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Portami a casa Elena Leoni

Claudia è morta. Saltata in aria, insieme al marito, in un’auto. Un’esplosione

E io sono ferma e non ho nessuna intenzione di muovermi. Era un tipo difficile, è vero. Ma era mia sorella. Anche se nessuno, tranne mio marito Paolo, lo sa. Per tutti era un’amica, la mia amica più intima. Snob e un po’ stronza.

Ma poi una stronza cos'è se non una povera infelice bloccata dentro da un dolore primitivo, appena intravisto, mai riconosciuto, mai fatto affiorare? Sepolto nel profondo, tenuto premuto come quando si vuole affogare qualcuno e gli si spinge la testa sott'acqua con forza.

È morta.

Una bomba convenzionale realizzata artigianalmente, così era scritto sul giornale. I vetri delle finestre della villa in frantumi, e tutt'attorno lo sgomento della violenza che dirompe senza preavviso.

A chi riconsegneranno i pezzi di te, Claudia?

Intanto respiro quel puzzo nauseabondo, di fumo mischiato a carne bruciata.

Eri un politico, assessore ai Lavori pubblici del Comune di Casalana. Forse per questo ti hanno ammazzata? Donna in vista, potente, forse ti ricattavano. O ti sei lasciata corrompere o hai fatto qualche sgarro a qualcuno? Non so. Ora non so niente. Perché con me non parlavi di queste cose. Veramente non parlavi con nessuno di certe cose, non avevi bisogno di parlare di niente con nessuno, tu. Tu sapevi il fatto tuo e tanto ti bastava. Ché sei stata sempre il contrario di me, che ho sempre bisogno di confrontarmi con qualcuno, e che ti devo toccare il braccio, come strofinandolo, mentre ti parlo guardandoti negli occhi, perché ti devo sentire da più punti e anche tu mi devi sentire con gli occhi, con le orecchie, con la pelle. E quando ti tocco il braccio lo faccio pure con una certa energia, perché così mi piace. Con te era difficile. Era tutto molto difficile. Riuscire a capirsi, a parlarsi. Faticoso. Non avevi mai tempo perché dovevi sempre scappare, correre, scappare, e io seduta sul suo letto mentre tu ti spogliavi, ti rivestivi mille volte davanti al tuo specchio, e dicevi che questo no e questo forse, che la gonna era troppo larga, che sono dimagrita, forse allora abitino stretch e tacchi alti, no, il tailleur è più fine. Eppure, se ci penso, che bello quel caschetto nero che ti incorniciava il viso e ti lasciava scoperto il collo lungo e sinuoso, il decolté ricco, la pelle d’alabastro.
Perché eri bella, Claudia. Occhi grandi, color castagna e labbra grosse che trasudavano porpora di rossetto, morbide e semilucide, fragolone succulente che si muovevano come se danzassero.
E quando ti guardavo ero incantata. Ma non serviva a molto. Ché tu continuavi a parlare e mai che mi dicessi sorellina, ti voglio bene, sai? Andiamo al mare, io e te, a farci una lunga nuotata, e poi più vigorose e forti buttiamoci un po’ sulla sabbia a parlare.
Ormai tutto questo non conta più. È tutta acqua passata, sotto secoli di ponti. Prima scorreva, oggi è ferma.

La storia va avanti...

Created By
Monica Stefanelli
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