[Il prisma (nell'immagine posta in alto) rappresenta come da qualcosa di così semplice e lineare come la scrittura possano nascerne tanti tipi di persone, pensieri ed emozioni diverse, proprio come il prisma, a contatto con una luce bianca emana più colori diversi.]
Dante nasce a Firenze nel 1265, da una famiglia di piccola nobiltà cittadina. Anche se vi sono informazioni piuttosto vaghe al riguardo, si è quasi certi che la sua formazione sia stata seguita da Brunetto Latini. In questo periodo nasce una corrente letteraria, il Dolce Stil Novo che vede come uno dei maggiori esponenti lo stesso Dante. Era un tipo di persona abbastanza innovativa nel suo campo (quello letterario) anche se comunque tendeva ad attenersi a quelli che erano i dettami dell'epoca in cui viveva. Nasce infatti in un periodo dove la religione era nel pieno vicino Dio, e lui stesso scrive le sue opere basandosi molto sul proprio pensiero religioso, Divina Commedia compresa. Rimane perciò abbastanza "piatto" e "normale" dal punto di vista ideologico. Il polo opposto di Dostoevskj.
Partendo dalla citazione sovrascritta ci verrebbe da chiederci: "E se non fosse tanto sbagliato esser pecore matte?" Insomma, il mondo è pur bello perché è vario, perciò che ci sarebbe di male in un mondo misto tra pecore matte e "veri uomini"?. Ma è proprio perché questo mondo è solo un'utopia che queste pecore vengono considerate diverse, "pazze da legare", dissociate moralmente dall'intera società. E' proprio perché la pazzia è poco accetta, che un tale individuo come Dostoevskj può essere visto come un malato ma anche come un genio senza simili. E la cosa che lo rende ancora più ineguagliabile è che sia nella vita privata, che nel modo di esprimersi con la scrittura, a lui passa indifferente ciò che tutto il resto del mondo possa pensare nei suoi confronti.
Fedor Dostoevskj nasce in un periodo totalmente diverso da quello di Dante, e anche questo ne influenza il pensiero e il modo di scrivere. Tuttavia questi aspetti sono anche legati agli innumerevoli traumi che l'autore ha dovuto subire; nel 22 dicembre del 1849 venne condannato a morte e arrivato al luogo dell'esecuzione, gli fu annunciata la commutazione della pena in quattro anni di lavori forzati in Siberia. Dostoevskj aveva sempre amato la letteratura, anche se i genitori lo indirizzarono in un altro campo, e alla fine si laureò in ingegneria. Nonostante ciò si allontanò da quell'ambito cominciando a scrivere.
Lo scrittore, pur essendo cresciuto in pieno positivismo era la perfetta personificazione dell'uomo del novecento, a tal punto di assimilarne la sostanza
L'ape conosce la formula del suo alveare, la formica conosce la formula del suo formicaio, l'uomo non conosce la sua formula.
FEDOR DOSTOEVSKJ
La Divina Commedia
La Divina Commedia è un poema composto da terzine incatenate di endecasillabi, diviso in 3 cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso.
E' scritta in toscano e la prima versione risale al 1321 anche se, essendo copiata a mano in quel tempo, a noi giungono solo versioni modificate mai uguali tra loro. Il titolo originale era "Comedìa".
LA CATTIVERIA NELL'INFERNO E NEL SOTTOSUOLO
I peccati di Dante sono ovviamente legati alla religione e alla fede nei confronti di Dio, ma spesso sono comunque accomunati a dei "cattivi comportamenti" che non dovrebbero essere svolti nella vita e rivolti a nessuno. Come sono già stati associati al sottosuolo di Dostoevskj, il V e il VII cerchio dell'Inferno ne sono l'esempio lampante. Ma qual è la differenza nei modi di vedere la cattiveria tra il poema e il romanzo?
In realtà per Dostoevskj questa cattiveria non è altro che la normalità, una realtà, che può ben esser condannata dagli altri, dalla società, ma che è il suo modo di essere e di esprimersi. Per lui non è nulla di punibile, piuttosto, un atteggiamento da preservare in quanto unica vera rappresentazione del proprio essere senza filtri né menzogne.
Quello che Dante vede come un gran peccato punibile all'inferno, Dostoevskj lo vede come la fonte dove sgorga il proprio io, quasi il suo normalissimo Paradiso terreno.
Gli uomini diventano cattivi e colpevoli perché parlano e agiscono senza figurarsi l’effetto delle loro parole e delle loro azioni. Sono sonnambuli, non malvagi. (Franz Kafka)
La malvagità non è qualcosa di sovraumano, è solo qualcosa di meno umano. (Agatha Christie)