L'Indovinello Veronese
L'Indovinello Veronese, scritto da un amanuense (=copista) veneto intorno all'800, è così chiamato perché è tuttora conservato nella Biblioteca Capitolare di Verona.
Perché è importante?
Questo documento è la più antica testimonianza scritta, finora rinvenuta, di una lingua che non è più latino ma non è ancora volgare. Rappresenta una fase intermedia in cui il latino e il volgare coesistevano.
A chi e a cosa si riferisce l'indovinello?
L'Indovinello si riferisce al copista e all'atto dello scrivere, mansione tipica di ogni amanuense:
- i buoi (boves) = le dita del copista
- i bianchi prati (alba pratalia) = il foglio di pergamena
- il bianco aratro (albo versoio) = la penna d'oca usata per scrivere
- il seme nero (negro semen) = l'inchiostro
Scopriamo come si è evoluta la lingua nel tempo
Qual è allora il primo documento scritto in volgare che abbiamo?
Cos'è un Placito?
Il Placito è una sentenza giudiziaria e quello di Capua è stato redatto dal giudice Archisi, incaricato di risolvere una contesa tra due contendenti per il possesso di alcune terre.
Uno dei contendenti era l'abate del Monastero benedettino di Montecassino, che chiamò a testimoniare in suo favore un abitante della zona, il quale dichiarò:
Il giudice Archisi trascrisse la testimonianza in lingua viva, cioè così come era stata pronunciata, mentre il resto del testo è stato redatto in latino.
La ragione sta nel fatto che ormai esisteva un pubblico sufficientemente vasto, ossia la borghesia, socialmente importante e interessato ad acculturarsi ma privo della conoscenza del latino.