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Taste, enjoy, relax Vigne, ambienti, cibi a fermo (Marche)

Dalla spiaggia alla piazza passando per le vigne. Il paesaggio nei dintorni della cittadina di Fermo è così: il mare la' in fondo, i piccoli centri abitati in cima alle colline, spesso rintanati dietro robuste cinte murarie. In mezzo e intorno la campagna, con le sue salite e discese erte e improvvise e le sue curve a gomito. Ampie distese di campi a seminativi e di vigneti caratterizzano l'ambiente.

Vigneti Santa Liberata (Fermo)

C'è sempre un buon motivo per venire nelle Marche, e a Fermo in particolare. Più di uno, anzi. Innanzitutto per i paesaggi. Per l'aria tersa. Per il ritmo quotidiano della sua gente, dove tutti si affrettano lentamente. Per le bellezze storiche e artistiche e culturali. Per i cibi e i vini. In una parola, per quel lifestyle italiano che il mondo ci invidia ed è diventato patrimonio UNESCO: la dieta mediterranea. Se un giorno dovessimo rivendicare anche un solo primato nazionale, potrebbe essere questo: abbiamo scoperto l'elisir di lunga vita - e l'abbiamo individuato esattamente qui. Il medico scienziato Flaminio Fidanza, che con l'americano Ancel Keys (di cui era collaboratore) fu una delle anime promotrici del celebre Seven Countries Study, era un fermano, originario di Magliano di Tenna . Grazie al suo lavoro e a quello dei suoi colleghi, fu svelata la dieta della Sibilla: come vivere bene, in salute, a lungo, mangiando e bevendo il meglio. Un modo di essere che non è solo cibo o vino (comunque eccellenti) ma anche cultura, convivialità, senso della festa, socialità... Perchè l'essere umano è un sinolo, anche se non ce lo ricordiamo (quasi) mai.

L'ospitalità dell'az.Conti Maria

A volte può essere utile farsi osservare e persino giudicare da occhi esterni e curiosi. Decidere di mettersi in gioco per capire a che punto si è arrivati - ammesso che si sia mai partiti. E che si sappia dove si sta andando. Così, l'associazione culturale Armonica-Mente della creativa Nunzia Luciani, coadiuvata da Carlo Iommi e dal giornalista bresciano Davide Bonassi, in collaborazione con l’Assessorato al Commercio del Comune di Fermo e la delegazione di Fermo dell’AIS, hanno pensato bene qualche anno fa di organizzare un premio ad hoc: il San Martino d'Oro. Per ben 5 anni i produttori della zona si sono confrontati tra loro, affidando il giudizio dei loro vini ad un gruppo di enologi ed assaggiatori esperti, fino alla svolta di quest'anno: era giunto il momento di farsi conoscere e giudicare anche da un gruppo di giornalisti del settore. E al San Martino d'Oro si è affiancato per la prima volta anche il premio della critica San Biagio.

I produttori vincitori del San Martino d'Oro e del San Biagio 2020, con Carlo Iommi (primo da sin) e Davide Bonassi (primo da dx)

Due premi, ma un riconoscimento unico, quello all’eccellenza fermana. Il nome dei due santi - San Martino e San Biagio - sottolinea fin da subito lo stretto legame con il territorio: nella cultura contadina, infatti, il giorno di San Martino è festeggiato come una specie di Capodanno agrario, mentre San Biagio è stato scelto perché richiama un’area di Fermo dove sono stati trovati reperti archeologici che rimandano alle tradizioni vitivinicole del posto.

Fermo e i suoi vini non godono sempre della stessa attenzione (e della notorietà) dei più noti vicini marchigiani, dal Verdicchio di Jesi o di Matelica ai Rossi del Piceno o del Conero o alla Lacrima di Morro d’Alba, per citarne solo alcuni. I due riconoscimenti enologici hanno perciò il duplice scopo di aiutare i produttori ad una presa di coscienza del proprio potenziale e d’incoraggiare il pubblico a conoscere più da vicino questa produzione, visitando un territorio che è anche, come detto, la culla della dieta mediterranea. E per questo, nell'iniziativa di Armonica-Mente sono stati coinvolti anche l’Accademia dello Stoccafisso alla Fermana e l’Associazione Laboratorio Piceno della Dieta Mediterranea.

Lo stoccafisso alla fermana è una specialità del posto

Nelle Marche si contano più di 30 vitigni autoctoni, e alcuni di questi vengono coltivati anche a Fermo e dintorni. La superficie vitata che ricade in questa provincia è però minuscola: meno di 82 ha. Di questi, almeno 38 sono di Rosso Piceno, 35 di Falerio Doc, e 7 di Offida. Più della metà delle aziende produttrici locali ha partecipato al concorso, presentando una trentina di campioni alla giuria di enologi e assaggiatori esperti. Quasi tutti i vini sono poi stati sottoposti anche al giudizio dei giornalisti.

La magnifica Sala dei Ritratti del Palazzo dei Priori, dove si sono svolte le premiazioni dei concorsi enologici

Questi i vini vincitori della 5 edizione di questo premio:

Conti Maria (Fermo): "Tore 2018 Falerio Pecorino DOC"

Vigneti Santa Liberata (Fermo): "Saggiolo 2018 Offida Pecorino DOCG"

Vini Firmanum (Montottone): "Solchi 2012 Marche Rosso IGP"

Rio Maggio (Montegranaro): "Vinum 62 2016 Marche Bianco IGP"

"Vinum 62"

Cantina Di Ruscio (Campofilone): "Rosso del Poeta 2016 Rosso Piceno DOC"

Terra Fageto (Pedaso): "Fenèsia 2018 Offida Pecorino DOCG"

Il Premio San Martino d’Oro all’eccellenza enologica fermana è stato vinto quest'anno dalla cantina La Pila di Montegiorgio, mentre la prima edizione del Premio della Critica San Biagio è andato a Nico Speranza dell'az.Vittorini, e al suo "Crocifisso Marche Bianco IGT 2017"

Il livello qualitativo dei vini, sia rossi che bianchi, è molto buono. A volte decisamente alto. I Pecorino in purezza, certi Marche Rosso, hanno carattere, eleganza, e soprattutto una grande bevibilità, che li rende i ministri ideali della tradizione gastronomica fermana e più in generale marchigiana.

Anche il loro rapporto qualità/prezzo è allettante, sbilanciato com'è sulla prima: la gente del posto lo sa, e regolarmente va a far spesa in cantina. Non a caso quasi tutte le aziende vendono anche vino sfuso: il buon vino della tavola quotidiana che le persone portano a casa nelle famigliari damigiane.

Dopo aver vissuto per anni dei fasti di un'economia pressocchè monotematica - quella del settore pelli e calzature -, con lo scoppio in Italia della crisi (metà anni Novanta), i volumi di produzione delle calzature nazionali crollarono (-52,7%), lasciando dietro di se' anche nella provincia di Fermo (e non solo) una lunga scia di aziende chiuse, gente a spasso e prospettive di lavoro quasi azzerate. Che fare? Meno male che c'è la terra. Bellissima e vocata.

Favino in vigneti a conduzione biologica

Vitivinicoltori si nasce o si diventa. In entrambi i casi, però, occorrono anni prima di acquisire sufficiente conoscenza di se', del proprio vigneto, degli obiettivi che si intendono raggiungere. Con il rischio di ritrovarsi con tanti progetti, tanti sogni, e poche certezze. Poca chiarezza d'idee. Qual'è oggi l'identità del fermano enologico? Finora quasi nessuno si era mai preoccupato di rispondere a questa domanda, non ce n'era bisogno, facevano tutti un altro mestiere. Ma nel mondo del vino contemporaneo - globale, esigente, competitivo fino alla cattiveria - , se non sai chi sei e cosa vuoi, sei fuori.

La luna all'az.La Pila

C'è chi scommette sul monovitigno (non c'è azienda che non abbia almeno un Pecorino o una Passerina in purezza). Altri si concentrano sulle IGT Marche Rosso o Bianco, che magari concedono più libertà d'azione e soprattutto portano il nome della regione. Non mancano gli esperimenti (il Sangiovese vinificato in bianco è quasi una prassi) e la gamma delle tipologie è ampia, includendo perfino spumanti metodo classico e vini rosa. Al Fermano insomma non manca nulla, salvo, forse, l'umiltà (o il coraggio?) di ammettere che la sua produzione vinicola deve solo recuperare la sua anima territoriale e soprattutto storica.

Tetti di Fermo

La soluzione si chiama Falerio DOC. Una denominazione poco amata dai consumatori locali, pressocchè sconosciuta al di fuori dei suoi confini e che solo in piccola interessa il territorio fermano. Eppure, paradossalmente, il suo nome deriva da un antico sito archeologico che si trova proprio nel centro della provincia di Fermo. Il Falerio DOC è un uvaggio che si compone di Trebbiano Toscano (dal 20% al 50%), Passerina (dal 10% al 30%), Pecorino (dal 10% al 30%). Possono inoltre concorrere da sole o insieme, fino a un massimo del 20%, altre varietà a bacca bianca, non aromatiche. Nel complesso dunque, un concentrato di tipicità viticole locali, una piccola sinfonia d'uve che ogni produttore deve imparare a eseguire a regola d'arte, studiando, provando e applicandosi seriamente. Senza cercare facili scorciatoie. Se oggi il Falerio è poco considerato, è colpa dei suoi svogliati musicisti, non dello spartito.

Eppure, com'è facile intuire, solo il territorio non è esportabile. Come per molte altre DOC e DOCG italiane, la forza, l'unicità, l'irripetibilità dei nostri vini risiedono nel genius loci. I vitigni viaggiano, le colline no. Se il fermano del vino teme di avere un problema di identità, potrà risolverlo solo ripartendo da qui: dal territorio. Dalle radici. Dalle origini.

La scenografica Piazza del Popolo di Fermo

Grazie a Nunzia Luciani, Davide Bonassi, Carlo Iommi, Stefano Isidori, Adolfo Leoni, Barbara Paglialunga e a tutti i produttori incontrati per averci invitati ed essere stati efficaci ambasciatori di Fermo e di tutto ciò che di bello e buono propone.

Created By
Elisabetta Tosi
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Credits:

Foto dell'autrice

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