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LA FORMA DEL CRANIO IN GDS

In passato spesso è stata data importanza alla forma del cranio per capire l’indole del soggetto o le sue presunte caratteristiche psicometriche.

Conosciamo tutti l’ideatore della frenologia Franz Joseph Gall, o l’italiano Cesare Lombroso che con i loro studi rivoluzionarono il mondo della criminologia alla fine del XIX secolo.

Sebbene a Lombroso vada riconosciuto il merito di aver tentato un primo approccio sistematico allo studio della criminalità, tanto che ad alcune sue ricerche si ispirarono Sigmund Freud e Carl Gustav Jung per alcune teorie della psicoanalisi applicata alla società, la maggior parte delle sue teorie sono oggi destituite di ogni fondamento.

La caduta

A far decadere molte delle sue ipotesi fu l’aspetto giuridico-legale: se ad un killer poteva essere riconosciuto un tratto somatico caratteristico di “assassino”, la pena inflitta sarebbe potuta essere decurtata, poiché il reato sarebbe stato valutato come non completamente “volontario”, in quanto già presente e insito nei geni dell’ individuo. Al contrario, un innocente avrebbe potuto essere messo in prigione ingiustamente qualora nel suo viso fossero stati riscontrati caratteri somatici da delinquente.

Bene così, dunque.

Tuttavia, in seguito, si calcò la mano: oltre a spogliare le teorie di Lombroso di qualsiasi elemento utile, le sue tesi furono caricate di significati negativi, come l’istigazione al razzismo o altro ancora, cose non in linea con il pensiero originale del sociologo, medico ed antropologo veronese.

Salvare il salvabile

Se abbandoniamo le ridicole pretese di “giudizio morale” di queste vetuste teorie, e se sappiamo cogliere gli aspetti salvabili della frenologia e della fisiognomica, ed applicarli con cautela alle catene muscolari GDS, possiamo utilizzare l’osservazione cranica come un interessante contributo verso la comprensione del terreno del soggetto.

La forma del cranio, con i sui angoli e diametri specifici, ci dà l’idea di quale sia il potenziale genetico del soggetto o, come si dice in GDS, il suo “innato”.

La forma del cranio è pressoché immutabile, poiché si eredita un patrimonio genetico dai genitori e, a sua volta si trasmette ai posteri.

Solo a livello della sfera posteriore del cranio, che sul viso si manifesta nella parte inferiore del viso, la forma è parzialmente modificabile; in età di sviluppo, infatti, si possono ottenere buoni risultati tramite l’ortodonzia.

A cosa serve osservare le forme craniche?

Nella pratica quotidiana del GDS, la forma del cranio serve per capire quale sia il riferimento innato del soggetto, quali attitudini archetipali egli abbia ereditato dai propri avi. Se egli sia comparabile ad un albero asimmetrico e rigido come una quercia o un olivo, oppure sia un pioppo flessibile.

L’approccio al paziente nei due casi cambia: inutile tentar di “raddrizzare” un olivo.

Utilizzando altresì una metafora proveniente dal mondo delle automobili, mediante la forma del cranio possiamo capire se il funzionamento del paziente assomigli più a quello di una scattante “Ferrari” (PM) o se abbia piuttosto le caratteristiche di una comoda “Rolls -Royce” (AM), oppure se esso sia paragonabile ad una splendida auto da fuoristrada (PAAP), con buone sospensioni, adattabili e resilienti.

Questo ci guiderà nella presa in carico del soggetto, lavorando sull’ “acquisito” ossia sul posizionamento delle strutture osteo-muscolari nel corpo. Solo in seguito si farà attenzione alle fissazioni fasciali e alle restrizioni di mobilità tissutale.

Sapremo così che, per esempio, per allungare gli ischio-tibiali di un PM strutturale (una persona rigida, un “carbonico” in omeopatia) servirà molta costanza, poiché se si sospende l’allenamento, quasi subito si ritornerà verso l’accorciamento muscolare “innato”. Questo succede in modo differente per un AM e quasi per nulla in un PAAP “fluorico” ed iperlasso.

Quindi per allungare davvero gli hamstrings di un PM servirà tanto allenamento e, per farlo abbiamo bisogno che il paziente sia d’accordo.

Al fine di ottenere una buona compliance di questo paziente rigido, dovremo instaurare con lui una compliance perfetta e duratura, al fine di evocare la sua AL comportamentale, che porterà in dono continuità, metodo ed endurance.

Se riusciremo, tramite una buona empatia, a motivare la AL comportamentale di un soggetto, questo comportamento AL (affidabilità, costanza, perseveranza) può portare l’utente dei nostri servizi a mantenere a lungo l’impegno concordato con noi terapisti: è probabile che, per esempio, una volta consegnatogli un programma di esercizi a casa, egli lavorerà spesso sul detensionamento dei suoi ischio-tibiali e lo farà in modo regolare e costante.

Al contrario, evitando di trovare la giusta compliance con il paziente, la relazione terapeutica potrebbe andare in crisi ed è frequente vedere colleghi inesperti che, invece di interrogarsi sul modo in cui sono stati proposti gli esercizi, si arrabbiano con il paziente perché non egli ha svolto il lavoro a casa con continuità.

Questo, come è palese, può minare il buon esito del percorso terapeutico intrapreso.

La forma del cranio serve per sapere quale sia il gap visco-elastico da colmare tramite la terapia manuale o l’esercizio terapeutico. Possiamo capire quanto miglioramento possiamo ottenere dai nostri trattamenti, se lavorare una sequenza fasciale con una determinata tecnica o insistere in una correzione di uno schema motorio porterà benefici ulteriori oppure no.

Saper leggere le impronte craniche ci permette di comprendere meglio il terreno di base del nostro paziente, al fine di offrire una terapia efficace e gradita, mantenendo l’adeguata alleanza terapeutica.

In seguito, quando mentalizzazione ed ascolto empatico hanno creato il clima adatto per proseguire nel percorso terapeutico, si potrà procedere con fiducia verso la riprogrammazione motoria, con la costruzione del gesto “giusto”.

E anche qui, come per la terapia manuale, la forma del cranio può fornirci degli spunti su quale sia il canale preferenziale del nostro soggetto, durante il suo apprendimento.

Sarà visivo? Il paziente preferirà immagini e metafore visuali? Sarà egli auditivo, ossia uno che impara attraverso l’ascolto delle varie sonorità, oppure sarà cinestesico, ossia uno che apprende attraverso il movimento, impara “facendo”?

Il cranio quindi può essere interessante anche per coloro che lavorano attraverso la presa di coscienza corporea e l’esercizio terapeutico.

Con il nostro utente dunque, meglio lavorare con una CAM di Feldenkrais, meglio spiegare l’esercizio a voce o meglio mostrare un video della sua esecuzione corretta?

La forma del cranio sembra offrirci un contributo, insieme ad altri fattori, nella scelta della nostra modalità operativa.

Il lato predittivo

La forma del cranio dunque come elemento predittivo e rivelatore della tipologia di base del soggetto; non di rado i professionisti formati in Biomeccanica Comportamentale GDS sanno intuire da una semplice foto del viso o del cranio sul piano sagittale quale tipo di posizionamento osseo si potrebbe avere nel bacino del soggetto e quale grado di viscoelasticità potrebbero aspettarsi dalle sue catene muscolari.

A volte la divinazione è sorprendente, a qualcuno potrebbe apparire quasi “magica”, in realtà è solo semplice geometria, osservata con un occhio attento.

Comparazione

La differenza, il delta, tra ciò che si prevede interpretando la craniometria del soggetto e la realtà riscontrabile durante la valutazione del paziente, ci fornisce: a) una referenza sul suo terreno innato b) una stima sulla quantità di lavoro svolto per arrivare a quello stadio di allenamento o di benessere c) il grado di allenabilità o migliorabilità previsionale del soggetto, cioè quanto ancora potremo aspettarci da lui in futuro, come miglioramento.

Cenni di impronte utili del cranio e del viso in GDS

Ecco dunque qualche elemento e nozione per riconoscere le caratteristiche tipiche delle tipologie comportamentali GDS.

Il discorso è complesso, con angoli, diametri, dettagli anatomici differenti ed importanti ma essenzialmente possiamo dire che, secondo GDS,

Le catene AL e PL si manifestano sul piano frontale, le catene AM, PM e PAAP si esprimono sul piano sagittale.

Più precisamente:

AL

Forma di Pera, trapezoidale se AL ++ (nell’immagine tre intensità progressive di AL : AL 1, AL 2, AL 3)

Occhi ravvicinati

Orecchie girate verso l’indietro (basculamento posteriore temporale)

Bocca di dimensioni medio-piccole

Temporali sviluppati (aperti) lateralmente

PL

Forma triangolare

Occhi divaricati

Orecchie girate verso l’avanti (basculamento anteriore)

Bocca di dimensioni medio-grandi

Sul piano sagittale invece possiamo notare una differente espansione dei differenti settori del cranio e più precisamente:

AM

Espansione della bozza posteriore, occipitale. Grande sviluppo verso dietro e verso il basso della sfera posteriore del cranio.

Orecchie basse verso l’indietro, grosse.

Attivazione dei muscoli buccali che danno l’impressione di una bocca “triste” (angoli verso il basso)

Occhi rientrati (differente conformazione posizionale di sfenoide, etmoide e mascellare superiore)

PM

Espansione della bozza anteriore, frontale. Grande sviluppo verso l’avanti e verso il basso della sfera anteriore del cranio.

Di profilo, piatta dietro. Legamento nucale++.

Regione frontale molto sviluppata. Utilizzando il goniometro facciale del Broca nei casi di PM++, l’inclinazione della direzione della sutura metopica si chiude sagittalmente verso il basso-dietro; se nel DNA sono presenti residuati di Cro-Magnon o di Neanderthal si possono avere le caratteristiche bozze sovraorbitali.

Orecchie tirate verso dietro, strette

Labbro superiore sottile

Gran solco naso-labiale

PAAP

Espansione del settore mediano, a livello dei parietali. Grande sviluppo verso dietro e verso l’alto della zona postero-superiore del cranio, a livello lambdoideo. (cranio degli esseni, dei faraoni egizi).

Piccolo solco naso-labiale

Orecchie tirate verso l’alto

Occhi spalancati

Orecchie scollate

Palpebre verso il basso (tolleranza)

Punta del naso in su (AP)

Punta del naso sfaccettata (PA)

Labbra carnose

Con questi elementi fin qui elencati e con molti altri dati non presenti in questo breve articolo, possiamo avvicinarci al profilo del nostro paziente, allo scopo di cercare la strada terapeutica migliore per lui, evitando di imporre le nostre cure.

Come si fa in certe arti marziali, si utilizza a nostro vantaggio la forza delle specificità del nostro assistito, per portarlo sul percorso più affine alle sue caratteristiche, rendendolo il più possibile compartecipe della cura dei suoi problemi e della gestione della sua salute.

Fabio Colonnello

Fisioterapista, Osteopata D.O. ,Biomeccanicista Comportamentale GDS

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Fabio Colonnello
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