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Renzo, Milano e la rivolta del pane capitoli XI XII XIII XIV XV dei Promessi sposi

11 novembre 1628

Milano

Renzo arriva in città in un giorno particolare: Il giorno del "tumulto di San Martino o rivolta del pane"

Un fatto storico reale e veramente accaduto.

"Renzo, salito per un di que' valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell'ottava meraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino..." cap XI

Ecco qui il nostro Renzo che dopo aver ammirato il Duomo di cui aveva tanto sentito parlare, cerca il luogo in cui si deve recare.

Renzo chiede e segue le indicazioni dategli e giunge presto a Porta Orientalei. La strada che conduce entro le mura della città è tortuosa, con al centro un piccolo fossato che la divide in due.

La strada è deserta e la città pare disabitata, salvo il fatto che in lontananza si sente un vocio confuso

Che cosa sta succedendo secondo voi?

Renzo prosegue il cammino e, a un tratto, vede sul terreno delle lunghe strisce bianche che sembrano di neve, cosa impossibile anche per la stagione dell'anno; il giovane osserva con più attenzione e scopre, con enorme sorpresa, che si tratta di farina. Renzo pensa che a Milano debba regnare l'abbondanza, visto che la farina viene sciupata in questo modo, ma poco dopo, giunto vicino alla colonna di S. Dionigi, vede sugli scalini del piedistallo delle cose simili a pagnotte e, incuriosito, ne raccoglie una: si tratta proprio di un pane tondo e soffice, bianchissimo, il che riempie il giovane di meraviglia e lo induce a pensare che questo sia il "paese di cuccagna", visto che il pane viene gettato via così e per di più in tempo di carestia. Renzo riflette sul da farsi e poi decide di raccogliere alcuni pani, dal momento che sono stati buttati per terra, ripromettendosi di pagarli al proprietario se mai lo incontrasse

Cosa intuiamo qui del carattere di Renzo? qual è il suo atteggiamento?

Renzo prosegue e dopo un po' vede arrivare gente, a cominciare da una donna, un uomo e un ragazzo: tutti e tre portano un carico pesante, sono infarinati e sembrano pesti, doloranti.

Questa è una delle famose descrizioni Manzoniane. Che ci vuol far capire l'autore?

Appena mosso, vide spuntar gente che veniva dall’interno della città, e guardò attentamente quelli che apparivano i primi. Erano un uomo, una donna e, qualche passo indietro, un ragazzotto; tutt’e tre con un carico addosso, che pareva superiore alle loro forze, e tutt’e tre in una figura strana. I vestiti o gli stracci infarinati; infarinati i visi, e di più stravolti e accesi; e andavano, non solo curvi, per il peso, ma sopra doglia, come se gli fossero state peste l’ossa. L’uomo reggeva a stento sulle spalle un gran sacco di farina, il quale, bucato qua e là, ne seminava un poco, a ogni intoppo, a ogni mossa disequilibrata. Ma più sconcia era la figura della donna: un pancione smisurato, che pareva tenuto a fatica da due braccia piegate: come una pentolaccia a due manichi; e di sotto a quel pancione uscivan due gambe, nude fin sopra il ginocchio, che venivano innanzi barcollando. Renzo guardò più attentamente, e vide che quel gran corpo era la sottana che la donna teneva per il lembo, con dentro farina quanta ce ne poteva stare, e un po’ di più; dimodoché, quasi a ogni passo, ne volava via una ventata. Il ragazzotto teneva con tutt’e due le mani sul capo una paniera colma di pani; ma, per aver le gambe più corte de’ suoi genitori, rimaneva a poco a poco indietro, e, allungando poi il passo ogni tanto, per raggiungerli, la paniera perdeva l’equilibrio, e qualche pane cadeva.
- Buttane via ancor un altro, buono a niente che sei, - disse la madre, digrignando i denti verso il ragazzo. - Io non li butto via; cascan da sé: com’ho a fare? - rispose quello. - Ih! buon per te, che ho le mani impicciate, - riprese la donna, dimenando i pugni, come se desse una buona scossa al povero ragazzo; e, con quel movimento, fece volar via più farina, di quel che ci sarebbe voluto per farne i due pani lasciati cadere allora dal ragazzo. -

Effettuate ora una breve ricerca on line e trovate questi dati:

Che cosa è stata la Rivolta di San Martino?

Chi era il governatore in carica a Milano in quei giorni?

Perché è avvenuta questa famosa rivolta?

Avete 10 minuti per fare una breve ricerca storica e per collegare quindi queste notizie alla tipologia del romanzo di Manzoni.

Siamo alla fine del capitolo XI

Renzo raggiunge il convento dei cappuccini, mette via il pane che stava mangiando, prepara la lettera di padre Cristoforo e tira il campanello. Si apre uno sportello con una grata e il frate portinaio gli domanda cosa voglia: Renzo dice di dover consegnare al padre Bonaventura una lettera di padre Cristoforo, al che il frate gli domanda di darla a lui. Il giovane rifiuta e il portinaio gli consiglia di attendere in chiesa il ritorno del padre.Il giovane, dopo essersi incamminato verso la chiesa, è poi attratto dall'idea di vedere da vicino il tumulto: si dirige pertanto verso il vociare del popolo, incuriosito, mentre sbocconcella la mezza pagnotta che gli è rimasta. L'autore interrompe il racconto per spiegare le cause e le origini di quella sommossa popolare. ( che tu hai già indagato per conto tuo)

Nella strada chiamata Corsia dei Servi c'è un forno che ai tempi dell'autore ha ancora lo stesso nome, ovvero il forno delle Grucce.  Il popolo in tumulto corre verso questa bottega, dove il garzone è appena tornato privo del suo carico, e ben presto chi è all'interno sente l'urlo orrendo della folla che si avvicina. I proprietari si affrettano a sprangare porte e finestre e qualcuno va a chiedere l'intervento del capitano di giustizia, mentre intanto il popolo urla all'esterno "pane! aprite!"

Siamo al capitolo XII. Renzo arriva sbocconcellando il suo pane e si ritrova ad osservare la scena.

“Questa poi non è una bella cosa”, disse Renzo tra sé: “se concian così tutti i forni, dove voglion fare il pane? Ne’ pozzi?” Ogni tanto, usciva dalla bottega qualcheduno che portava un pezzo di cassone, o di madia, o di frullone , la stanga d’una gramola , una panca, una paniera, un libro di conti, qualche cosa in somma di quel povero forno; e gridando: - largo, largo, - passava tra la gente. Tutti questi s’incamminavano dalla stessa parte, e a un luogo convenuto, si vedeva. “Cos’è quest’altra storia?” pensò di nuovo Renzo; e andò dietro a uno che, fatto un fascio d’asse spezzate e di schegge, se lo mise in ispalla, avviandosi, come gli altri, per la strada che costeggia il fianco settentrionale del duomo, e ha preso nome dagli scalini che c’erano, e da poco in qua non ci son più . La voglia d’osservar gli avvenimenti non poté fare che il montanaro, quando gli si scoprì davanti la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la bocca aperta. Studiò poi il passo, per raggiunger colui che aveva preso come per guida; voltò il canto, diede un’occhiata anche alla facciata del duomo, rustica allora in gran parte e ben lontana dal compimento e sempre dietro a colui, che andava verso il mezzo della piazza.

E così Renzo segue la folla e si trova coinvolto in qualcosa più grande di lui.

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Immaginiamo la stessa situazione oggi . Vostra. Che fareste? Seguite la folla? O dareste retta alla ragionevolezza? Scrivete per 5 minuti

siano davanti alla casa del Vicario di Provvisione che la gente crede il colpevole di quella situazione. La casa è presa d'assedio

Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vecchio mal vissuto, che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, con che diceva di volere attaccare il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse.
- Oibò! vergogna! - scappò fuori Renzo, inorridito a quelle parole, alla vista di tant’altri visi che davan segno d’approvarle, e incoraggito dal vederne degli altri, sui quali, benché muti, traspariva lo stesso orrore del quale era compreso lui. - Vergogna! Vogliam noi rubare il mestiere al boia? assassinare un cristiano? Come volete che Dio ci dia del pane, se facciamo di queste atrocità? Ci manderà de’ fulmini, e non del pane!
- Ah cane! ah traditor della patria! - gridò, voltandosi a Renzo, con un viso da indemoniato, un di coloro che avevan potuto sentire tra il frastono quelle sante parole. - Aspetta, aspetta! È un servitore del vicario, travestito da contadino: è una spia: dàlli, dàlli! - Cento voci si spargono all’intorno. - Cos’è? dov’è? chi è? Un servitore del vicario. Una spia. Il vicario travestito da contadino, che scappa. Dov’è? dov’è? dàlli, dàlli!
Renzo ammutolisce, diventa piccino piccino, vorrebbe sparire; alcuni suoi vicini lo prendono in mezzo; e con alte e diverse grida cercano di confondere quelle voci nemiche e omicide. Ma ciò che più di tutto lo servì fu un - largo, largo, - che si sentì gridar lì vicino: - largo! è qui l’aiuto: largo, ohe!

La descrizione del vecchio mal vissuto é molto famosa. Individua sul taccuino gli elementi che la compongono ( fisici soprattutto) e ricalcala scegliendo tu una persona da descrivere.

Confronta con il brano della prof.