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Mi fido di te: nuovi passi insieme Riflessioni educative e metodologiche R/S

Cari capi,

sono giorni in cui dopo molti incontri virtuali abbiamo finalmente potuto incontrare i “nostri rover e scolte”, giorni in cui qualcuno di noi si sta ingegnando per rivivere delle esperienze di comunità, in cui si sta attivando per i propri territori o sta sognando una route fuori dagli schemi usuali.

In questo tempo desideriamo condividere con voi una lettura (di certo non esaustiva) e alcune riflessioni rispetto a ciò a cui oggi ci sentiamo chiamati per stare accanto ai rover e alle scolte con la nostra proposta educativa.

Facciamo tesoro di riflessioni fatte pensando a loro e a voi con gli Incaricati alle Branche regionali e anche con il dott. Alberto Pellai, psicopedagogista dell’età evolutiva, che ringraziamo di cuore per un prezioso incontro in cui ci ha offerto letture e spunti competenti e significativi.

Li condividiamo nella speranza che possano farci riflettere su alcuni bisogni e su alcune risposte possibili per l’età rover e scolte, risposte da costruire passo passo, come la strada ci insegna.

Una lettura pedagogica dell’età R/S nel tempo del Covid-19
Una lettura pedagogica dell’età R/S nel tempo del Covid-19

Abbiamo tutti in mente la complessità vissuta da piccoli e grandi nel tempo del lockdown, ma è importante chiedersi, in particolare, quali implicazioni vi siano state per la fascia dei giovani-adolescenti e quali tipi di mancanze ne siano scaturite.

La mancanza di spazi di fisicità e di corporeità (oltre al fondamentale bisogno di spazi aperti e di immersione nella natura) ha avuto un impatto importante in una fase evolutiva in cui l’uso del corpo costituisce parte fondamentale nello sviluppo e nella gestione del proprio equilibrio psichico.

Sin dalle prime settimane è emersa nei ragazzi una deprivazione emotiva e relazionale, con lo spostamento della socializzazione in spazi virtuali, aspetto che ha alimentato fenomeni quali l’iper-connessione e l’addiction. I ragazzi più fragili e chiusi si sono rintanati nelle loro stanze e nel loro isolamento. I ragazzi “più in equilibrio” hanno accresciuto di giorno in giorno il desiderio di vita reale, un’ottima lezione di desiderio e per identificare le proprie priorità: hanno provato in modo tangibile non tanto la mancanza di beni materiali, ma l'assenza di relazioni, comprendendo la loro importanza per “stare bene” nel proprio quotidiano.

Nel complesso sono saltati i loro equilibri fra protezione ed esplorazione: abbiamo chiesto loro di stare in uno spazio chiuso e ultra-protetto, per garantire la salute a noi adulti più fragili. Di più, gli adolescenti sono stati esclusi da qualsiasi processo di partecipazione, relegati a soggetti passivi (per qualcuno addirittura soggetti ostativi) e in alcuni contesti comparati a bambini di età prescolare (si pensi a provvedimenti normativi che facevano riferimento indistintamente alla fascia 3-17).

I ragazzi hanno oggi chiaro cosa non possono fare, ma nessuno offre loro una visione, uno spazio in cui poter continuare a crescere.

Emerge ora la necessità di trovare per gli adolescenti uno spazio attivo dove offrire loro la possibilità di divenire protagonisti della ripresa per il bene della comunità, figure attive in uno spazio attivo. Non c’è crescita senza rischio educativo, sia da parte di chi viene educato sia da parte di chi educa.

Quali risposte a quei bisogni: le parole chiave
Quali risposte a quei bisogni: le parole chiave

A tutti è stato chiesto un impegno di responsabilità collettiva. Agli adolescenti è stata però negata la possibilità di essere riconosciuti non più come bambini ma come persone in crescita, degne di fiducia: se l’obbedienza è stata necessaria per molti, per un adolescente questa comporta il non poter essere un soggetto pensante, non poter prendere in mano la propria vita e iniziare a fare delle scelte che possano caratterizzare il proprio io.

Per gli adolescenti è fondamentale imparare a esser liberi, liberi nel movimento, nello sport, nell’incontro seppur in base a precise regole; è fondamentale che siano protagonisti di proposte create da e per loro, senza l’ansia di esser etichettati.

Permettere loro di esercitare la responsabilità (ad esempio nella cura del bene comune, in esperienze di sicurezza, etc.) consentirebbe di “dare senso” a quella libertà e al loro essere attivi, aiutare a superare l’isolamento e a costruire una prospettiva cooperativa.

Perché abitare la comunità?
Perché abitare la comunità?

È tempo di ripartire con e nella comunità, offrire nuovamente spazi di relazioni tra pari che tanto sono mancate in questo tempo e che devono oggi essere la priorità. Certamente sarà importante accompagnare i rover e le scolte a rielaborare quanto vissuto, a comprendere e dare dignità ai sentimenti che li hanno abitati. Ritrovarsi con la propria comunità può aiutare a generare narrazioni significative di quanto si è vissuto: all’interno di un gruppo “conosciuto” sarà possibile recuperare la dimensione della sicurezza emotiva e quindi sentirsi sereni di condividere ed esplicitare quanto provato: rabbia, paura, tristezza, desiderio, potranno essere riconosciuti e definiti con consapevolezza.

La comunità potrà anche aiutarli a comprendere in che modo si sentono diversi e nuovi. Quale è stato il momento migliore di questi mesi? Quale quello peggiore? Che desiderio mi muove oggi? Come Lui mi parla in questo tempo?

Proprio riconoscersi fratelli, spezzare il Pane della mensa e provare insieme a #parlaredilui potranno aiutare a ritrovarsi comunità, anche nella fatica del distanziamento fisico e di esperienze diverse da quelle a cui siamo abituati. Aprire il cuore, chiedersi come la Sua presenza ci può fare nuovi anche in questo tempo complesso, potrà essere strada per dare senso anche al tempo della lontananza, sprono e speranza per i nuovi passi da intraprendere, per quanto ancora colmi di incertezza.

Perché tornare sulla strada?
Perché tornare sulla strada?

L’ambiente privilegiato in cui dovrebbe vivere la comunità R/S è sulla strada e questo è di nuovo tempo di uscire dalle sedi! È il camminare insieme che può aiutare a ricostruire la comunità e stimolare la crescita dei ragazzi.

L’esperienza della vita all’aria aperta, sarà un nuovo esercizio di libertà, alternativa all’assenza di regole, ma effettiva in quanto espressione della possibilità di indirizzare in maniera autonoma i propri percorsi.

Di più, uscire potrà essere occasione per supportare quei ragazzi più in difficoltà che hanno trovato nella dimensione di casa un contesto iper-protetto da cui non vogliono più uscire per comodità o per insicurezza e timori (sindrome della capanna/sindrome dell’invisibile).

Uscire in un contesto chiaro e definito aiuterà i più timorosi a superare l’empasse, garantiti dal supporto della comunità. Tornati a casa si potrà rileggere l’esperienza, riprendere i sentimenti di insicurezza provati e valutare il senso di competenza recuperato.

L’esperienza del camminare può ancora allenare il desiderio. Il desiderio è quello spazio tra ciò che sogniamo e il momento in cui il sogno trova realizzazione. Per genitori ed educatori è una grande fatica tenere questo spazio attivo, operativo, facendo toccare ai ragazzi che tra il sogno e il suo realizzarsi c’è una strada da percorrere. Far assaporare il bello della conquista anche attraverso la fatica, per gli adolescenti in particolare, vuol dire conquistare autoefficacia, cioè sentirsi “capaci di…”, imparare a non mollare anche davanti a un fallimento o a un errore.

Questo tempo ci ha tolto molto, ma ci ha anche dato dello spazio nuovo di crescita.

Perché proporre occasioni di servizio?
Perché proporre occasioni di servizio?

Mettersi al servizio della comunità può essere occasione per far recuperare ai giovani uno spazio di responsabilità da un lato e di fiducia dall’altro. Diventa l’occasione per vivere nella comunità più ampia non solo come fruitori passivi di servizi, ma come soggetti attivi chiamati a portare un contributo positivo al bene comune.

Le esperienze di servizio in contesti educativi e ricreativi, ad esempio, possono tornare a essere un contesto in cui progettare e impegnarsi per dare concretezza al proprio progetto (reale e non virtuale): i rover e le scolte potranno essere riconosciuti per le loro capacità e sperimenteranno una grande opportunità di crescita, in riscatto di un tempo che li ha deprivati di relazioni e spazi.

Il servizio degli R/S potrà anche rispondere a bisogni emersi in questi mesi, come i bisogni di relazioni, gioco, avventura dei più piccoli, che senza iniziative educative estive rischiano di venir ancora privati di occasioni di vita e crescita al di fuori dell’ambito familiare. Lo stesso vale per coetanei e ragazzi che vivono situazioni di marginalità, che hanno abbandonato la scuola e che possono essere nuovamente cercati, coinvolti, inclusi.

Oltre ai minori, l'epidemia di questi mesi ha danneggiato molto le persone più anziane che, isolati nelle loro case, hanno perso autonomia e socialità e coltivato paura e diffidenza. C'è un bisogno profondo all'interno della comunità di ridare la dimensione del coinvolgimento, del farli sentire protetti. I ragazzi, con serenità e le dovute attenzioni, devono sentirsi anche per loro conforto e protezione, e non fattori di rischio e attivarsi per contribuire al benessere anche di questa fascia di popolazione.

Perché non tutto il resto?
Perché non tutto il resto?

La vita all’aria aperta e il rapporto con il creato possono offrire risposta ai bisogni emersi oltre a essere ambito di riflessione e impegno importante alla luce anche dell’emergenza affrontata.

Il servizio al prossimo diventa risposta al rischio di isolamento e chiusura e apre la dimensione della comunità in cui l’unica felicità possibile è quella “insieme agli altri”.

È tempo di privilegiare la qualità piuttosto che la quantità delle proposte, curando e scegliendo gli elementi prioritari su cui investire le nostre energie e il nostro impegno.

Tanti sono gli strumenti che il nostro metodo ci mette a disposizione: in questo tempo è però indispensabile tenere a mente gli elementi essenziali della nostra proposta di roversimo/scoltismo e su questi costruire proposte per i nostri ragazzi con fantasia e cura, ma anche con semplicità e intenzionalità. Dobbiamo utilizzare la ricchezza del metodo come strumento educativo e non come vincolo. È questo il tempo per ripartire in modo consapevole, rileggere il senso di ciò che desideriamo proporre e vivere e da qui ripartire. In qualche modo crediamo oggi di essere chiamati ad accogliere l’invito a fare nuove tutte le cose, pur riconoscendo, ancora, il valore degli elementi centrali del metodo R/S.

Giorgia Sist e Alessandro Denicolai Incaricati nazionali alla Branca R/S con gli Incaricati regionali di Branca R/S e la pattuglia nazionale

Credits:

Si ringrazia Martino Poda per le fotografie