del momento presente. Questo, per la nostra scuola, è il senso del filo della memoria che si concretizzerà con la realizzazione, da parte dei ragazzi, di un docu-film che potrà essere messo a disposizione dei futuri giovani e di ogni istituzione che vorrà utilizzarla come occasione di conoscenza

27/1/2020

Visione del DVD Intervista a Terracina

Il futuro della Memoria

Stamattina tutti ascoltiamo le parole “vive” di Piero Terracina. Quattro anni fa abbiamo avuto il grande privilegio di ospitarlo nella nostra scuola e il racconto della sua vita, simile a quello di milioni di Ebrei, ha rappresentato la nostra più toccante lezione di storia e di vita. Verso Piero sentiamo un dovere dal quale non possiamo proprio prescindere: gli dobbiamo il rispetto per la sua storia, per il suo coraggio, per il suo racconto. Rispetto che oggi, ancora più di ieri, dobbiamo e vogliamo tradurre in impegno di cittadini consapevoli e di teste pensanti. Nella consapevolezza che la conoscenza del passato sia il miglior mezzo per muoversi nel presente, ci adoperiamo nel perseguire la conoscenza e usarla come unica arma di pace e Memoria.

Queste le significative riflessioni degli alunni:

Memoria è la parola di questa giornata, ma una parola non potrà mai esprimere il gelo che si insinua nelle mie ossa, è una morsa ghiacciata che ricorderò per sempre e che cercherò di trasmettere.

Oggi ho capito che non è sufficiente distinguere il bene il bene dal male, quest'ultimo va affrontato, fronteggiato ed eliminato.

Le parole di Piero arrivano dritte al cuore e lo fanno piangere.

Piero ci ha aperto gli occhi su una dolorosa verità che, purtroppo, già conoscevamo, ma la sua testimonianza ha amplificato la consapevolezza di quello che gli uomini, fomentati dalla paura e dall'odio possono creare. Alla fine una frase mi ha rincuorata: “quando tornai dall'inferno, perché nell'inferno sono stato, i miei amici non mi lasciarono solo.

Come dice Piero: “la memoria è un filo che che collega il passato passando per il presente, che prosegue nel futuro” ed è vero. Abbiamo bisogno di questo per riuscire ad essere persone migliori. Noi siamo la voce di tutte quelle persone che sono morte per colpa di quell'inferno... ed è oggi il momento di urlare!

Mi fa terrore pensare a quanto le persone possano essere crudeli e senza cuore di fronte alle diversità. Penso che tutto questo odio sia davvero privo di senso.

Piero ci ha lasciato un grande messaggio: mai sottovalutare l'odio. Speranza, amore, cultura, conoscenza e Memoria sono le armi per abbatterlo.

La mia emozione più grande è stata quando l'ho visto sorridere ai ragazzi, lì ho pensato che per lui raccontare e tramandare la memoria sono ciò che dopo il buio gli hanno fatto rivedere la luce. Racconterò le sue parole, un giorno, ai miei figli.

Credits:

Creato con un’immagine di RonPorter - "birkenau auschwitz concentration"

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