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Divina Commedia Purgatorio, canto XVI

SINTESI

Posizione: Terza cornice.

Tempo: Sera dell'11 aprile 1300 (18 marzo 1300 secondo altri commentatori).

Spiriti: Iracondi.

Pena: Sono avvolti da un fumo denso e scuro.

Pena per similitudine: Come in vita la loro mente si lasciò offuscare dall'ira, ora la loro vista è accecata dal fumo.

Incontri: Marco Lombardo.

« Canto XVI, dove si tratta del sopradetto terzo girone e del purgare la detta colpa de l’ira; e qui Marco Lombardo solve uno dubbio a Dante. »
Il fumo della III Cornice. Preghiera degli iracondi (1-24)
« Buio d’inferno e di notte privata d’ogne pianeto, sotto pover cielo, quant’esser può di nuvol tenebrata, »

Dante e Virgilio avanzano lungo la III Cornice, attraverso il denso fumo che rende quel luogo più buio di una notte priva di stelle e irrita fortemente gli occhi del poeta, che è costretto a chiuderli e ad appoggiarsi a Virgilio. Dante cammina come un cieco, seguendo la sua guida senza vedere nulla e quest'ultimo gli raccomanda di non separarsi da lui. Sente delle voci che invocano pace e misericordia, intonando le prime parole dell'Agnus Dei. Dante chiede a Virgilio se a parlare sono delle anime purganti e il maestro risponde di sì, aggiungendo che si tratta degli iracondi.

Incontro con Marco Lombardo (25-51)
« Or tu chi se’ che ’l nostro fummo fendi, e di noi parli pur come se tue partissi ancor lo tempo per calendi? »

Uno dei penitenti si rivolge a Dante e gli chiede chi sia, visto che attraversa il fumo come se fosse ancora vivo. Virgilio esorta il poeta a rispondere, chiedendogli se quella è la direzione giusta per salire in cima al monte, Dante dice allo spirito che ha parlato che, se lo seguirà, udirà qualcosa che lo stupirà molto. Il penitente dichiara che seguirà Dante fin che potrà e se anche il fumo non gli permetterà di vederlo, il suono della voce li terrà uniti. Dante a questo punto dice di essere giunto in Purgatorio col proprio corpo mortale dopo aver attraversato l'Inferno, in virtù della grazia di Dio che vuole mostrargli i regni dell'Oltretomba. Dante prega l'anima di rivelare il proprio nome e di confermare se stanno seguendo la giusta direzione per l'accesso alla Cornice seguente. Lo spirito dice di chiamarsi Marco Lombardo, che in vita fu uomo di mondo e conobbe quella virtù cortese che ormai tutti hanno abbandonato. Chiede a Dante di pregare per lui, una volta che sarà giunto in Paradiso.

Spiegazione di Marco sul libero arbitrio (52-81)
« Per fede mi ti lego di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego »

Dante promette di fare quel che Lombardo gli chiede, ma lo prega a sua volta di sciogliere un dubbio che lo assale e che si è raddoppiato a causa delle sue parole. Il mondo è privo di ogni virtù cavalleresca, come ha precedentemente dichiarato, e Dante vorrebbe saperne la ragione per mostrarla ai vivi, poiché alcuni la attribuiscono alle influenze del cielo e altri alla condotta degli uomini. Il penitente emette un forte sospiro e un verso di disappunto, quindi afferma che il mondo è cieco e Dante sembra proprio venire da lì proprio per il suo dubbio. Gli uomini, infatti, riconducono la causa di tutto al cielo, come se esso determinasse necessariamente gli eventi: ma se così fosse il libero arbitrio sarebbe nullo, e non sarebbe giusto essere premiati per la virtù e puniti per la colpa. Il cielo dà inizio alle azioni umane, almeno ad alcune, ma in ogni caso l'uomo può scegliere tra bene e male, e la volontà è in grado di vincere ogni disposizione celeste. Gli uomini sono dunque guidati dal proprio intelletto, che è una forza ben maggiore di quella delle influenze astrali.

Causa politica della corruzione umana (82-114)
« Però, se ’l mondo presente disvia, in voi è la cagione, in voi si cheggia; e io te ne sarò or vera spia. »

Se il mondo attuale è degenere, la causa è dunque tutta degli uomini e Marco lo può dimostrare chiaramente. Egli spiega a Dante che l'anima, una volta creata, è come una fanciulla inconsapevole, che è mossa dalla bontà di Dio e si indirizza verso ciò che le dà piacere. Essa rivolge il proprio amore anche a beni materiali e sbagliati, se non viene frenata e guidata opportunamente: per questo esistono le leggi ed è necessario che un sovrano le applichi con rigore. Le leggi nel mondo esistono, ma chi le fa rispettare? Nessuno, dal momento che il papa guida il gregge dei fedeli, confondendo però il potere spirituale con quello temporale. Il popolo vede che il pontefice corre dietro ai beni terreni, quindi fa altrettanto e non chiede altro; dunque la causa del male del mondo è la cattiva condotta degli uomini e non la cattiva influenza dei cieli. Roma aveva due soli (l'imperatore e il papa) che illuminavano due diverse strade, quella del mondo e quella di Dio: essi si sono spenti a vicenda, perché la spada si è unita al pastorale e questo connubio è decisamente negativo, poiché i due poteri non si temono l'un l'altro.

I tre vecchi, simbolo di antica virtù (115-145)
« In sul paese ch’Adice e Po riga, solea valore e cortesia trovarsi, prima che Federigo avesse briga »

Per confermare quanto ha detto, Marco aggiunge che nel paese attraversato da Adige e Po regnavano valore e cortesia, prima che Federico II fosse ostacolato dalla Chiesa. Ora invece qualunque uomo malvagio può passare di lì, sicuro di non incontrare alcun uomo virtuoso. Ci sono ancora tre vecchi in cui l'età antica rimprovera quella nuova, tanto che desiderano ormai passare a miglior vita: sono Corrado da Palazzo, il buon Gherardo e Guido da Castello, quest'ultimo meglio conosciuto come il semplice Lombardo. Si può concludere che la Chiesa cade nel peccato, volendo confondere in sé i due poteri. Dante risponde dicendo che il ragionamento di Marco è veritiero, e che comprende perché i sacerdoti ebrei furono esclusi dall'eredità dei beni temporali; tuttavia chiede chi sia il Gherardo che, secondo il penitente, rimprovera al presente la sua mancanza di virtù. Marco ribatte che o non ha capito le parole di Dante, oppure il poeta lo stuzzica per fargli dire altro, poiché il poeta parla toscano e afferma di non conoscere Gherardo. Non saprebbe indicarlo con altro soprannome, se non dicendo che la figlia ha nome Gaia. A questo punto Marco si congeda dai due poeti, in quanto vede attraverso il fumo la luce del sole e deve allontanarsi prima di apparire all'angelo che si trova lì. Il penitente se ne va senza ascoltare altro.

Bravin Lorenzo, Karolin Colella

Credits:

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