Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
chè la dritta via era smarrita
Dante comincia la sua opera senza fare tanti preamboli, entra subito in mezzo alla storia ("in media res", in mezzo alla cosa, dicevano i latini), così incuriosisce subito il lettore e lo costringe ad andare avanti senza esitazione.
Poi, dopo aver detto "Nel mezzo del cammin di nostra vita", usa un altro grande trucco, dice "di nostra vita", lasciandoci intendere che non sta parlando solo di lui, della sua vita e della sua età di mezzo, ma che forse sta parlando di tutti noi, della vita di tutti quanti, anche della tua, di te che stai leggendo.
Dante, con soli tre versi, ci racconta una delle funzioni psicologiche per eccellenza che la letteratura assolve: la vita di un altro diventerà nostra.
Ecco che ci troviamo a pensare quando siamo stati per l'ultima volta in una selva oscura. No, non quella volta in cui siete entrati nel bosco, ma quando vi siete trovati a vivere un periodo complicato, forse sofferente o forse disorientante. E' come se Dante ci dicesse: io provo a raccontarvi la mia vita, si sa mai che ritorni utile! Non perchè sia stata esemplare, ma per farvi evitare gli errori che io ho commesso. E così, identificandosi o differenziandosi dal personaggio, si inizia a pensare modi possibili di vivere.
Prova a riflettere ad un momento in cui anche tu ti sei sentito smarrito in una selva oscura come è accaduto a Dante, trovandoti a vivere una situazione in cui ti sei sentito perduto o in cui ti sei trovato a vivere un periodo complicato
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