Fortificazioni, Purtiello e Torre della Spiga ©ARCHEO MAPPA. OPEN DATA CHIAROMONTE (PZ) - NUOVI FERMENTI

Cinta e torri di fortificazioni

L’abitato medievale si presenta come un impianto urbano formatosi con aggiunte e accrescimenti successivi. L’orografia è particolarmente marcata sul versante settentrionale e molto più lieve su quello meridionale degradante verso il Sinni. L’articolazione e l’estensione del centro storico non possono essere unicamente ricondotti alla fase normanna, ma probabilmente contengono una significativa fase pre-normanna dalla quale si avvia l’ampliamento dei secc. XI-XII d.C. (VITALE 2015, pp. 12-23). Anche le attività di survey effettuate nel territorio del comune di Chiaromonte non hanno permesso di evidenziare e, quindi delineare, la fase altomedievale (MANZELLI 2001, pp. 113-152); il dato farebbe propendere verso l’idea di una contrazione dell’abitato sparso delle campagne circostanti in favore di una maggiore concentrazione abitativa e difensiva in altura.

Nel 1660 la stima della Terra di Chiaromonte venne affidata al Tavolario Giuseppe Gallarano il quale approntò un “apprezzo” con i disegni ed una dettagliata relazione sul sito fortificato di Chiaromonte e sulla sua popolazione.

Detta Terra è situata sopra una montagna eminente al mezzo giorno coverta da un lato terra della istessa montagna con scoverti de quantità de miglia da lungo si entra nella terra predetta per tre parti serrate de mura antiche, ove formano da parte in parte alcuni torrioni tondi, et torri quadre ad uso antico de mura per detta antichità sono in molta parte rovinate, et cascate, ma per l’assise di detta Terra et l’apprezzo della (…) la maggior parte sopra pietre vive, et unione di case viene a formare detta Terra forte, che con poca gente si possono difendere da moltitudine grande di nemici (STIGLIANO 1996, pp. 27-28, 125-143)”.

Il paese sorge su un rilievo orografico che nel punto più alto, la sommità del Catarozzolo raggiunge i 790 m. s.l.m. e si presenta come una delle creste sommitali che divide il Serrapotamo dal Sinni. L’orografia è particolarmente accentuata sul versante affacciato sul Serrapotamo e molto più dolce su quello degradante verso il Sinni. Sullo stesso pendio occidentale, la presenza di improvvisi salti di quota determinati da paleofrane, qualche volta di notevoli dimensioni come intorno al Calancone, ha favorito anche lo sfruttamento di tutte le opportunità offerte dal terreno per approntare la difesa della cittadina.

L’espansione di epoca normanno-sveva è da porre immediatamente a valle ed è delimitata dalla direttrice corrispondente a via Arnaldo da Brescia che segnala un secondo e ancora più accentuato terrazzamento naturale. All’interno della nuova espansione un importante caposaldo è costituito dalla chiesa di Santa Maria Melfitana, attualmente dell’Immacolata Concezione, a valle della quale ed in corrispondenza di via Cirillo è da ipotizzare la presenza di un eventuale porta della cinta urbana normanna (VITALE 2015, pp. 12-23).

Lo sviluppo urbano di Chiaromonte è caratterizzato dall’allineamento a schiera degli edifici sul versante del Sinni lungo le linee parallele, perpendicolari al pendio e degradanti per successivi terrazzamenti. Il paese tende a svilupparsi verso il basso per successive adduzioni di nuovi aggregati a schiera.

Un secondo ampliamento dell’abitato antico è leggibile in tutto l’edificato a valle di via Arnaldo da Brescia. È databile alla fase corrispondente all’inizio e consolidamento del dominio sanseverinesco sulla cittadine e trova il caposaldo principale nella edificazione della nuova parrocchiale, la chiesa di San Giovanni Battista, che in corrispondenza di un terzo ed ancor più accentuato terrazzamento naturale, materializza l’allineamento della cinta muraria tardomedievale.

Quest’ultima, rimaneggiata e restaurata nei secoli successivi è ancora chiaramente individuabile in molti tratti ed intuibile in altri; ingloba oltre ai nuclei urbani preesistenti, l’intero quartiere adiacente la chiesa di San Giovanni ed il piazzale delle Torri della Spiga (VITALE 2015, pp. 12-23).

A valle della Chiesa Madre l’individuazione della perimetrazione medievale è resa problematica dall’accavallarsi degli addossamenti alla cinta realizzata dall’edilizia ottocentesca e di inizio novecento.

Muovendo dal Calancone in direzione del Portone (l’unico varco nelle mura ancora ben conservato), il percorso della cinta fortificata coincide grosso modo con la direttrice dei vicoli a valle di via Mario Pagano fino a saldarsi con la porta sottostante la chiesa Madre. L’edilizia minuta a valle di San Giovanni, compreso il Portone, è da interpretare come uno sviluppo caotico formatosi a ridosso della cinta tardomedievale coincidente all’incirca con l’affaccio a valle di via Mario Pagano e la Chiesa Madre.

Il cd. purtiello, anch’esso restaurato nei primi anni del XXI secolo, e pertanto in ottimo stato di conservazione, permette di comprendere come fosse organizzato uno dei varchi all’area fortificata di Chiaromonte durante il XIV secolo d.C.

Oggi si presenta con una copertura sulla sommità con cinque file di coppi, sicuramente non dettata da fonti storiche o documentarie alcune.

Il varco d’ingresso, del tipo a tutto sesto, è inquadrato con grossi blocchi di puddinga ben squadrati di lato cm 40x40, ma del tutto assenti sono tracce di decorazione; si sviluppa in altezza per oltre m 8, nascendo in un punto che le permette, vista la forte pendenza naturale del terreno, di sembrare decisamente più alta raddoppiando le sue misure per la funzione propria che le competeva.

Dalla parrocchiale, la direttrice delle mura, sviluppandosi lungo il terrazzamento che guarda il Sinni, si congiunge con il seminario.

Dal Palazzo Vescovile la cinta muraria coincidente prima con il bordo a monte e poi con quello a valle dell’attuale via Vittorio Emanuele, giunge fino alla torre angolare del Palazzo di Giura per svoltare verso il castello. La torre segna il limite occidentale dello sviluppo medievale di Chiaromonte e, restaurata con l’inglobamento del Palazzo di Giura, è la meglio conservata.

Per tentare di ipotizzare una ricostruzione quanto più rispondente al vero del circuito fortificato urbano di Chiaromonte, composto da mura e torri, bisogna proprio prendere le mosse dall’abbattuta porta medievale definita “Muro della Porta”, al quale doveva presumibilmente essere localizzata nelle immediate vicinanze di quello che oggi è il palazzo degli uffici.

Seguendo da questa posizione in direzione orientale si incontra a meno di 100 m la prima delle torri circolari superstiti. Questa, riutilizzata quale torre del palazzo dei baroni di Giura, in seguito al riutilizzo che ne ha stravolto in parte la fisionomia con l’aggiunta di merlature sommitali, esclusivo gusto dei baroni, è al momento in fase di restauro; fino a pochi anni fa albergava la sala cosiddetta Cinese (così denominata per la collezione di oggetti di manifattura cinese qui riportati dal viaggio di ritorno in Italia da parte di uno dei membri Di Giura, mandarino alla corte imperiale cinese) e la biblioteca di palazzo.

Esternamente sono visibili una serie di finestre bifore, gusto del rifacimento dei Di Giura e certamente elementi non riconducibili alla fase originaria della torre stessa; all’interno, una scala lignea a chiocciola permette di raggiungerne la sommità da cui si può godere della completa vista della porzione orientale di Chiaromonte lungo tutta la valle del Sinni.

I materiali costruttivi impiegati sono prettamente blocchi spaccati di roccia metamorfica (cosiddetta puddinga) di facilissima reperibilità nel territorio urbano del paese, costituito esclusivamente da questo strato geologico.

Il monumento originariamente doveva fa parte cronologicamente al XIV sec. d.C., momento in cui si insediano i conti Sanseverino.

Procedendo verso nord lungo la direttrice costituita dalla torre del palazzo Di Giura, sono visibili in sequenza due torri, ambedue quadrate, a cui fa seguito una successiva torre circolare, tutte riferibili al XIV sec. d.C.

La prima di queste torri quadrate presenta una notevole elevazione rispetto a quella immediatamente successiva, con uno spessore murario di ca. 80 cm. Riprende gli stessi moduli costruttivi di tutto il sistema fortificato di questa fase.

La successiva torre di fortificazione, ovvero la terza dalla torre del palazzo Di Giura, è stata notevolmente rimaneggiata durante il secolo XX. Attualmente assolve funzioni di uso abitativo, essendo stata inglobata nelle murature di un’abitazione. Presenta nella facciata esterna cinque finestre; alla sommità è visibile un tetto a doppio spiovente rivestito con tegole moderne da cui fuoriesce la cappa di un camino. Numerose sono state anche le risarciture nel prospetto orientale, con visibile l’impiego di materiali moderni.

La successiva torre a pianta circolare con i suoi dieci metri circa di altezza, presenta un buono stato di conservazione, dovuto con buone probabilità alla manutenzione intercorsa tra ‘800 e ‘900 da parte della famiglia Di Giura.

Gli spessori murari della struttura raggiungo anche in questo caso ca. 80 cm. Può essere definita, come anche le altre, una torre della tipologia “a lato interno aperto”.

Oggi si mostra, all’esterno per lo più avvolta dall’edera, mentre l’interno e quasi completamente colmata da riempimento terroso. Non presenta elementi decorativi o feritoie, quest’ultime molto probabilmente tamponate durante il secolo scorso.

La linea di difesa in questo punto viene fatta avanzare in direzione Est con la costruzione di un pesante terrazzo in muratura, il quale costituisce il basamento fortificato dello stesso castello Sanseverino, posto appena ad Ovest.

Segue in direzione Nord un’altra torre a pianta circolare, la quale saldava la cinta interna con l’esterna tramite il lungo muro che giace sullo spiovente settentrionale del Catarozzolo e che doveva arrivare, passando dal castello Sanseverino fino all’area detta “Torre della Spiga”. La torre, conservata come la precedente nelle sue dimensioni originali, fu riutilizzata internamente nel piano superiore quale pollaio e legnaia da parte delle suore che vissero dagli inizi dell’800 il palazzo Sanseverino, in seguito all’acquisto da parte della diocesi di Tursi-Lagonegro dopo l’eversione feudale napoleonica.

Proseguendo verso occidente si giunge alla sesta torre a gestire la difesa del versante nord-occidentale del centro di Chiaromonte, cui attualmente è addossata una costruzione moderna. Fortemente modificata nella sua planimetria originale dal passaggio di una strada comunale che in pratica l’attraversa, è stata con buone probabilità ulteriormente demolita per poter riutilizzare il materiale lapideo nell’edilizia privata dell’area.

Si presenta nel suo sviluppo altimetrico con un elevato notevolmente ridotto rispetto alle altre torri finora descritte, con un’altezza di ca. 3 m. Lo spessore murario risulta essere a differenza più consistente, variando da m 0.80 a m 1.

Il materiale impiegato nella costruzione rimane lo stesso degli altri elementi difensivi, nella forma di blocchi spaccati di medie dimensioni messi in posa su corsi prettamente irregolari. La tecnica costruttiva in strutture del genere conserva un elevato sapere tecnico, ma una scarsa concezione “artistica”, stilisticamente dozzinale nella fattura.

In facciata si conserva un’unica feritoia, orientata in direzione occidentale, perfettamente in comunicazione visiva del ridotto fortificato del limitrofo centro di Teana.

In linea con questa in direzione S/W è possibile incontrare un’altra torre a pianta circolare, la settima in ordine. Particolarmente minuta in planimetria (conserva un diametro di poco superiore ai 2 m), si conserva per ca. 1 m in alzato. Lo stato di conservazione dell’edificio, seppur deplorevole, permette di avere un’idea della sua imponenza riguardo lo spessore murario, in tutto simile alla torre numero 6, sopra descritta. La piccola torre rivolta alla guardia del versante nord-occidentale del centro fortificato di Chiaromonte, si apriva con un piccolo accesso in direzione interna verso S/E.

Tra queste due torri è emerso da un sondaggio effettuato durante le ultimi indagini archeologiche condotte dalla allora Soprintendenza Archeologica di Basilicata in riferimento ai lavori di risistemazione dell’area, un tratto di mura di fortificazione rasato all’altezza dell’attuale piano di campagna. Questo, con andamento NE-SW, chiudeva il passaggio tra le due torri appena descritte.

L’area che segue in direzione occidentale è composta da altre due strutture difensive: la prima, definibile quale ottava torre nell’ordine utilizzato, presenta pianta circolare, mentre la nona si sviluppa in planimetria con una pianta triangolare.

L’area in cui sorgono queste strutture è stata oggetto di interventi con un progetto di riqualificazione e costruzione di un’area spettacolo a forma di cavea teatrale. L’intervento ha previsto il restauro delle due torri e, in concomitanza dello scavo della stessa cavea sono state portate avanti attività di sorveglianza e successivamente al ritrovamento di stratigrafie archeologiche e strutture murarie diverse ha fatto seguito lo scavo stratigrafico dell’area tutta.

La realizzazione di copertine sommitali in muratura è stata dettata dal forte degrado della murature così come sono state trovate prima di iniziare i lavori e per poter nel tempo proteggere la struttura dalle attività meteoriche.

La torre in questione presenta allo stato attuale un’altezza dalla base esterna di m 7.30, che diventano 5 dal piano pavimentale interno, pertanto costruita su uno sperone roccioso a forte pendenza. Lo spessore murario anche in questo caso varia tra gli 80 cm e 1 m. Internamente la struttura presenta un’organizzazione degli elementi simmetrica tra la porzione occidentale e quella orientale, collocando gli stessi elementi su ambo i lati; difatti nella porzione inferiore (in quello che doveva essere il piano terra della torre) sono presenti due feritoie, divise al centro tra loro da un elemento riconducibile ad un focolare (vistose sono ancora oggi le tracce di combustione sugli elementi lapidei e gli stessi laterizi presentano tracce di concotto).

A metà dello sviluppo in altezza, sono visibili quattro incassi per travi ha denotare il fatto che l’interno era diviso in un piano terra e in uno superiore.

Al piano superiore si ritrovano due strette feritoie orientate una verso ovest e una verso N/E.

Immediatamente a ridosso del focolare si trova il piano pavimentale originario composto da mattoni cotti messi in posa di taglio a coprire una superficie di ca. 1 m2, mentre la rimanente superficie pavimentale superstite è composta dagli stessi mattoni posti di piatto. Questo si alterna con alcuni lacerti pavimentali in terra battuta, i quali dovrebbero far riferimento piuttosto al piano originario di preparazione per la posa stessa dei mattoni superstiti.

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