Ma perché tutta sta fatica? la via francigena spiegata agli sdraiati

"Siete arrivati in un mondo che ha già esaurito ogni esperienza, digerito ogni cibo, cantato ogni canzone, letto e scritto ogni libro, combattuto ogni guerra, compiuto ogni viaggio, arredato ogni casa, inventato e poi smontato ogni idea." - Michele Serra

Gli sdraiati sono i protagonisti del libro di Michele Serra.

Sono quelli con le gambe incollate al divano e gli occhi allo schermo.

Quelli che "ancora un'altra puntata, dai" e finiscono una serie e due vaschette di gelato.

Quelli che sanno riconoscere il supremo atto d'amore: alzarsi a spegnere la luce.

Gli sdraiati siamo io e Filippo. Condividiamo una casa, una sveglia e un divano da due anni. Durante la prima gita all'Ikea, abbiamo comprato quattro cuscini grandi e un tavolino piccolo; durante la spedizione settimanale alla Coop, non ci facciamo mancare la vaschetta grande di variegato al cioccolato. Tutto il resto è superfluo.

Fino a quando, un sabato sera: "Abbiamo perso l'ultimo tram. Dobbiamo tornare a casa a piedi". 13 chilometri immersi nella notte milanese, circondati da nottambuli in equilibrio sui marciapiedi e negozi che tornavano ad aprire gli occhi.

Tornati a casa, eravamo pieni di "ti ricordi quando?", come se avessimo fatto un viaggio. "Camminare ci ha fatto bene. Dovremmo farlo più spesso". "Dovremmo farlo quest'estate ".

La via Francigena è un'antica via che, nel medioevo, portava da Canterbury a Roma. Attraversa quasi tutta l'Italia ed è un continuo saliscendi di paesaggi stupendi e borghi dimenticati. È faticosa e ti farà incazzare come nessun altro ha mai fatto. E questi sono i motivi per cui dovresti percorrerla.

1. Perché ti ricorderai del tuo corpo

A me capita di dimenticarlo. Mi ricordo di avere una pancia quando brontola e due gambe dopo gli squat: ma sono dolori acuti e separati, e raramente ho la consapevolezza di avere un insieme di altri muscoli e organi che creano il mio corpo.

Venti chilometri al giorno sotto il sole con uno zaino sulle spalle: il tuo corpo reclamerà tutta l'attenzione che si merita. Ma lo farà in maniera armonica, facendoti realizzare una cosa. Tu non hai un corpo. Tu sei il tuo corpo.

2. Perché cambieranno i paesaggi

Prima, sei circondato dai monti. Poi, ne scavalchi uno e, davanti a te, c'è la pianura. Arriveranno, se lo vorrai, anche il mare, e le strade di città.

Tu sei dentro quei paesaggi, un personaggio di un quadro modificato dal tuo continuo movimento. Sei al contempo artefice e testimone del cambiamento intorno a te.

3. Perché saluterai tutti e tutti ti saluteranno

Abitando in una città di persone solitarie che si rincorrono, all'inizio ci è sembrato strano.

Chiunque incrociassimo aveva un minuto per noi. Ci salutava, ci chiedeva di raccontare le nostre disavventure e di fermarci per un caffè. Ci stringeva la mano e ci augurava buona fortuna.

All'inizio è strano. Poi, abbiamo cominciato a farlo anche noi. E abbiamo scoperto che tutti hanno voglia di condividere la loro storia e di sapere la tua. Marcello il Bello, ad esempio, è romagnolo, ma abita a Chambave. Ha un cane fifone, Leone, e un quaderno pieno di dediche dei pellegrini. Noi gli abbiamo scritto questo.

"Devi augurarti che la strada sia lunga e che i mattini d'estate siano tanti, quando e con che gioia toccherai per prima volta terra. Soprattutto, non affrettare il viaggio: fa che duri per anni." - Costantino Kavafis

4. Perché riscoprirai i sapori

Una vita intera a scegliere fra il cinese d'asporto e il finger food stellato. A chiederti che differenza c'è fra organico, bio, a chilometro zero. A cercare un equilibrio fra portafoglio vuoto e pancia piena.

L'equilibrio lo troverai inciampando casualmente in un'azienda vinicola, in un'osteria senza tovaglie o in un frutteto. E ti sentirai come se stessi camminando in un enorme reparto del Fior Fiore della Coop.

5. Per riscoprire il valore dell'essenziale

I piedi nudi sul prato bagnato.

L'acqua fresca di una sorgente.

L'aria condizionata di un supermercato e i suoi snack che costano (e pesano!) poco.

Le patatine che non avevi chiesto e che ti arrivano con le bevande.

Le parole che non ricordi delle canzoni.

Il Dio delle piccole - stropicciate, sporche - cose.

6. Per scoprire il volto vero del disagio

In casa c'è un armadio di tre ante. A me ne spettano due e mezzo. Dentro l'armadio ci sono i miei vestiti. Sopra l'armadio ci sono i miei vestiti. L'unica mezza anta di Filippo ha qualche mio vestito. Eppure, ogni mattina, lo apro e penso: "Che disagio. Non ho niente da mettermi".

Siamo la generazione del disagio, costantemente in ansia o intenta a rincorrere quello che non c'è. La connessione è lenta! Che disagio. Ha visualizzato senza rispondermi! Che disagio.

Ma il volto vero del disagio è un altro, e assomiglia al mio in questa foto.

Perché, quindi, tutta sta fatica? Soprattutto per la fatica.

Che sia per strada, a lavoro o in cucina, siamo abituati a prendere le scorciatoie, a scegliere sempre la via più facile: arriviamo spediti al risultato, evitandoci la fatica.

Collezioniamo tante mete, pochi viaggi.

Il viaggio è stancante. Spesso ti sentirai in forma come un bradipo uscito dal letargo, e ti capiterà di sognare uno di quegli sposta-persone di Wall-e.

Invece, avrai solo i tuoi piedi. I nostri hanno percorso 300 chilometri: hanno resistito, anche quando noi abbiamo detto "basta"; hanno accettato la sfida, la fatica e, per quanto mi riguarda, l'assenza di smalto per un periodo che mai avrei pensato durare così tanto.

Vorrei dirvi che raggiungere un obiettivo faticando è la più grande soddisfazione, la più immensa liberazione. Che non ci sarà la luce in fondo al tunnel, ma fuochi d'artificio. Come Marcello il Bello, però, lascerò che sia qualcun altro a concludere per me. Alla fine, fare un cammino significa anche sapersi fermare e lasciare andare avanti chi è più bravo di te.

"So che non ti piace camminare, ma è un pregiudizio. Camminare è una guarigione. Un'esperienza di salvezza." - Michele Serra

Created By
Giulia Scuffietti
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