View Static Version
Loading

Il Settecento riformista e progressista Percorsi sulla letteratura del Settecento italiana ed europea

Questo aspetto della cultura del Settecento si esprime in tutti quegli autori, specie riuniti a Milano intorno alla rivista “Il Caffè” (1764-1766), che promuovono la riforma sociale e politica dei rispettivi Stati (in Lombardia questi scrittori sono quasi tutti impiegati alle dipendenze di Maria Teresa d’Austria). Essi tentano di favorire un processo di riforme sia politiche che sociali, e in generale sono molto critici nei confronti della aristocrazia e dei suoi privilegi.

"Il Caffè" è il più famoso periodico italiano, edito per due anni, sul quale scrivono gli intellettuali "illuminati" milanesi. In questo periodico vengono discussi temi di attualità, vengono divulgate idee all'avanguardia e notizie di riforme, vengono citati autori europei divulgati per la prima volta, si usa un linguaggio "colloquiale" e amichevole con il lettore, un linguaggio non accademico e ispirato alla tolleranza e alla solidarietà tra persone di buon senso, si diffondono tecniche, notizie, forme di istruzione e discussione.

Nel Settecento i principali luoghi di diffusione culturale sono Accademie, periodici, salotti letterari.Tra i giornali del tempo, molto critico e all'avanguardia fu "La frusta letteraria" di Baretti, polemica verso la cultura antiquata e reazionaria.

E' importante notare che, a differenza dei "fogli periodici" europei ampiamente diffusi, la tiratura del "Caffè" non superò mai le 500 copie (diffusione limitata, non popolare)

"Dei delitti e delle pene", scritto da Cesare Beccaria proprio negli anni de "Il Caffè", tra il 1763 e il 1764, è una delle opere più note del Settecento riformista e progressista italiano. L'opera dimostra l'inattendibilità e la barbarie della tortura e della pena di morte come strumento di punizione; la pena basata su questi strumenti rende infatti, secondo Beccaria, lo Stato che la applica dispotico verso i colpevoli, capace solo di imitare il male che vorrebbe punire., uno Stato che finisce per fare ciò che vieta al singolo, cioè uccidere. Inoltre la confessione ottenuta con tali mezzi è inutile, in quanto i colpevoli possono resistere fisicamente alle torture e gli innocenti possono confessare colpe mai commesse pur di sottrarsi alle torture stesse.

L'opera ottenne una fama internazionale rapidissima e Caterina II di Russia tentò di applicarla al suo paese. Beccaria, dopo aver girato l'Europa in contatto con i circoli illuministici, ottenne la cattedra di Economia politica alle Scuole palatine di Milano

Questo aspetto della cultura del Settecento si esprime in tutti quegli autori, specie riuniti a Milano intorno alla rivista “Il Caffè”, che promuovono la riforma sociale e politica dei rispettivi Stati (in Lombardia questi scrittori sono quasi tutti impiegati alle dipendenze di Maria Teresa d’Austria). Essi tentano di favorire un processo di riforme sia politiche che sociali, e in generale sono molto critici nei confronti della aristocrazia e dei suoi privilegi.

Bisogna ricordare che Cesare Beccaria, come i fratelli Verri, animatori della rivista "Il Caffè", è di origini nobili, e riveste incarichi amministrativi alle dipendenze del governo di Maria Teresa d'Austria, principale sostenitrice delle riforme

In generale, per tutti gli scrittori italiani, la sopravvivenza non è legata ai proventi del loro lavoro letterario, ma devono svolgere altri mestieri: Parini deve lavorare come istitutore di una famiglia nobile, e prende i voti per ottenere una modesta rendita; Goldoni, autore teatrale, lavora al soldo di impresari che gli impongono spesso "contratti capestro " (arriva a scrivere 16 commedie in un anno), con opere che devono piacere, attirare pubblico a pagamento, pena l'esclusione di Goldoni dalla compagnia che lo ha assunto come autore

Appartiene a questa fase di sostegno del riformismo e di critica della aristocrazia anche l’opera in poesia di Giuseppe Parini, sia le “Odi” (come “La salubrità dell’aria”, dedicata alla creazione di fogne per bonificare la città) sia “Il Giorno”: egli, precettore della famiglia dei nobili milanesi Serbelloni e poi licenziato per il capriccio della padrona, espresse nel suo poema una feroce critica contro l’inutilità di questa classe sociale, fingendo di descrivere con animo deferente, ma in realtà ferocemente satirico, tutti i momenti della inutile giornata di un giovane aristocratico, pigro, ozioso, assorbito dai riti di quella nobiltà ormai inutile.

"Come ingannar questi nojosi e lenti giorni di vita,cui sì lungo tedio, e fastidio insoffribile accompagna, or t'insegnerò. Quali al Mattino, quai dopo il Mezzodì, quali la Sera, esser debban tue cure apprenderai, se in mezzo agli ozii tuoi ozio ti resta pur di tender gli orecchi a' versi miei."

Parini assume la veste del "precettore" che finge di voler insegnare al "giovin signore" cui si rivolge un modo di evitare l'ozio e la vita inutile in cui si sprofonda; contrappone spesso il comportamento inutile e parassitario del nobile a quello autentico e sano delle masse popolari, che si svegliano per correre al lavoro di buon mattino.

L'autore finge deferenza ma usa costantemente l'antifrasi: quando sembra "dare ragione" ai comportamenti dei nobili (scena del licenziamento di un servo che ha dato un calcio al cagnolino della padrona) in realtà il suo linguaggio mette in rilievo la vacuità di quel mondo di nobili frivoli, a cui finge di dare ragione descrivendo il mondo dal loro punto di vista.

Il poeta usa quindi una poesia morale e impegnata per proporre la sua critica ad un mondo ridicolo, che nei suoi versi risulta meschino

Un'altra famosa opera di Parini contro la nobiltà è il "Dialogo contro la nobiltà", un'opera in prosa in cui Parini descrive un poeta che viene sepolto accanto a un aristocratico: questo, sdegnato per la vicinanza di un plebeo, protesta, ma il poeta gli dimostra che gli aristocratici sono solo violenti, rapinatori che hanno ottenuto così la loro ricchezza, inutili sperperatori dei beni altrui, e soprattutto che siamo tutti figli di Adamo, da cui alla fin fine tutti discendiamo.

Leggi qui il testo del "Dialogo sopra la nobiltà"

La critica alla nobiltà viziosa, parassitaria e improduttiva anima anche il teatro di Goldoni, che a Venezia mette a punto la sua riforma del teatro.

A questa fase appartiene una delle sue commedie più note, “La locandiera”, in cui ben tre aristocratici spiantati, presuntuosi e vanamente legati a un passato familiare di gloria ormai decaduto, innamorati della locandiera che li ospita, vengono tenuti sulle corde dalla donna, abilissima a giocarseli tutti e tre con promesse e moine, rappresentante di una classe borghese attenta all’utile e all’interesse, lavoratrice, attiva, contro la passività e l’inettitudine di una aristocrazia che ha ormai esaurito il suo compito.

Fanno parte di questo Settecento “riformatore” e socialmente in fermento anche i romanzi inglesi come la “Pamela” di Richardson , con la storia di una giovane di umili origini e virtuosa che dopo varie traversie sposerà un ricco nobile, pur essendo una semplice cameriera: la donna qui diventa protagonista della sua vita, quasi pronta a ritagliarsi uno spazio in un mondo in cui le donne sono sempre state ai margini e prive di ogni credibilità.

Il romanzo trova nel Settecento la sua più grande diffusione: particolarmente in Inghilterra, spesso pubblicato a puntate su periodici, nella forma di romanzo filosofico, o romanzo di avventura, o sentimentale: è la forma preferita e più popolare per svolgere critiche alla società, promuovere riflessioni sulle nuove classi sociali o sulle figure femminili, o critiche ai difetti della società, o nuovi prototipi di eroi

Created By
rossana levati
Appreciate
NextPrevious

Anchor link copied.

Report Abuse

If you feel that the content of this page violates the Adobe Terms of Use, you may report this content by filling out this quick form.

To report a copyright violation, please follow the DMCA section in the Terms of Use.