Carissime, carissimi R/S e capi,
non vi chiederemo ‘come state’ perché la domanda è diventata noiosa di questi tempi, quasi a rischio di insignificanza. Piuttosto la domanda è: dove siamo, dove sono io?
I mesi trascorsi hanno ridefinito le nostre vite e le nostre relazioni, obbligandoci da una parte a sperimentare un confinamento fisico che ci ha costretti nella maggior parte dei casi a starcene rinchiusi in casa, dall’altra a trovare un equilibrio tra relazioni ‘troppo’ strette (magari con i nostri familiari) e relazioni praticamente assenti o virtuali (anch’esse talvolta estenuanti).
Ci domandiamo come rimetterci in moto nel nostro ambiente educativo: risposte certe non ce ne sono ancora. Abbiamo intuito che occorre vivere questa stagione coltivandola come un terreno da cui – lo speriamo fermamente! – può nascere qualcosa di autentico. Ma c’è un grande desiderio di riprendere a fare strada, a costruire comunità, a servire soprattutto in questo tempo di fatiche e bisogni.
Vorremmo riprendere il cammino, per quanto ci sarà possibile nel rispetto della normativa vigente, da un giorno che nella vicenda cristiana è pieno di promessa: la Pentecoste. Il momento in cui i discepoli impauriti, rinchiusi nel cenacolo, carichi di domande senza risposta, hanno percepito con forza bruciante che l’esperienza di seguire Gesù non era un fatto passato, ma un avvenimento presente e una chiamata personale.
Non è un dono qualsiasi di uno spirito qualsiasi, ma il dono dello Spirito di Cristo che fa la Chiesa (cioè un modo nuovo, fraterno, di stare nella propria umanità e nell’esperienza dell’umano in genere) e alimenta il desiderio di vivere in questo mondo come figli del Padre, fratelli di ogni uomo e donna che incontriamo.
È la percezione che il credente non è un venditore di sogni, o un piazzista di idee preconcette, né un eroe che parte per sfidare qualcosa o qualcuno, ma uno che ascolta una Parola, impara la pazienza di stare e decide di lasciarsi muovere accogliendo un invito.
Il tempo che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo ci ha messo in una separazione interpersonale che rischia – paradossalmente – di alimentare la chiusura su di sé. Dobbiamo tutti, con umiltà e realismo, invocare un desiderio nuovo e non idealistico di ‘fare comunità’ (non solo in senso associativo, ma anzitutto umano e sociale). Intuiamo dunque che è la compassione (mettersi nei panni dell’altro) la scelta forte che può contrastare la pretesa strisciante che tutto sia a servizio delle mie esigenze.
L’altro prima di me: ecco la testimonianza che ci è chiesta. E il testimone – ce lo dice la parola stessa – è sempre un martire, cioè uno che ci mette la vita. Niente di meno, come Gesù.
Vorremmo che fosse questo vento di Pentecoste a soffiare sulle nostre comunità al primo nuovo incontro in presenza, non appena questo potrà avvenire, nel rispetto di quanto i decreti ministeriali e le ordinanze regionali ci indicheranno di fare.
Ecco dunque quanto vi proponiamo, non con la pretesa di darvi un ‘pacchetto’ ma piuttosto con la semplicità di invitarvi a essere creativi, a usare quel che potrete e riterrete utile di ciò che vi inviamo. Soprattutto nella cura di vivere con le vostre comunità la verità di una strada (come sarà possibile), l’intensità di una condivisione reale, la decisione di un gesto visibile e pubblico.
Nelle prossime settimane, quando potremo incontrarci nuovamente, potremo ripartire da qui, dal nostro essere comunità e dal nostro desiderio di ‘fare comunità’, sostenuti dalla Parola di questo giorno di Pentecoste, a noi Branca R/S così caro, e dallo Spirito che potrà sostenerci anche in questa nuova partenza mettendo i nostri passi sulla strada di Cristo.
- Pellegrinaggio = strada del Clan/Fuoco - Noviziato con tempi e modalità decise da ogni comunità.
- In un luogo del proprio territorio che è significativo: la parrocchia, una chiesetta, un’edicola evocativa (sentendo ed informando comunque il parroco.
- Si arriva per sostare (di comunità), pregare e affidarsi.
- Si legge e si medita la pagina del Vangelo di Giovanni del dono dello Spirito:
Gv 20,19-23
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Così i discepoli lo riconoscono e gioiscono al vedere il Signore. Finalmente la loro incredulità è vinta e la gioia della sua presenza, della sua vita in loro li invade. Allora Gesù soffia su di loro il suo respiro, che non è più alito di uomo ma Spirito santo. Nella creazione dell’uomo, nell’in-principio, Dio aveva soffiato in lui un alito di vita (cf. Gen 2,7); nell’ultima creazione soffierà un soffio, un vento di vita eterna (cf. Ez 37,9): nel frattempo, ora, ogni volta che è presente nella comunità dei cristiani e da essi invocato e riconosciuto, lo Spirito continua a spirare. Questo respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito santo! Ognuno di noi respira questo Spirito, anche se non sempre lo riconosciamo, anche se spesso lo rattristiamo (cf. Ef 4,30) e lo strozziamo in gola, nelle nostre rivolte, nei nostri rifiuti dell’amore e della vita di Dio.
Questo Soffio che entra in noi e si unisce al nostro soffio ha come primo effetto la remissione dei peccati. Li perdona, li cancella, in modo che Dio non li ricorda più. Questo Soffio è come un abbraccio che ci mette “nel seno del Padre” (en tô kólpo toû Patrós: cf. Gv 1,18), ci stringe a Dio in modo che non siamo più orfani ma ci sentiamo amati senza misura di un amore che non abbiamo meritato né dobbiamo meritare ogni giorno. “Ricevete lo Spirito”, dice Gesù, cioè “accoglietelo come un dono”. Una sola cosa è chiesta: non rifiutare il dono, perché il Padre dà sempre lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono (cf. Lc 11,13). È il dono della vita piena; il dono dell’amore che noi non saremmo capaci di vivere; il dono della gioia che spegneremmo ogni giorno; il dono che ci permette di respirare in comunione con i fratelli e le sorelle, confessando con loro una sola fede e una sola speranza; il dono che ci fa parlare a nome di tutte le creature come voce che loda e confessa il Creatore e Signore.
Gesù, che prima di andarsene aveva detto: “Ricevete, mangiate; questo è il mio corpo” (Mt 26,27), ora dice: “Ricevete lo Spirito santo”, sempre lo stesso invito ad accogliere il dono.
Spetta a noi ricevere il corpo di Cristo per diventare corpo di Cristo,
spetta a noi ricevere lo Spirito santo per respirare lo Spirito.
E in questa nuova vita animata dal Soffio santo sempre e sempre avviene la remissione dei peccati: Dio li rimette a noi e noi li rimettiamo agli altri che hanno peccato contro di noi (cf. Mt 6,12; Lc 11,4). Non c’è liberazione se non dalla morte, dal male e dal peccato! La Pentecoste è la festa di questa liberazione che la Pasqua ci ha donato, liberazione che raggiunge le nostre vite quotidiane con le loro fatiche, le loro cadute, il male che le imprigiona. Possiamo davvero confessarlo: il cristiano è colui che respira lo Spirito di Cristo, lo Spirito santo di Dio, e grazie a questo Spirito è santificato, prega il suo Signore, ama il suo prossimo.
(Enzo Bianchi)
- Si esce da comunità rinsaldata e rinvigorita portando un messaggio di speranza e di servizio per la propria comunità (un biglietto – preghiera – augurio).
- Si rilegge la carta di clan.
Vieni, o vera luce. Vieni, mistero nascosto.
Vieni, tesoro senza nome. Vieni, felicità interminabile.
Vieni, luce senza tramonto.
Vieni, attesa di tutti coloro che devono essere salvati.
Vieni, risveglio di coloro che sono stati addormentati.
Vieni, o potente, che sempre fai e rifai e trasformi con il tuo solo volere.
Vieni, o invisibile.
[…] Vieni, gioia eterna.
Vieni, porpora del gran re, nostro Dio.
Vieni, tu che hai desiderato e desideri la mia anima miserabile.
Vieni, tu il Sole… poiché, tu lo vedi, io sono solo.
Vieni, tu che mi hai separato da tutto
e mi hai reso solitario in questo mondo.
Vieni, tu stesso divenuto in me desiderio,
tu che hai acceso il mio desiderio di te, l’assolutamente inaccessibile.
Vieni, mio soffio e mia vita.
Vieni, consolazione della mia povera anima.
Vieni, mia gioia, mia gloria, senza fine.
(S. Simeone il nuovo Teologo)
Spirito che aleggi sulle acque,
calma in noi le dissonanze,
i flutti inquieti, il rumore delle parole,
i turbini di vanità,
e fa sorgere nel silenzio
la Parola che ci ricrea.
Spirito che in un sospiro sussurri
al nostro spirito il Nome del Padre,
vieni a radunare tutti i nostri desideri,
falli crescere in fascio di luce
che sia risposta alla tua luce,
la Parola del Giorno nuovo.
Spirito di Dio, linfa d’amore
dell’albero immenso su cui ci innesti,
che tutti i nostri fratelli
ci appaiano come un dono
nel grande Corpo in cui matura
la Parola di comunione.
(Fr. Pierre-Yves di Taizé)