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4. I racconti del Jing-shi Buon Compleanno Wei Ying!

Buon Compleanno Wei Ying!

Si era appoggiato pigramente alla balaustra di legno della veranda, il corpo mollemente adagiato, un po’ di sbieco. La testa quasi penzoloni.

Così scompostamente, lui, rifletteva.

Guardava il giardino nel pieno della tavolozza ocra dell’autunno, la zona zen con le pietre bianchissime, l’aria tagliente e tridimensionale del tardo pomeriggio. Un momento tranquillo, quasi immobile. Sorrise: un tempo, in una situazione di pace domestica come quella… si sarebbe ucciso di noia. Invece no: trovava un senso di pieno, di appagamento, anche in quella situazione di grande quiete.

Inoltre, lui sapeva sempre come cavare le cose migliori dalla loro vita. Anche se era diventata una vita tranquilla.

Era una vita che amava follemente.

Stava giusto riflettendo sul nulla cosmico - ma bellissimo - di quel tramonto autunnale quando una voce alle sue spalle lo scosse.

“Stai composto!” diceva la voce profonda e piuttosto rassegnata.

Wei WuXian scattò.

La testa che stava penzolando nei pensieri, risalì; incontrò lo sguardo del suo inquisitore. Raddrizzò in tutta fretta la schiena.

“Mi tratti ancora come uno dei nostri studenti?”

“Resti sempre un mio studente. Quello incorreggibile. Anzi, dovrò severamente disciplinarti, diciamo… subito”

Per quanto non avesse ancora fatto l’abitudine ad un Lan Zhan sorridente (comunque era una faccenda impercettibile e non accadeva spesso), il fatto che ogni tanto si lanciasse addirittura in battute di quel tipo, gli sembrava inverosimile come la neve all’inferno.

Ma la piccola piega della bocca non lasciava dubbi: Lan Zhan voleva stuzzicarlo. E se non bastava quel sorriso un po’ diagonale, la luce pungente e maliziosa dello sguardo avrebbe levato ogni restante dubbio.

“Ah, lo sai, sono uno studente cattivo. Tanto cattivo. Non ti stavo nemmeno aspettando. Non ho finito di fare quello che mi avevi chiesto e per stasera non ho lasciato nemmeno una goccia di Sorriso dell’imperatore. Cosa mi merito? Eh?”

con il sorriso più ampio che avesse mai messo in scena Wei Ying lo accolse così, quel pomeriggio di fine ottobre. In realtà Lo stava aspettando già da un po’, sotto la veranda del jingshi; stava attendendo come si aspettano le parti migliori di un pranzo o di un dolce.

Voltandosi a guardarlo, ora che lo aveva di fronte, sentì che qualcosa nel cuore si era allagato, aveva preso spazio oltre i margini andando a scaldare il resto del petto e via, giù giù, mandando segnali a tutte le terminazioni. Le gambe gli tremarono un po’.

Era una sensazione a cui non si abituava: lo coglieva sempre alla sprovvista.

Si mossero entrambi e contemporaneamente per rientrare in casa.

“Lan Zhan ti ho appena confessato di esser stato cattivissimo, quando hai intenzione di punirmi?”

“Non so”

“Ma non è corretto! Ho ammesso le mie colpe e tu fai finta di niente? È così che mi disciplini?” con un’aria offesa, ma proprio offesa.

“No, perché non sarebbe una punizione. A te piace”

Wei WuXian avrebbe giurato, anche solennemente, che su quel viso continuava a persistere un’espressione di scherno.Eppure quella sera, stuzzicare Lan Zhan non serviva. Altri piccoli tentativi di attaccare briga, furono fatti con estrema furbizia. Risultato: nessuno.

La stava quasi prendendo come un’offesa personale.

Poco prima, mentre era sulla veranda in attesa, aveva giusto meditato che non gli sarebbe affatto dispiaciuto fare un pranzo speciale, per giunta proprio la sera precedente il suo Compleanno. E molte scene (non commentabili e sicuramente censurabili), gli erano apparse in bella fila, pronte a esser sperimentate.

Anzi, l’idea si era rafforzata non appena Lan Zhan aveva iniziato a minacciarlo di una punizione: perfetto! Era il dessert con cui, anziché finire, si poteva iniziare. Ma ora la situazione stava prendendo una piega che non lo entusiasmava allo stesso modo: Lan Zhan riusciva sempre a prendere il controllo.

Per cui i suoi progetti di “scodella sul grembo, scusa mangio direttamente da lì, se versi il vino fuori dal bicchiere asciugo io”, stavano miseramente sfumando.

In effetti all’idea della punizione aveva anche velocemente riadattato le fantasie, del tipo “Sei un pessimo discepolo, ora ti raddrizzo io, prendi questo boccone dalle mie labbra e guarda che è piccante, se fai cadere qualcosa lo raccogli con la lingua...” e altre simili immagini che nel giro di pochi secondi si erano affastellate velocemente nel suo reparto “sesso come capita”.

“Sesso come capita”: pensò a questa espressione e gli venne un ridicolo sbuffo di risata.

Ma ci pensava?

Loro due. Anni passati a tirarsi i capelli – in senso metaforico e non solo – a pizzicarsi l’animo con ogni tipo di frecciata cattiva… Ma all’epoca… perché diamine non aveva capito che era un modo, solo più innocente, di rotolarsi nelle lenzuola?

Si trattava di una cosa così palese, così evidente che… gli unici a non essersene accorti erano i diretti interessati.

Comunque, a parte questa parata di piatti da consumare in zone erogene a caso, stava cercando di concentrare la sua attenzione sulla schiena di Lan Zhan, che nel frattempo aveva raggiunto la camera per cambiarsi.

Sul tavolo facevano bella mostra di sé una serie di ciotole, ciotoline e piatti già ricolmi: era questo il motivo della sua attesa sotto alla veranda, tutto era organizzato nei dettagli e pronto da un’ora almeno.

L’unica cosa che mancava non era una cosa: Lan Zhan.

In tutta sincerità, Wei Ying lo ammetteva a sé stesso senza fatica, la perfezione sarebbe stata avere lì un Lan Zhan sdraiato – e non seduto – accanto al tavolo e una serie accurata di pietanze ben appoggiate ed esposte, ordinatamente in fila, sui muscoli addominali sino a ricoprire tutto: ahhh, in quella maniera sì che Wei Ying si sarebbe servito volentieri. E non avrebbe certo usate le bacchette! (a questo pensiero gli venne in mente un bellissimo gioco di parole e, nuovamente, rise in maniera neanche troppo sommessa).

Infatti Lan Zhan se ne accorse.

Stava ancora togliendosi l’hanfu, per rimanere con un abbigliamento più leggero. Guardava Wei Ying da una stanza all’altra, con aria interrogativa: cosa stava studiando quel ragazzaccio?

Ormai si era abituato a sorvegliarlo come, molti anni prima, aveva fatto con SiZhui: se sentiva silenzio, troppo silenzio, o ancor peggio, se nel silenzio generale delle loro stanze sentiva arrivare qualche sommesso risolino, era la fine. Non poteva lasciarlo solo troppo a lungo o ne avrebbe pagate le conseguenze. Inevitabilmente!

Si affrettò a tornare nel salone, con un luccichio di preoccupazione all’angolo dell’occhio sinistro.

Entrando nel salone si rese conto del tavolo apparecchiato.

L’angolo dell’occhio sinistro tremò, decisamente.

La sua espressione doveva essere davvero irragionevole e preoccupata perché Wei Ying si affrettò a scusarsi: “Ah, tranquillo Er GeGe, accetto la tua punizione, non volevo sostituirmi alle tue decisioni, lo sai, non lo farei mai, dopotutto sono in grave torto. Tu hai tutto il diritto di farmi quello che vuoi!”

Era lì, in tutta la sua sfacciataggine, con le braccia sui fianchi e quella testa mobile, piegata un po’ su un lato, un po’ sull’altro a seconda del concetto da esprimere. Quando faceva così a Lan Zhan ribolliva il sangue in centinaia di punti imprecisati che non sapeva nemmeno di possedere.

Quella faccia tosta!

Non meritava di sapere cosa c’era nel pacchettino che aveva preparato…

Ma tant’è, l’amore traboccante che aveva per quel "pezzo della sua stessa vita che era Wei Ying", lo fece desistere dalla vendetta. In silenzio puntò un dito verso il vasetto dell’orchidea, quella dai fiori rossi e sfacciati come il suo A-Xian, e gli fece capire di cercare qualcosa in quella direzione.

“E la mia punizione?”

“Dopo”

Wei WuXian raggiunse velocemente il vaso con l’orchidea. Un minuscolo sacchetto di stoffa rosso vivo era appoggiato alla pianta. Lo raccolse, ancora guardando Lan Zhan con aria interrogativa che più o meno significava “Posso? Devo?”

“Mh”

Certo.

“Ma non è domani il mio Compleanno?”

“Sì, domani. Ma questa è una cosa diversa”

Come disobbedire?

Wei Ying aprì i cordini del sacchetto e cercò di intuire qualcosa dal peso, tastò. Niente: era meglio aprire e guardare.

Lan Zhan era a un millimetro da lui. Poteva sentirne il profumo, il solletico dei capelli che aveva sciolti sulle spalle.

Tutto l’insieme era una bella vertigine.

Tuffò una mano nel sacchetto aperto, toccò, tastò ancora. Poi, non riuscendo a capire molto, rovesciò parte del contenuto nell’incavo della sua mano.

Cose ovali scure, almeno tre e altre di forma irregolare, alcune bianche, altre con striature. Tutte molto belle e scelte con cura – si vedeva – ma restavano pietre.

Piccole pietre.

“I tuoi Compleanni passati”, sentì dire a Lan Zhan.

Non seppe rispondere. Non usciva niente.

“Quei tre più scuri e ovali sono semi di loto: li riconosci? E le altre tredici sono pietre che ho raccolte ai Sepolcri. Ogni anno, ogni volta che sono tornato a cercarti. In realtà non ci sono andato per tre anni ma la prima volta che sono riuscito… ho trovato anche i semi di loto”

Continuava a non uscire niente dalla bocca di Wei Ying.

Niente.

Niente.

Così vicino come erano, viso contro viso, Wei Ying non potè fare altro che appoggiarsi con la fronte alla gola del suo uomo. Si nascose così.

Tenendo ancora fra le mani il sacchettino rosso.

Gli era passata ogni voglia di scherzare, anche di pranzare usando come vassoio di portata il suo Lan Zhan. Continuava a non dire niente. Sentiva un caldo salirgli ovunque, come se lo avessero immerso in una vasca. Non riusciva a respirare in maniera regolare. Non riusciva più a pensare.

Piccole pietre, una per ogni Compleanno passato distanti.

Pietre, raccolte mentre disperatamente perlustrava ogni millimetro di terra, cercando lui. Mentre tentava di riportarlo indietro.

Lan Zhan lo aveva circondato con le braccia. Nel più completo silenzio erano lì, in piedi, uno di fronte all’altro.

“Non ti merito Lan Zhan, non ti merito davvero”

“Dicendo così offendi anche me, lo capisci?” un piccolo sorriso.

“Parlo sul serio. Non riuscirò mai a colmare ciò che hai fatto e fai per me…”

“Non è nemmeno il tuo regalo, questo. Stai solo evitando la tua punizione…”, facendo un sorriso più marcato.

Ma della punizione, a questo punto, non gli interessava più di tanto: la commozione pungente che stava provando in pochi istanti si era trasformata in una sorta di urgenza, di necessità; un sigillo che annullasse tutta quella distanza temporale, che inghiottisse quegli anni vuoti. Wei Ying prese a baciargli il collo, il mento, la bocca. Sfiorò di baci gli occhi e le ciglia.

Mentre Lan Zhan, colto alla sprovvista da questo slancio, rimase immobile ad assorbire quell’attacco. Barcollò lievemente.

Wei Ying era talmente preso dal suo compito che quasi non si rese conto di esser stato sollevato a forza, in un attimo, e portato in braccio verso il letto. Riconoscente, non smise di restare saldamente attaccato a quei baci, nemmeno quando iniziò a sentir scivolare via i vestiti. Le mani salde al collo di Lan Zhan, bocca nella bocca. Il respiro, uno solo in due.

Ed erano respiri lenti, irregolari.

Fece l’errore di fermarsi qualche istante a guardarlo negli occhi, in quegli occhi senza ombre. Il viso ancora ben trattenuto nelle sue mani.

“Come hai fatto a fare una cosa del genere per me, davvero Hanguang Jun, dimmelo” una commozione respinta sino a quel momento si stava insinuando, piano.

“Era una cosa egoistica. Ne avevo bisogno io. Mi ha fatto sperare in tutti questi anni che sarei riuscito a consegnartele. Ma la verità è che non ci credevo, quindi non dovresti ringraziarmi”

Era serio. Una sfumatura dolorosa era lì, in quella voce, e non accennava ad andare via.

Di nuovo silenzio. Wei Ying lasciò la presa, tolse le mani dal volto di Lan Zhan e anziché restare, arrendevole, sotto di lui si spostò al suo fianco. Non era più in vena di essere docile, aveva bisogno di parlare, di sentire il pezzo di storia mancante della loro vita.

Ma le gambe di Lan Zhan lo circondavano, ancora, serrate intorno alle sue.

“Wei Ying Non lo fare, ti prego”

“Fare cosa?” ma era difficile dare un senso alle parole, con ancora il battito accelerato per la sorpresa, per il dono immenso appena ricevuto (un regalo che aveva attraversato sedici anni di vuoto, e ora li stava colmando), e soprattutto reso irregolare dal contatto dei loro corpi.

“Non ora. Possiamo parlare di tutto, sempre, ma non ora. Voglio allontanare il pensiero dei tuoi Compleanni senza di te…”

“Hai ragione tu Hanguang Jun”, sorridendo forte, nonostante una lacrima stazionasse ancora sulla tempia, sfuggita pochi istanti prima.

“E allora cosa mi suggerisci di fare?” allargò ed aprì la veste di Lan Zhan, che non era ancora completamente nudo. Un oltraggio. Levando stoffa percorse ogni millimetro di pelle. Ma le mani non rendevano giustizia al suo sentimento; la corsa proseguì a piccoli baci. Rincorreva contorni, si soffermava nei punti più morbidi.

Gli aveva chiesto cosa dovesse fare, ma evidentemente aveva le idee chiarissime. E poteva fare a meno di una riposta.

Inoltre era palese che Lan Zhan non avesse più intenzione di punirlo sul serio: quella faccenda del regalo aveva un po’ scompigliato i piani. Probabilmente aveva sottostimato la sua possibile reazione. Certo che ora, essere lì legati pelle a pelle, muoversi lentamente uno sopra l’altro, uno di fianco all’altro, era un’alternanza lenta e stranamente dolce…

I propositi di vendetta di Lan Zhan di solito erano molto evidenti: un movimento che si fingeva brusco ogni tanto, un braccio imprigionato, le gambe che stringevano in una presa decisa. Qualche morso che arrivava a sorpresa a chiudere le labbra; una sorta di “rituale” che Wei Ying non disprezzava affatto, anzi.

Ma nulla di questo stava accadendo. Lan Zhan era come… arrendevole.

E questo pensiero bucò come un fulmine il centro dei pensieri di Wei Wing.

Prima ancora di raccontare a sé stesso cosa potesse significare, il suo corpo aveva già molto chiara la fantasia che gli si era immediatamente affacciata al cervello.

Reagì immediatamente. Sentì il sangue velocizzare la sua corsa verso le estremità. Tutte. Un piccolo fuoco d’artificio alla base del collo, che scaldava.

Un’immagine gli apparve in testa e non intese scacciarla.

“Fermo, fermo LanZhaan, fermo. Sei mio. Stasera fai tutto quello che voglio io… è il mio regalo”

e non lo stava chiedendo, sebbene il tono fosse dolce, morbido e glielo stesse sibilando direttamente nell’orecchio; a quel punto il suo petto era appoggiato alla schiena di Lan Zhan.

Ma era perfetto. Tutto era perfetto.

Lan Zhan non disse nulla, si lasciò circondare le braccia e il petto, permise che le gambe scattanti di Wei Ying si incastrassero sotto alle sue. Non disse nulla nemmeno quando, ormai, i due corpi aderivano perfettamente, indistinguibili.

“Dimmi che fai il bravo Lan Wangji… non mi uccidi, vero?”, ora nell’orecchio non solo gli stava sussurrando ma anche sorridendo.

Nessuna risposta.

Solo dei respiri irregolari così come lievemente più affannato del solito sembrava l’alzarsi e abbassarsi del petto. La testa reclinata. Il cuore di Lan Zhan stava dando dei botti sordi contro il torace, talmente sfacciati e irregolari che Wei Ying poteva sentirli, al solo tocco della sua mano appoggiata.

Si fece sempre più intraprendente e coraggioso: spostò una gamba del compagno lievemente più avanti, facendo spazio ai suoi fianchi contro quella pelle elastica e compatta. La conosceva bene. Non c’era un millimetro che non avesse baciato, morsicato, percorso con le labbra. Ora no, riusciva solo a muovere le sue anche, piano, scivolando sempre di più contro Lan Zhan.

Una mano leggera contro una natica, il suo osso sacro giù, a scendere lentamente, appoggiando. Piccole spinte.

Quel punto caldo, che da qualche minuto aveva raggiunto un entusiasmo davvero inusuale, svettava indicando tutte le sue intenzioni. Lo stava appoggiando in un incavo dove non aveva osato. Mai, sino ad allora.

Wei Ying si era decisamente spinto in una direzione che, sino a quel momento, era stata una sua prerogativa: diventare morbido e cedevole, accogliere dentro Lan Zhan. Questo era sempre stato il suo modo di dire “ti amo”.

Ma ora.

“Lan Zhan, fermo, stai fermo. Faccio piano”…

la sua voce era quasi innaturale, ormai un soffio incomprensibile, usciva a piccoli pezzi che seguivano il respiro. Nessuno rispondeva, solo minuscoli respiri ad un volume un po’ più alto del normale.

Wei Ying si spinse un po’ oltre.

Le mani stavano percorrendo, stringendo a sé; arrivarono a circondare qualcosa di caldo e altrettanto eccitato; circondò pelle setosa e palpitante. Strinse lievemente il pugno.

Un piccolo respiro si arrotolò, spezzandosi, nella gola di Lan Zhan.

Fu come ricevere una freccia nel cervello: il caldo alla base del collo aumentò la sua intensità, riverberò nel resto del corpo, che rispose.

Wei Ying spinse ancora.

Muovendo piano i fianchi ondeggiò lento, si fece strada piano. Un colpo forte rimbombò dentro al suo petto: il cuore picchiò contro la schiena di Lan Zhan e quasi lo destò da quella trance.

Lo stava facendo.

Lo stava facendo davvero.

Un’emozione incontrollata fece tremare tutto il suo corpo; e non era il solo. Lan Zhan completamente abbandonato respirava con lui all’unisono. Si lasciava avvolgere, permetteva a quell’intrusione la sua corsa.

Qualcosa stava mandando, definitivamente, in corto circuito il cervello di Wei Ying.

Entrò lentamente, scivolò piano, tremando.

La sua bocca non riusciva a staccarsi dal collo di Lan Zhan, percorreva piano con la lingua quel contorno che conosceva così bene.

L’unico disappunto, nei suoi pensieri scontornati, era non vederlo in viso.

Ma si spinse ancora, lento e imperterrito.

Anche le gambe, ora, tremavano un po’.

Il corto circuito avanzava contemporaneamente al suo corpo, più si faceva strada dentro alla carne altrui, più il cervello mandava luminose scintille.

Respiri spezzati e movimenti come ondate regolari, come diventare un unico impasto, come non aver più un “me e te”.

Ad ogni spinta un respiro che si spezzava in gola; non era nemmeno interessato a cosa provava il suo corpo: Wei Ying era assolutamente estasiato nel vedere l’abbandono totale di Lan Zhan, la resa, gli occhi socchiusi che continuavano a cercarlo, il respiro identico al suo. Era uno scenario che gli portava via il cuore. Era il suo spettacolo privato. Qualcosa che poteva permettersi di vedere solo lui.

Questo pensiero lo avvinse in un attimo, lo sorprese: strinse ancora di più il sesso di Lan Zhan fra le sue mani. Si spinse dentro di lui più a fondo ancora, senza poi muoversi.

Ma il corto circuito aveva raggiunto la sua fine corsa, esplose in frammenti luminosi; gli occhi si annebbiarono.

Una fitta che fitta non era lo prese alla base del collo e si allargò in ondate successive, per tutto il corpo. Qualcosa di caldo sommerse le sue mani.

Il respiro di Lan Zhan non era più un respiro, ma un piccolo rantolo irregolare nella gola.

Se quello era un nuovo morire, andava bene.

Andava davvero bene.

Restarono così, fermi e immobili.

Wei Ying aveva dichiarato il suo apice direttamente sul collo e nell’orecchio di Lan Zhan, perché fosse chiaro il suo possesso. Suggellando ciò che aveva appena combinato con un piccolo morso sul lobo.

Non riusciva ancora a parlare, non era ancora capace di respirare normalmente.

Restarono quieti e incollati ancora per lunghissimi minuti. Braccia, lenzuola, capelli, tutto indissolubilmente mischiato.

“Allora non sono il solo che si possa chiamare “moglie” qui, adesso. Eh Lan Zhan?”

dopotutto Wei Wing, era sempre Wei Ying. Il respiro stava tornando lento e regolare, i pensieri. Anche.

“Mh”

Certo.

“Ah, dai, a me puoi dirlo: quando mi pensi, intendo dire… quando pensi a cosa sono io per te… tu Lan Zhan, Lan Wangji: a cosa pensi? Che parola hai in testa? “Marito”? “Moglie”?”

lo diceva sorridendo, ma era serissimo. E con quello sguardo brillante, ancora pieno della vertigine provata, continuò a squadrarlo mentre lo vedeva voltarsi, lo sentiva appoggiare il petto, spostare lenzuola per aderire alla sua pelle accaldata. Una piccola scia appiccicaticcia di disastro li seguì incollando ventre a ventre.

“A cosa penso quando penso a te?”

“Sì, sì Lan Zhan è quello che ho appena chiesto… “

“Nessuno dei due. Sono termini che non mi appartengono”

Lo sguardo di Wei Ying fu attraversato da un tono grigio, quasi di dolore. Forse si stava vendicando per l’impresa sfacciata che aveva appena portata a termine…

“Come sarebbe “nessuno dei due”?”, estremamente deluso, glielo confessò infilato fra la sua clavicola e il collo. Nascondendo la testa.

“No, no Wei Ying, non esser deluso. Quando penso a te io non penso a nessun ruolo: sono cose che appartengono agli altri. Io quando penso a te... penso a “Tutto”. Tu sei Tutto Wei Ying. Sei il mio Tutto”

E a quel punto non seppe, davvero, dire più niente.

Si era appena preso Lan Zhan, come si appone il possesso su una cosa proibita, ora gli sentiva dire una cosa così… così…

Silenzio.

Sedici piccole pietre erano ancora sparse vicino al letto. Loro due, un unico nodo. Stava davvero nevicando all’Inferno.

Ed era uno scenario bellissimo.

Era davvero tutto.

Buon Compleanno Wei Wuxian!

Lan Cìan©

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Lan Cìan
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