“In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.
In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della “fratellanza umana” che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.”
(Documento sulla fratellanza umana Abu Dhabi)
Con questo estratto del documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e per la convivenza comune, firmato da Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, mi piace volgere il mio pensiero e la mia preghiera ai fratelli e alle sorelle in Afghanistan. Le notizie si susseguono molto rapidamente, a volte filtrate, a volte incomplete, ma mostrano un evidente scenario di guerra e di azzeramento di ogni tipo di diritto.
Da cristiani non possiamo che mostrare e dimostrare tutta la nostra vicinanza ai nostri fratelli e alle nostre sorelle afghane che in questo momento stanno fuggendo dalla propria terra e non sono ancora in un posto sicuro e quanti ancora sono rimasti lì e lottano per la propria libertà e per difendere il proprio Paese.
Da capi educatori e da scouts non possiamo dimenticarci che “vale la pena di battersi per la pace, perché la pace non è solo una virtù, ma uno stile di vita cristiano per costruire un mondo migliore”, come ha sottolineato Monsignor Bassetti, presidente della CEI al Congresso nazionale di Pax Christi. “La pace si costruisce giorno per giorno non è data per acquisita una volta per tutte, non è mai, purtroppo, un traguardo definitivo. La pace si prepara con pazienza, premura, amore, fatica, umiltà e coraggio”. Un suggerimento che dovremmo cogliere come impegno quotidiano e come vademecum nelle relazioni interpersonali. Non si può costruire la pace se non ci alleniamo a farci prossimi agli altri e se non siamo disposti a farci permeare da nuovi e forse radicali stili di vita. Dovremmo allenarci ad una cultura della pace fatta di piccoli gesti e non alla resistenza o alla ribellione ad atti di guerra o di assenza di pace, allontanandoci da quelle che don Tonino definiva “grinfie rapaci del potere”, ossia, quel sistema di potere “tecno-economico, privo di alcuna tensione verso Dio e verso l'umano, che riduce l'uomo e l'ambiente a semplici oggetti da sfruttare in modo illimitato e senza cura” - riprende Bassetti.
E dovremmo accogliere il suo invito a “preparare e costruire la pace a partire dalle relazioni interpersonali, da chi ci sta vicino, dai nostri colleghi di lavoro, dai nostri figli, dai nostri anziani”, perché la pace non è soltanto assenza di guerra, ma una condizione generale nella quale la persona umana è in armonia con sé stessa, in armonia con la natura e in armonia con gli altri”.
Mi piace concludere questo pensiero ai fratelli e alle sorelle in Afghanistan proprio con un saluto di pace regalatomi da amici comuni a chi da questa terra è fuggito e che ci insegna come la cultura di pace e di fratellanza vada oltre la nazionalità e la territorialità.
“Sia in lingua PASTUN che in FARSI, tutti gli afghani racchiudono in una parola il profondo desiderio di tutti di VIVERE IN PACE = CONVIVERE NELLA STESSA TERRA = VIVERE IN TOLLERANZA = NON SOLO “PACE”.
Il popolo afghano si augura questo stendendo le mani in avanti verso l’altro, per dire la disponibilità a farlo insieme: "SOLH HAMSISTI”.
E allora per dirla con un’espressione a noi tanto cara “In piedi costruttori di pace”, perché ognuno di noi può e deve fare la propria parte.