La dittatura di Mussolini

LE LEGGI FASCISTISSIME

Dopo il delitto Matteotti, Mussolini non nascose più il suo vero obiettivo, cioè fare dell'Italia uno Stato dittatoriale. Per questo motivo attuò una serie di riforme nel corso del 1925:

  • Sciolse tutti i sindacati e i partiti, tranne quello fascista.
  • Proibì gli scioperi.
  • Tolse al parlamento il potere di fare leggi affidandolo al governo costituito da lui stesso e da ministri scelti da lui.
  • Abolì la libertà di stampa e di associazione.
  • Istituì una polizia politica, l'OVRA, e un Tribunale Speciale per individuare, denunciare e processare gli oppositori al governo fascista.
  • Ripristinò la pena di morte per reati politici ed istituì il confino, cioè il soggiorno obbligatorio per gli avversari politici in luoghi sperduti ed isolati.

Questi provvedimenti furono chiamati leggi fascistissime poiché diedero pieni poteri al duce.

LA REPRESSIONE DEGLI OPPOSITORI

Oltre al confino, molti degli avversari politici di Mussolini furono costretti all'esilio, cioè ad emigrare all'estero, oppure furono rinchiusi in carcere. Molti furono addirittura messi a morte. Dal 1926 il Partito nazionale fascista rimase l'unico partito ammesso dalla legge e il parlamento perse ogni potere. Le riforme adottate dal fascismo portarono all'instaurazione di un vero e proprio regime dittatoriale dove la libertà individuale non fu più garantita e gli oppositori politici, per sfuggire alle persecuzioni, erano costretti ad operare in modo clandestino.

Da questo momento non si tennero più elezioni e lo statuto Albertino del 1848, pur rimanendo formalmente in vigore, non fu osservato. La stampa fu soggetta ad una rigida censura, persino la corrispondenza postale o telefonica fu ripetutamente violata da parte del governo fascista.

IL CONSENSO E LA PROPAGANDA

Il fascismo consolidò il proprio potere attraverso l'eliminazione degli oppositori, ma cercò di ottenere il consenso, cioè l'approvazione degli italiani, anche in altri modi servendosi soprattutto dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Usò, infatti, la radio per la diffusione delle informazioni, ma solo di quelle che il regime voleva far conoscere. Si servì anche del cinema e dei documentari, proiettati prima dei film, come mezzo di propaganda per creare un'immagine positiva e rassicurante del regime fascista in Italia. Il duce, che era stato giornalista in gioventù, sapeva bene come influenzare l'opinione della gente attraverso i mezzi di comunicazione. Utilizzò per questo anche la stampa e la fotografia, si faceva infatti spesso ritrarre in pose autoritarie e nei suoi famosi discorsi il duce usava una mimica teatrale per impressionare ed influenzare la folla.

Mussolini fu senza dubbio un abile comunicatore, forse il primo dittatore ad applicare le regole della pubblicità alla propaganda politica.

LA SCUOLA

Dalla scuola, al tempo libero, allo sport, ogni mezzo serviva per far sì che tutti gli italiani fossero toccati dalla propaganda fascista.

Nelle scuole elementari fu introdotto il testo di Stato unico, compilato in base principi del fascismo. Tutta la scuola fu sottoposta al controllo del fascismo, dai libri ai programmi. Gli insegnanti, come tutti i dipendenti pubblici, dovevano avere la tessera del partito fascista. Alcuni professori universitari, che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, furono licenziati. Tra le materie insegnate l’educazione fisica aveva un ruolo importante. Per il fascismo, infatti, lo sport era altamente formativo poiché istruiva alla disciplina e all’obbedienza. Bambini e adolescenti furono inquadrati in organizzazioni giovanili di carattere paramilitare che svolgevano periodicamente marce militari, parate e cortei.

LA SOCIETÁ

La società fascista era fondata sulla famiglia e sul lavoro.

Per conquistare il consenso dei lavoratori il fascismo diede vita a una serie di circoli del dopolavoro, dove si organizzavano attività ricreative per il tempo libero. Per i bambini furono organizzate colonie al mare o in montagna. Le famiglie venivano incentivate a fare molti figli e quelle più numerose erano premiate. Mussolini realizzò, infatti, una poderosa campagna demografica. Egli voleva una popolazione numerosa che servisse la patria e contribuisse al suo sviluppo economico. Per questo coloro che non si sposavano venivano penalizzati col pagamento di una tassa ed erano i primi ad essere licenziati sul lavoro e non ottenevano mai promozioni. La donna, nell'ideologia fascista, aveva esclusivamente il ruolo di moglie e madre. Non doveva dedicarsi a null’altro che alla famiglia. Per questo venne ostacolato il lavoro fuori casa delle donne.

Una famiglia numerosa ai tempi del fascismo

L’AUTARCHIA

Mussolini e i suoi collaboratori non capivano molto di economia, tuttavia il fascismo, che era salito al potere con l'appoggio degli industriali e dei proprietari terrieri, fu attento nei primi tempi a non modificare l'organizzazione economica italiana lasciando spazio all'iniziativa privata e al libero mercato. Successivamente però le cose cambiarono e lo Stato iniziò ad intervenire sempre più pesantemente nella vita economica del paese. Questa scelta fu determinata dall'esigenza di affrontare vari problemi, tra cui la perdita di valore della lira nei confronti di altre monete.

Per arrestare la svalutazione Mussolini cercò di limitare le importazioni, mossa assolutamente anacronistica in un'epoca in cui le economie di tutto il mondo erano ormai legate da vincoli commerciali e finanziari strettissimi. Mussolini, noncurante di tutto ciò, inaugurò una politica di autarchia, parola di origine greca che significa bastare a se stessi. L'Italia doveva divenire dunque economicamente autosufficiente, nessun prodotto straniero doveva essere acquistato, in modo particolare il grano, la cui coltivazione fu ampliata a danno di altre colture come frutteti, agrumeti, vigne, oliveti, ma anche grazie alla maggiore disponibilità di terreni dovuta alla bonifica di zone paludose come, ad esempio, l'Agro Pontino.

LA ROVINA ECONOMICA

Mussolini adottò numerose misure in favore dell'economia, ma queste non bastarono a tenere l'Italia fuori dalla grave crisi mondiale che investì l'intera Europa nel 1929. Oltre alla bonifica delle Paludi Pontine, Mussolini completò l'acquedotto pugliese iniziato da Giolitti, costruì nuove centrali elettriche e ampliò la rete ferroviaria e stradale. Nonostante queste migliorie, i salari e gli stipendi diminuirono e il passaggio dal liberismo al protezionismo determinò la fine della competitività e l'aumento dei prezzi. L'autarchia indebolì così tanto l'economia italiana che verso la metà degli anni ‘30 l'Italia era ormai in pieno disastro.

Per capire quanto fosse arretrata la nostra economia rispetto a quella di altri stati europei si pensi che nel 1938:

  • In Italia c'era un’automobile ogni 100 abitanti, in Francia e in Inghilterra 1 ogni 20.
  • In Italia c'era un telefono ogni 70 abitanti, in Inghilterra 1 ogni 13.
  • Il reddito medio di un italiano era circa la metà di quello di un francese, un terzo di quello di un inglese, un quarto di quello di uno statunitense.

IL CONCORDATO CON LA CHIESA CATTOLICA

Nonostante l'evidente fallimento della politica economica fascista, Mussolini riuscì a mantenere comunque alta la sua popolarità grazie ad astute mosse politiche come il Concordato tra Stato e Chiesa, che risolse in maniera ufficiale il conflitto apertosi nel 1870 dopo la conquista di Roma. Mussolini, l’11 febbraio 1929, firmò col segretario di Papa Pio XI, i Patti Lateranensi con i quali:

  • Il papa riconobbe il regno d'Italia e Roma come sua capitale.
  • Il governo italiano assicurò alla Santa Sede piena sovranità sulla città del Vaticano, riconosciuto come stato indipendente.
  • La religione cattolica diventava religione di Stato e quindi obbligatoria in tutte le scuole pubbliche.
  • Il matrimonio religioso acquisiva anche validità civile.
  • Lo Stato avrebbe risarcito la Santa sede dei beni espropriati nel 1870.

Questa mossa politica diede a Mussolini il pieno consenso dei cattolici e la Chiesa venne presentata come alleata del fascismo.

La firma dei Patti Lateranensi tra Mussolini e il segretario di Papa Pio IX

LE LEGGI RAZZIALI

Ma gli ideali cattolici non appartenevano affatto al fascismo. A dimostrazione di ciò, nel 1938, per allinearsi alla politica della Germania nazista, il regime fascista introdusse le leggi razziali contro gli ebrei. Secondo le teorie naziste, gli ebrei appartenevano a una razza inferiore e andavano dunque considerati come cittadini diversi e pericolosi. In Italia gli ebrei erano un’esigua minoranza, rappresentavano infatti appena lo 0,1% della popolazione, erano perfettamente integrati nella società e molti avevano addirittura aderito al fascismo.

Da un giorno all'altro gli ebrei vennero emarginati dalla vita civile, sociale e politica e costretti a un'esistenza piena di difficoltà:

  • furono esclusi da tutti gli impieghi statali e dal servizio militare
  • furono espulsi dalle scuole, sia come insegnanti che come studenti
  • le loro attività professionali furono limitate
  • furono vietati i matrimoni misti

L’ANTISEMITISMO

Prima delle leggi razziali l'antisemitismo era pressoché inesistente in Italia, ma la propaganda fascista riuscì a convincere la popolazione ad aderire ad un’assurda e immotivata politica anti-ebraica. Tuttavia le misure antisemite furono in parte condannate dalla Chiesa cattolica, così come dalla maggioranza degli italiani che, disgustati dalla malvagità di tale politica e dall'alleanza sempre più stretta tra Mussolini e Hitler, cominciarono ad allontanarsi dal regime.

Created By
Chiara Spalatro
Appreciate

Report Abuse

If you feel that this video content violates the Adobe Terms of Use, you may report this content by filling out this quick form.

To report a Copyright Violation, please follow Section 17 in the Terms of Use.