Una civiltà si racconta...
Il MEDA, Museo Etnografico di Aquilonia "Beniamino Tartaglia", è il luogo in cui una civiltà si mostra e si racconta: è la civiltà contadina che per millenni ha segnato la vita degli uomini in tutte i paesi del Mediterraneo.
Questo racconto vuole presentarti il MEDA "in breve", le sue principali raccolte documentarie... Puoi anche immergerti in un VIRTUAL TOUR dei vari ambienti, con la suggestione delle immagini 360°, fruibili anche con i visori di realtà virtuale...
La casa contadina
Ognerùno a la casa, ca ru fuoco luce
Ognuno a casa sua, perchè il fuoco vi risplende
(...) Le case dei contadini sono tutte uguali, fatte di una sola stanza che serve da cucina, da camera da letto e quasi sempre anche da stalla per le bestie piccole (...).
Da una parte c'è il camino, su cui si fa da mangiare con pochi stecchi portati ogni giorno dai campi: i muri e il soffitto sono scuri pel fumo. (C. Levi, Cristo si è fermato ad Eboli)
... La stanza è quasi interamente riempita dall'enorme letto, assai più grande di un comune letto matrimoniale: nel letto deve dormire tutta la famiglia, il padre, la madre, e tutti i figliuoli.
I bimbi più piccini, finché prendono il latte, cioè fino ai tre o quattro anni, sono invece tenuti in piccole culle o cestelli di vimini, appesi al soffitto con delle corde, e penzolanti poco più in alto del letto... (C. Levi, Cristo si è fermato ad Eboli)
La stalla
Si lu ciùcc' te mena càuce, nu lu puoie tagla' lu père
Se l'asino ti dà dei calci, non puoi (per questo) tagliargli la zampa.
L'abbigliamento
Cu la rote e cu li pann', se marìtano totte quante
Con la dote e con il corredo si sposano tutte le donne (le belle e le brutte)
I mestieri
Il bottaio
'Na botta a lu circhie e n'àuta a lu tumbagn
Un colpo al cerchio ed una alla botte
Il conciapiatti
La troppa mesèria facìa còse pure li piatt'
L'eccessiva miseria faceva cucire anche i piatti
La cantina
Quann l'uva se face vino, a la cantina sera e matina
Quando l'uva diventa vino, alla cantina sera e mattina
Il pastore
(...) verso il tramonto quando il pastore si metteva a suonare collo zufolo di sambuco, la cavalla mora si accostava masticando il trifoglio svogliatamente, e stava anch'essa a guardarlo, con grandi occhi pensierosi. Dove soffriva soltanto un po' di malinconia era nelle lande deserte di Passanitello, in cui non sorge macchia né arbusto, e ne' mesi caldi non ci vola un uccello. I cavalli si radunavano in cerchio colla testa ciondoloni, per farsi ombra l'un l'altro, e nei lunghi giorni della trebbiatura quella gran luce silenziosa pioveva sempre uguale ed afosa per sedici ore... (Verga, Novelle, Jeli il pastore)
Il casaro
Pane chi cresce, mièro chi canta, caso chi chiange
Pane che lievita, vino che canta, formaggio che cola (latte)...
Sugli spiazzi le caldaie fumano al fuoco, le grandi caldaie nere sulla bianca neve, le grandi caldaie dove si coagula il latte tra il siero verdastro rinforzato d'erbe selvatiche.
Tutti intorno coi neri cappucci, coi vestiti di lana nera, animano i monti cupi e gli alberi stecchiti, mentre la quercia verde gonfia le ghiande pei porci neri. Intorno alla caldaia, ficcano i lunghi cucchiai di legno inciso, e buttano dentro grandi fette di pane. Le tirano su dal siero, fumanti, screziate di bianco purissimo come è il latte sul pane. I pastori cavano fuori i coltelluzzi e lavorano il legno, incidono di cuori fioriti le stecche da busto delle loro promesse spose, cavano dal legno d'ulivo la figurina da mettere sulla conocchia, e con lo spiedo arroventato fanno buchi al piffero di canna. (C. Alvaro, Gente in Aspromonte)
Il calzolaio
Le produzioni alimentari
Il grano
Il pane
'N diémb re carestia, pane re vézza
In tempi di carestia, pane di veccia.
L'olio
Miéro viecchie, uòglie nuovo
Vino vecchio, olio nuovo
(...) Giunsero al frantoio, dove i coloni macinavano la prima raccolta delle olive cadute precocemente dall'albero.
La stanza delle macine era bassa e oscura; dalla volta luccicante di salnitro pendevano lucerne di ottone e fumigavano; un giumento bendato girava una mola gigantesca, con passo regolare; e i coloni, vestiti di certe lunghe tuniche simili a sacchi, nudi le gambe e le braccia, muscolosi, oleosi, versavano il liquido nelle giare, nelle conche, negli orci.
Anna si mise a considerare l'opera, attentamente; e, come Zacchiele impartiva ordini ai faticatori, e girava tra le macine, osservando la qualità delle olive con una grande sicurezza di giudice, ella sentì per lui in quel momento crescere l'ammirazione.
Poi, come Zacchiele dinanzi a lei prese un gran boccale colmo e versando nell'orcio quell'olio purissimo e luminoso nominò la grazia di Dio, ella si fece il segno della croce, tutta compresa di venerazione per l'opulenza della terra. (D'Annunzio, Novelle della Pescara)
Il vino
Fèmmena giòvvane e miéro vecchie!
Donna giovane e vino vecchio!
La donna era scalza. Sollevò le vesti fino al ginocchio, e reggendosele con le due mani protese tentò di scavalcare il muricciolo del palmento (...)
Ella fu finalmente nel palmento e affondò il piede fra i grappoli, che fecero un vago rumore di cosa segreta. Sotto il suo passo si sfranse un grappolo nero e greve, mille grappoli la circondarono come una schiuma di un mare rosso e le dipinsero una graziosa scarpetta sulla pelle bruna. Affondava lentamente fino al ginocchio e arrossiva tutta -
Cominciò lievemente a muovere i passi e a pestare l'uva. Al disopra delle ginocchia le sue vene azzurre s'inseguivano come freschi ruscelli. Abbassò gli occhi impercettibilmente per vedere; poi, con un moto che pareva di danza, si andava snodando la treccia che le pesava sulla testa. Vi pose sopra un fazzoletto rosso per difendersi dal sole, e in certi angoli delle sue spalle si addensarono ombre azzurre.
I vendemmiatori dopo averla osservata come in un momento pericoloso, si sparsero di nuovo pei campi, mentre ella affondava nel rosso elemento come una disperata. (C. Alvaro, Gente in Aspromonte)
Vita sociale
La scuola
La scuola
Na curréscia 'nannd e n'àuta 'nnerèta
Una cinghiata davanti e una di dietro
(...) Ma nel secondo anno di scuola non fu così. I casi furono due che mi sbarrarono il passo. Per primo dopo esser andato un paio ai mesi alla scuola, scoppiò una malattia contagiosa fra gli alunni, incominciarono a morire i primi, e venne un ordine di sospendere l'anno scolastico ed attendere sino a nuovo ordine. Per secondo, già da due anni mio padre aveva incominciato a fare un mal raccolto e quell'anno finì di rimetterci anche un po' di risparmio che aveva. I tempi si presentavano difficili e incominciò ad affacciarsi la miseria.
Allora mio padre decise che per me non più scuole per mancanza di denaro. Ecco come su di me svanirono le speranze, speranze dei miei, che mi volevano preparare una strada nell'avvenire o almeno far completare le scuole elementari. Niente: tutto lì finì. (R. Scotellaro, Contadini del Sud)
La religiosità popolare
Le confraternite
Prièvete, muonàce e cane, semb' cu lu taccar 'n mano
Preti, monaci e cani: (vedi avere) sempre un bastone in mano
(...) Allora mi segnai, all'età di 14 anni, alla Confraternita e ancora sono iscritto e ho guadagnato qualche cosa, oggi anche due, trecento lire a morto. Prima eravamo una sessantina, oggi una quindicina, perché ora l'abbandonano.
Per ogni accompagnamento, mettiamo, sono tremila lire di paga : quindici confratelli, il prete rettore, il sagrestano e la cassa della chiesa, siamo diciotto a dividere; vengono centosessantasei lire per ciascuno. (I soldi della cassa servono a far dire le messe alla Madonna e, gira gira, se li prende il prete rettore.) L'abito della Confraternita è di colore caffè, come un impermeabile appuntato avanti; poi c'è la cappetta bianca. Quello ce lo facciamo a conto e spese nostre. Miracoli la Madonna, per me, non ne ha fatti ma c'è tanta gente che dà i soldi, sempre pensano: - Madonna mia, fammi questo che io ti do tanto - e appendono orecchini, anelli e moneta alla statua. (R. Scotellaro, Contadini del Sud)
Le chiese
(...) I ricchi? I ricchi non credono ai santi, quelli fanno credere a noi; se credevano loro le prendevano in collo le statue, come noi.(R. Scotellaro, Contadini del Sud)
Il mondo contadino in miniature naïf
Michele Ruggiero, contadino, ha realizzato per il Museo MEDA la rappresentazione del suo mondo, della sua civiltà: una singolare serie di figure, soggetti, scene, ambienti realizzati in chiave autenticamente naïf in legno ed altri materiali poveri... Ogni soggetto reca la sua nomenclatura esplicativa dettagliata
MEDA. Un Museo da conoscere
Al MEDA è possibile compiere un vero e proprio viaggio nel tempo: conoscere le consuetudini, l'alimentazione, l'organizzazione del lavoro e le tecniche artigianali, il modo di vestire, i rapporti sociali e le concezioni religiose di un'intera civiltà, ricostruite e presentate, con cura filologica, nella loro espressione storica e antropologica più immediata e comprensibile a tutti.
Il MEDA è un'istituzione di conservazione e documentazione storica, ma anche culturale e didattica, che promuove lo studio e la conoscenza della tradizione etnoantropologica e del territorio irpino e più in generale di tutte le culture mediterranee....
Credits:
MEDA | Museo Etnografico di Aquilonia