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SUI TUOI PASSI preghiera mercoledì 29 aprile

Una provocazione musicale

In mezzo alla tempesta noi siamo ancora qui \ tenendoci più forte per non perderci \ vedrai che cambierà cambierà e se cambierà \ vale anche perdonare perdonare \ non è mai facile \ rialziamoci da terra, ripartiamo da qui \ se ancora due destini dicono di sì \ lo so che cambierà cambierà e se cambierà.

Nel nuovo singolo Perdonare Nek mette in musica il perdono e analizza la rinascita del rapporto fra un uomo e una donna. Il tema della canzone ci porta al cuore di una virtù dimentica o fraintesa: la mitezza.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Per la riflessione

La venuta del regno è colta dai piccoli, ovvero da coloro che non hanno potere di parola rispetto ai dotti e ai sapienti che sanno invece creare congetture e deduzioni logiche ineccepibili. Il regno dei cieli è questione di sensazioni e percezioni, a volte anche lievi e delicate, non il frutto di un teorizzare astratto e inconsistente.

Un bimbo vive nel qui e ora perché si sente custodito e protetto. E il suo sguardo rimane radicato nel momento presente. Ha bisogno di poco per essere felice e trasforma ogni cosa in occasione di gioco.

Chi possiede l'amore di Dio, vi trova tanta gioia che ogni amarezza gli si trasforma in dolcezza, e ogni gran peso gli si fa leggero. Non c'è da stupirsene, perché, vivendo nella carità, si vive in Dio (Santa Caterina da Siena)

Il mite non è colui a cui va bene tutto: non è un sottomesso che subisce le esigenze dell'altro; non è uno che si adatta o si adegua perché non ha aspirazioni e non ha gusti; non è uno che tira avanti prendendo quello che viene, accettando quello che capita.

Il mite sa chi è: è consapevole della sua identità e della sua dignità, e la difende; sa cosa vuole: ha coscienza della sua vocazione e la persegue fino in fondo con coerenza e determinazione; ha dei valori chiari: li vive con fedeltà e senza compromessi. Il mite percorre la via della misericordia, dell'umiltà, della semplicità.

Gesù è l'icona del mite: incarnazione della misericordia di Dio, dedito nella bontà alla cura dei piccoli e dei poveri, ma, nello stesso tempo, determinato e forte. Intende compiere il disegno del Padre sulla sua vita per il bene del mondo, e lo fa con decisione. Lui stesso si definisce «mite e umile di cuore»: accoglie chi è stanco e oppresso per dare ristoro, impone un giogo, ma esso è dolce e leggero.

La mitezza è una virtù che esige esercizio. Crescendo passa attraverso la sofferenza e la prova, il controllo e il dominio di sè, dei propri istinti e del proprio temperamento; cresce coltivando punti di riferimento valoriali solidi e inamovibili; cresce custodendo relazioni che si purificano da ogni logica di possesso e strumentalizzazione.

Preghiera

Signore, nel silenzio di questo giorno che nasce, vengo a chiederti pace, sapienza e forza. Oggi voglio guardare il mondo con occhi pieni di amore; essere paziente, comprensivo, umile dolce e buono. Vedere, dietro le apparenze, i tuoi figli, come tu stesso li vedi, per poter così apprezzare la bontà di ognuno. Chiudi i miei orecchi alle mormorazioni, custodisci la mia lingua da ogni maldicenza; che in me ci siano solo pensieri che dicano bene. Voglio essere tanto bene intenzionato e giusto da far sentire la tua presenza a tutti quelli che mi avvicineranno. Rivestimi della tua bontà, Signore, fa' che durante questo giorno, io rifletta te. Amen.

La mitezza è garanzia di futuro e segno di speranza. Martina è la protagonista del film L'uomo che verrà di Giorgio Diritti. Da quando le è morto il fratellino ha smesso di parlare e si è chiusa in un silenzio estremo; vive con la sua famiglia, tra la sua gente, sui colli alle pendici del Monte Sole.

Siamo negli anni della Seconda Guerra Mondiale, e quella terra sarà il palcoscenico in cui si svolge l'assurdo e drammatico eccidio di Marzabotto. Di fronte al potere del male tutto sembra destinato a soccombere, eppure proprio Martina, che ha trovato una nuova ragione di vita nell'arrivo di un fratellino, diventa il segno della possibilità di riscatto e di futuro.

Martina è determinata e riuscirà a nascondere il neonato, a nutrilo e ad accudirlo, perché in quel villaggio in cui tutti sono sterminati qualcuno possa sopravvivere, seme di grano buono, bene schiacciato non distrutto.

La sequenza finale mostra Martina di spalle, seduta sul tronco di un albero come su di un'altalena, con il fratellino in braccio: gli unici scampati alla follia. Martina gli canta una ninnananna: Martina ha ritrovato la parola. È la parola della vita che vince su quella della morte, del bene sul male, del futuro sul passato.

Credits:

Creato con immagini di Drif Riadh - "Travel and you will born for a second time" • Nathan Dumlao - "untitled image"