Pop Art è l’abbreviazione del termine “Popular Art” e si riferisce alla tendenza artistica che ha origine dal dibattito degli anni Cinquanta del Novecento in Inghilterra sulla comunicazione di massa e sulla produzione dell’immagine. Nel 1957 R. Hamilton dà la sua prima definizione riferendosi alla mitizzazione degli oggetti di largo consumo e alle immagini che li propongono al pubblico nella società industriale. Insieme ad Hamilton altri artisti inglesi cominciano a inventare tutta una serie di popular pictures e li rendono i soggetti principali delle loro opere. Alla fine degli anni Cinquanta la forma artistica della Pop Art di diffonde in America comportando il passaggio dell’arte americana dalla cultura informale ed astratta all’arte pop il cui artefice è R. Rauschenberg.
Negli anni Sessanta la Pop Arte americana porta alle estreme conseguenze l’oggettivazione dell’arte e sottrae ad essa ogni contenuto emozionale e pathos lirico – drammatico realizzando rappresentazioni di oggetti di uso comune o legati alla comunicazione di massa (con i suoi miti). Gli artisti più attivi sono: J. Rosenquist, R. Lichtenstein, A. Warhol.
Le espressioni artistiche spaziano dai cartelloni che riportano immagini banali della vita quotidiana (Rosenquist rappresenta fette di melone, sandwich; Oldenburg deforma le macchine da scrivere, il telefono, il ferro da stiro), alla ripetizione delle stesse immagini, scelta artistica in cui primeggia Warhol, alla produzione di lunghe serie di fotogrammi con l’intento di svuotare di significato il valore culturale dell’oggetto rappresentato, alle gigantografie di fumetti (come fa Lichtenstein con le sue donne annegate o piangenti che testimoniano il congelamento delle emozioni della società dei consumi).
In Italia la Pop Art americana è ufficialmente introdotta alla Biennale di Venezia del 1964 ed influenzerà l’opera di molti artisti come M. Schifano, M. Rotella, T. Festa, R. Mambor.