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Premuda 1918 gli uomini che fecero l'impresa

di Vincenzo Grienti

10 giugno 1918, i MAS 15 e 21 del capitano di corvetta Luigi Rizzo e del guardiamarina Giuseppe Aonzo si trovano al largo della piccola isola dalmata di Premuda. Sono le ore 3.15. Gli italiani avvistano “…una grande nuvola di fumo nero all’orizzonte”. Non è ancora chiara la classe delle navi. Non si tratta di unità italiane. Il comandante Rizzo intuisce che il mezzo navale può essere un cacciatorpediniere austro-ungarico in esplorazione. Infatti è così. Senza un minimo di esitazione l'ufficiale della Regia Marina ordina ai suoi uomini di prevenire. Si avvicina di soppiatto come un sabotatore alle navi avversarie.L'obiettivo è attaccarle e sfruttare l'elemento sorpresa.

Il giorno volge all'alba. C'è poca luce a favore dei MAS (Motoscafo Armato Silurante) quando Rizzo segnala al guardiamarina Aonzo, comandante dell’altra unità, di prepararsi per l’attacco. Le due piccole siluranti avanzano adagio e muovono piano accorciando sempre di più le distanze.

Il MAS del comandante Luigi Rizzo pronto all'azione contro le navi austriache (foto Archivio Ufficio Storico della Marina Militare)

Il mare è calmo - bonaccia perfetta - la visibilità limitata da una leggera foschia: una situazione irripetibile, una “preda” irrinunciabile per l’Asso dei MAS col gusto della caccia, che senza esitare e con lucida consapevolezza dell’evidente sproporzione delle forze in campo, sfida comunque le due corazzate scortate da dieci unità che le proteggono da tutti i lati. Poche parole a bassa voce (all’alba ogni suono corre lontano) tra le due unità, e i motori aumentano, lentamente, il numero dei giri. Niente “baffi” di prora. I motori a scoppio agguantano senza problemi. Gli italiani passano così tra due torpediniere di scorta senza essere visti, merito di una buona cinematica e di grande perizia marinaresca. Siamo nel cerchio di lancio. Fuori! I siluri scendono in acqua, l’angolo è perfetto, da manuale. La distanza stimata di circa 300 metri. Ore 03.31, “Siluri a segno, bersaglio colpito!”. Come riferirà il Comandante della Tegetthoff: “Si osservò sulla dritta della Szent Istvan un lampo di luce accompagnato dal tuono di un’esplosione”. Il MAS 15 di Rizzo ha centrato la nave da battaglia Szent Istvan, mentre il MAS 21 lancia le sue torpedini verso la Tegetthoff , che si salverà solo per un difetto di funzionamento della spoletta di un siluro, che la colpisce senza esplodere.

La "Santo Stefano" procedeva a una velocità di 14 nodi quando viene colpita a dritta da due siluri del MAS 15 lanciati da una distanza di 600 metri. Il primo siluro centra la nave tra la prima e la seconda ciminiera mentre il secondo all’altezza della ciminiera poppiera. Tra nuvole di fumo e di acqua la nave comincia a imbarcare grandi quantità d’acqua e, come si vede nelle immagini d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare, inizia ad affondare. La perdita della Santo Stefano fu un duro colpo per la Marina Austro-Ungarica, che da quel momento sospese ogni azione sul mare. L’impresa di Premuda, invece, ebbe vasta eco e servì a rafforzare il morale delle truppe al fronte a pochi messi dalla fine di quell’inutile e insensata strage che fu la Grande Guerra.

10 giugno 1918: l'affondamento della Szent Istvan

"L’azione di Premuda per le sue conseguenze militari e politiche equivale ad una grande battaglia vinta che cambia definitivamente il corso della Prima Guerra Mondiale a favore dell’Italia e dà grande prestigio alla Marina che, dal 1939 in poi, in ricordo di quell’evento, celebra la sua Giornata il 10 giugno - spiega il Comandante Leonardo Merlini, già direttore dell'Ufficio Storico della Marina Militare e oggi direttore del Museo Tecnico Navale di La Spezia -. A riconoscimento dell’eroismo dimostrato in azione, il Comandante Luigi Rizzo viene proposto per una seconda medaglia d’oro al valor militare, dopo quella già tributata per l’affondamento della corazzata Wien nel dicembre del 1917".

Una storia che nel 2016 ripercorre il capitano di vascello Giosuè Allegrini, Capo Ufficio Storico della Marina Militare nel sito istituzionale dell'Arma navale. Un approfondimento ricco di dettagli e curiosità sull'azione ardita e coraggiosa di Rizzo e Aonzo su cui sono stati scritti libri e girato anche un film uscito nel 2018 dal titolo "Il destino degli uomini" per la regia di Leonardo Tiberi e distribuito da CINECITTA' LUCE

Chi era Luigi Rizzo

Nasce a Milazzo (Me) l’8 ottobre 1887. Cresce in una famiglia dove il mare e l’amor di Patria sono elementi imprescindibili dell’educazione dei figli. Nipote, figlio e fratello di marinai, si avvia fin da subito alla vita di mare imbarcandosi a otto anni sulla nave comandata dal padre, dimostrando di possedere piede marino e ottima predisposizione.

Nei 1905, non ancora diciottenne, ottiene la licenza d’onore all’Istituto Nautico di Messina ovvero il diploma di aspirante al comando di navi mercantili.

Imbarcatosi come mozzo apprendista sul veliero Speme sulla rotta Genova Buenos Aires, rischia il naufragio nelle vicinanze di Capo Horn. Dopo ulteriori esperienze a bordo della Siciliano e della Livietta, nei primi mesi del 1912 raggiunge i traguardi da lui tanto desiderati: diventare Capitano di Lungo Corso e il 17 marzo assumere il grado di Sottotenente di Vascello di complemento della Riserva Navale nella Marina Militare.

Nel 1912 lavora per la Commissione Europea del Danubio nel Mar Nero e merita una medaglia per il suo eroismo per aver salvato, al comando di una pilotina, un piroscafo da sicuro affondamento.

Nell’estate del 1914 rientra in Italia perchè richiamato alle armi prima alla Maddalena e poi, come istruttore, a Venezia. Il precipitare degli eventi lo porta a richiedere di entrare in azione ed è allora che inizia la sua storia di affondatore, il soprannome con il quale è maggiormente conosciuto.

Sin dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale si distingue, infatti, prima nella difesa marittima di Grado, ottenendo una medaglia d’argento al valor militare, poi, trasferito nella nuova arma dei MAS, per la partecipazione ad audaci missioni di guerra per le quali merita 2 medaglie d’oro al valor militare, 3 d’argento e la promozione a Tenente di Vascello per meriti di guerra.

Tra le imprese da ricordare l’azione del dicembre 1917, per la quale gli è conferita la prima medaglia d’oro al valor militare ovvero l’affondamento, a mezzo siluri lanciati dal MAS da lui comandato, della corazzata Wien nelle acque del porto di Trieste.

Nel febbraio 1918 è protagonista della Beffa di Buccari, un’azione all’interno del sistema difensivo austriaco che, pur non ottenendo risultati concreti, risolleva lo spirito delle forze armate italiane dopo la sconfitta di Caporetto. In tale circostanza viene coniato da Gabriele D’Annunzio il motto del MAS: Memento Audere Semper.

Con l’azione, detta di Premuda perchè si svolge nelle acque prospicenti quest’isola della Dalmazia, viene insignito della seconda medaglia d’oro al valor militare. La notte del 10 giugno Rizzo riesce a colpire e ad affondare la corazzata Santo Stefano mentre dirige con la flotta austriaca verso lo stretto di Otranto per forzarne il blocco degli alleati. La perdita della Santo Stefano rappresenta un colpo troppo duro per la Marina Austro-Ungarica, che da quel momento sospende ogni azione sul mare. In onore di questa vittoria la Marina celebra la sua festa proprio il 10 giugno.

Finita la guerra, nel 1919 partecipa all’impresa di Fiume, dove ricopre anche la carica di Comandante della flotta del Quarnaro, e l’anno dopo lascia il servizio attivo con il grado di Capitano di Fregata. Nel 1929 ricopre la carica di Presidente della Società di Navigazione Eola di Messina.

Nel 1935, per meriti di guerra, è insignito del titolo di Conte di Grado e, nel 1941, di Premuda.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale rientra in Marina per occuparsi della difesa del Canale di Sicilia, ma è presto dispensato dal servizio per assumere, da Ammiraglio di Squadra della Riserva Navale, la Presidenza, del Lloyd triestino prima, dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico poi. In tale incarico, dopo l’otto settembre, ordina il sabotaggio dei transatlantici e dei piroscafi affinché non cadano in mano tedesca. Per questa sua direttiva è deportato in Germania. Rimpatriato al termine del conflitto, muore a Roma il 27 giugno 1951.

Speciale "La Regia Marina e la Grande Guerra"

Il primo dei tre documentari storici sulla Regia Marina e la Grande Guerra, presentati l'11 gennaio 2017, mandati in onda da RTV San Marino, è quello che riguarda la città della laguna, Venezia.

Venezia nella Grande Guerra rappresenta la regina, ossia il pezzo più importante della scacchiera.

La base maggiore e più avanzata del teatro navale italiano in Alto Adriatico, quella che teneva sotto scacco Pola, la principale base austroungarica che distava sole 70 miglia dalla Serenissima. Questa era Venezia in quel periodo, città della laguna che proteggeva il lato a mare dell’esercito italiano e contribuiva con i propri mezzi, MAS, pontoni armati, navi e idrovolanti ad attaccare costantemente l’ala a mare dell’esercito asburgico.

Se per assurdo Venezia fosse caduta, gli austroungarici avrebbero avuto il via libera per accerchiare le nostre truppe sul fronte terrestre e per occupare l’intera pianura padana con le proprie città, la propria agricoltura e le proprie fabbriche.

L’Italia avrebbe quindi perso la guerra e sarebbe uscita dal conflitto e gli Imperi Centrali, a quel punto, avrebbero avuto a disposizione quel quid di risorse umane e mezzi da impiegare sul fronte francese che invece gli venne a mancare durante le ultime grandi manovre tedesche fra il marzo e il luglio del 1918.

Venezia significa poi molto altro durante il primo conflitto mondiale: dall’idroscalo di sant’Andrea, il più importante al mondo con i sui 100 idrovolanti e il suo efficientissimo arsenale all’interno del quale furono realizzate e costruite soluzioni belliche semplici ma innovative che si rivelarono determinanti nel corso del conflitto: dai già citati pontoni armati, alla torpedine semovente, ai sommergibili, ai MAS.

Tutte le strade portano a Roma e i marinai italiani, durante la Grande Guerra, ne percorsero una nuova: quella dell’etere.

A Roma infatti fu istituito, primo in assoluto, l’Ispettorato per la Difesa del Traffico; quel Comando Centrale che seppe sfruttare al meglio una tecnologia totalmente nuova, ossia quella delle onde elettromagnetiche.

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