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Artrosi Vertebrale: il ruolo delle Catene Muscolari sui segmenti della colonna

Ormai ne sentiamo di tutti i colori.

La volontà iconoclasta di qualche ultras EBM ha iniziato un’altra delle sue guerre, quella alle discipline che si occupano di postura e dintorni.

Postura non intesa come la posizione da tenere durante le attività lavorative e quotidiane, no, parlo di quella che tratta dell’insieme dei segmenti corporei di un essere umano e che manifesta, nella sua complessità, l’insieme dei dati della personalità di un paziente, in rapporto ad un determinato contesto.

Postura atteggiata in avanti, basculata in dietro, chiusa qui, aperta là.

I globalisti più bravi la vedono, la riconoscono, la fiutano; quelli più scarsi la sopravvalutano, ci speculano sopra, giudicano.

I settorialisti più saggi ne tengono conto durante la loro valutazione tecnica, ma quelli più scarsi sogghignano al solo pronunciare la parola postura. I nuovi talebani si proclamano fieri di potere snobbare questo aspetto tecnico dal sapore vagamente new-age, forti della presunta libertà di pensiero dettata da credenze attinte dallo scientismo EBM, il nuovo medioevo tecnico.

Cenni di Biomeccanica della colonna vertebrale

Andremo ora ad introdurre il funzionamento strutturale della colonna.

Naturalmente per fare questo bisogna andare oltre il vetusto concetto di alternanza di lordosi e cifosi, ma bisogna addentrarsi in modo più accurato nella biomeccanica umana.

Ecco qualche rapido richiamo alla biomeccanica vertebrale secondo GDS:

La colonna si divide in archi e segmenti, in questo articolo accenneremo solo ai segmenti, tratti di colonna vertebrale allineati su una linea retta che ne compongono la forma e ne gestiscono il movimento.

Il segmento dal coccige a L3 è chiamato proclive inferiore

Il segmento da L2 a T8 è chiamato declive inferiore

Il segmento da D8 a C5 è chiamato proclive superiore

Il segmento da C4 a C1 è chiamato proclive superiore

Rapidamente ed in modo schematico andiamo ad analizzare le caratteristiche di ogni segmento vertebrale.

PUNTI DEBOLI DEI DIFFERENTI SEGMENTI

Il peso del corpo è più importante nella parte anteriore della colonna vertebrale.

I segmenti proclivi portano il peso di ciò che è sotto di loro (la cassa toracica per il superiore e l'addome per l'inferiore)

I segmenti proclivi lavorano di più nel piano sagittale in flesso-estensione.

I segmenti declivi supportano ciò che è sopra di loro (il peso della testa per il superiore e quello del torace per l'inferiore), i segmenti declivi sono più sollecitati in rotazione (ci sono d'altronde le vertebre più alte situate sul segmento). Le vertebre più rotatorie dei segmenti declivi sono le più rotatorie: C1 per il superiore e T8 per l'inferiore.

Forze esercitate sul segmento proclive inferiore

La gravità trascina questo segmento in flessione anteriore in modo più incisivo rispetto al peso dell'addome.

Le catene antero-posteriore, in particolare lo psoas, rinforzano questa tendenza.

Le catene postero mediane si oppongono a questa tendenza come perfette catene miofasciali che mantengono la verticalità, a condizione che le fibre più profonde del grande gluteo possano trovare un punto fisso femorale. Questo dipende in gran parte dal mantenimento della libertà del ginocchio di cui avremo occasione di riparlare. La parte caudale degli erettori del rachide (che portava prima il nome di massa comune) sotteso dal grande gluteo che prende punto fisso in basso, può allora dare punto fisso ai muscoli paravertebrali per frenare la caduta in avanti) di questo segmento.

Forze esercitate sul segmento proclive superiore

La gravità aggiunta al peso del torace tende a fletterlo in avanti). Le catene anteromediane (retto dell’addome e gran pettorale che flettono anteriormente il tronco) rinforzano questa tendenza.

La fascia viscerale endotoracica di AP che sospende il centro frenico alla colonna da C7 a D4 pesa anch'essa su questo segmento.

Le catene posteriori e mediane si oppongono e sono molto spesso contratte in difesa in questa regione.

Forze esercitate sul segmento declive inferiore

La gravità tende a trascinarlo posteriormente.

Le catene anteromediane (retti dell’addome e grandi pettorali) che con la loro azione cifotizzante favoriscono il crollo posteriore di questo segmento rinforzano l'azione della gravità.

Le catene posteriori e mediane non sono di grande soccorso a questo livello anche se costituiscono una barriera convessitaria contro la cifosi. Sono i pilastri del diaframma ad essere i migliori a raddrizzare questo segmento all'inspiro, come un paracadute ascensionale. All'espiro il diaframma con la risalita del suo centro frenico si comporta come un paracadute e frena la tendenza naturale all'assestamento posteriore di questo segmento.

Forze esercitate sul segmento declive superiore

Il peso della testa sebbene squilibrato in avanti tende a schiacciare il collo.

Le catene antero mediane, più particolarmente i muscoli ioidei, rinforzano la tendenza alla flessione anteriore della testa e possono anche, nell'eccesso, istallare una inversione della curva cervicale.

Le catene posteriori e mediane frenano questa caduta in avanti ma possono nell'eccesso basculare la testa indietro trascinando C1 C2 C3 in avanti.

Il lungo del collo, degno rappresentante della catena postero anteriore nel suo feudo, è il guardiano dell’erezione cervicale, ma ancora una volta bisogna che gli altri muscoli, appartenenti a catene diverse, gliene lascino la possibilità.

Il ruolo delle Catene muscolari AM e PM nell’instaurarsi dei differenti tipi di artrosi vertebrale

AM

La AM funziona con la nutrizione, con il portare a sé il cibo, il rapporto con l’archetipo Madre ha come canale preferenziale l’oralità, sia intesa come parola che cura, che come nutrizione, ingestione di cibo nello stomaco. Il bolo alimentare nello stomaco seda il vuoto di AM, il vuoto di amore che sta alla base di questa tipologia affettiva.

Il corpo si arrotola in avanti, nell’atto di accogliere l’altro, con l’esofago che, insieme ai retti dell’addome e alle fibre inferiori dei muscoli pettorali, cifotizza la colonna.

Secondo GDS lo starter di queste attivazioni neuromuscolari è da riferire alla sfera comportamentale, al substrato psicologico che orienta l’utilizzazione corporea di ognuno di noi. Questa specifica programmazione gestuale e la conseguente immagine motoria è frutto della genetica e dell’acquisito, ossia siamo la postura dei nostri avi e siamo il frutto delle esperienze formative durante la crescita, tutto ciò che ci “segna” e ci “insegna” nella vita.

Nell’AM l’attivazione dei neuro-viscero-pattern miofasciali anteriori è preferita a quella somatica osteomuscolare posteriore. Lo starter dell’attivazione è situato davanti, nella zona anteriore e mediana del corpo. Il viscerotomo prevale sullo sclerotomo.

Nel segmento proclive della colonna toracica, le tensioni AM, in particolare quelle interne dell’esofago, rinforzano gli effetti della gravità: la vertebra sopra è trascinata in flessione rispetto a quella sotto.

La pressione sul disco inter-vertebrale è forte e spesso favorisce le ernie discali intra-spongiose.

Le faccette articolari posteriori sono decoaptate e disincastrate, i piccoli muscoli a contatto con i legamenti interspinosi, intertrasversari e i multifidi si spasmano in difesa, il che spiega i dolori rilevati alla palpazione della regione posteriore della colonna. I muscoli paravertebrali di PM sono anch’essi molto spesso reattivi (in particolare i muscoli spinosi).

L’AM aumenta i rischi di affossamento posteriore del segmento declive dell’arco inferiore della colonna.

Questo fenomeno è più frequente a livello della dodicesima vertebra toracica e della prima vertebra lombare, sfociando a volte in fenomeni artrosici che potrebbero far pensare a dei postumi di frattura da compattazione.

La vertebra sopra è, anche qui, in flessione anteriore in rapporto a quella sotto, aumentando la pressione discale e lo stiramento delle strutture legamentose posteriori. E’ il terreno dell’artrosi somatica anteriore e del morbo di Sheuermann.

PM

La catena PM ti propelle in avanti, verso l’azione, la performance, il futuro.

Se sei una persona PM e per giunta funzioni in PM, sei un visivo, funzioni con le immagini, guardi davanti a te, hai obiettivi chiari e ben formati. Sei uno che ti sei fatto da te e ti sei costruito una carriera passando sopra a diverse prove che la vita ti ha messo davanti.

E’ una tipologia yang, ma nella società moderna ci sono molti individui di sesso femminile PM che funzionano bene in PM. Spesso succede quando tra i modelli educativi che riceve il bambino durante l’onda di crescita si incide maggiormente la figura paterna. L’archetipo del Padre è quello che incarna la PM e che guida il suo tipo di “alone” comportamentale.

Che cosa succede a livello segmentario, vale a dire nelle articolazioni inter-vertebrali quando sei dominato da una catena PM?

Normalmente le vertebre si articolano tra di loro in due modi: nella parte posteriore, grazie a due processi articolari e, anteriormente, a livello dei loro corpi separati dai dischi inter-vertebrali.

Da un punto di vista meccanico, esse funzionano come una leva di primo grado, con un fulcro, un interappoggio che permette di diminuire la pressione sui dischi inter-vertebrali che giocano così un ruolo di ammortizzatori. Da qui, le articolazioni posteriori sono quelle che subiscono la pressione maggiore.

Nella dinamica, cioè nei movimenti a grande ampiezza della colonna vertebrale, le tre articolazioni vengono messe in gioco, le articolazioni tra i corpi vertebrali e i dischi intervertebrali giocano il ruolo di guida durante gli innumerevoli “colori” del movimento rachideo.

Tutti questi elementi di biomeccanica conducono ad ipotizzare gli effetti di una iper attività della catena PM su queste articolazioni. Essa fissa la vertebra superiore in “flessione posteriore” detta di “estensione” rispetto alla vertebra sottostante e questo fenomeno si riproduce di livello in livello su tutta la colonna. Questo posizionamento specifico è perfettamente riscontrabile su una radiografia di profilo, in proiezione latero-laterale.

La coaptazione è il nome dato ad uno stato dove due superfici articolari “s’incastrano” perfettamente, assicurando il massimo grado di contatto tra le due superfici articolari in modo da garantire, insieme ad altri fattori, la stabilità dell’articolazione.

In un funzionamento PM invece, il disco intervertebrale è sollevato dalla pressione, il fenomeno di <<pinza aprente>> è aumentato, ma la superfice di contatto tra le superfici articolari è fortemente diminuita al tempo stesso in cui abbiamo maggiore impegno di sostegno meccanico. Questo favorisce, a medio termine, la comparsa di un’artrosi interfaccettaria posteriore. E’ il terreno per la spondiloartrosi e l’artrosi interapofisaria.

Il diametro dei forami inter-vertebrali è ridotto, creando un terreno favorevole ai pinzamenti radicolari.

Infine, ci si deve ricordare che l’appoggio bipode creato dalla PM, ossia senza l’appoggio intersomatico, favorisce la rotazione vertebrale.

La catena PM gioca un ruolo importante nella definizione di terreno favorevole alla scoliosi strutturale.

Per la sua influenza destabilizzatrice, essa favorisce l’aggravamento dello schema asimmetrico fisiologico. È questo stesso schema ma fortemente degradato che ritroviamo nella scoliosi combinata lombare sinistra e dorsale destra che è una delle più ricorrenti.

Riflessioni

Le catene AM e PM dunque sono da considerarsi come le strutture mediane che reggono il sistema-unità Corpo, le strutture meccaniche e comportamentali.

Ogni struttura ha in sé tutti gli elementi anatomici per riprodurre una gestualità specifica in uno specifico contesto, ma ciò che ci differenzia l’uno dall’ altro, come esseri umani, è il diverso reclutamento ideomotorio di alcune sequenze miofasciali, durante la vita in relazione con il mondo esterno.

Vengono prodotti gesti specifici e riprodotti in serie secondo pattern prestabiliti, attinti da gesti inscritti nella nostra postura, nel nostro vissuto corporeo.

In contesti simili, chi gesticola in modo vistoso aprendo le braccia esprime una personalità differente da chi è solito compiere gesti più misurati, vicini all’asse centrale.

Ognuno di noi predilige la sequenza motoria che più appartiene ai gesti tramandati per via familiare, o mentoriale. Quando questa gestualità è ripetuta nel tempo, ben digerita, in fase con l’Onda GDS, si fissa nel “pilota automatico” che guida ognuno di noi nel contesto in cui viviamo.

Solitamente ci si appoggia, ci si appende, ci si àncora alla catena che più domina la nostra personalità.

E tutto questo guida non solo la nostra utilizzazione corporea, ma anche i nostri infortuni.

Si cade sempre dalla parte in cui si pende, infatti.

E’ possibile interagire con questa Onda di Crescita lavorando sia un piano Biomeccanico, agendo con stiramenti, tecniche di terapia manuale, coscientizzazione corporea, lavoro su assi ed appoggi, archi e segmenti, ma si può inserire la muscolatura e la biomeccanica all’ interno di un concetto più grande: la Persona.

Lavorare sul lato comportamentale dunque.

La relazione terapeutica. La comunicazione, l’empatia, l’alleanza terapeutica.

Ecco perché parliamo di Biomeccanica Comportamentale.

Secondo l’approccio comportamentale, al fine di un trattamento efficace, non sarebbe importante solo la tecnica terapeutica erogata bensì anche l’adesione del paziente circa quella tecnica, che si tradurrebbe in un innalzamento della qualità percepita dell’atto terapeutico ricevuto.

Risulta così fondamentale che il paziente apra le porte al nostro elemento terapeutico, ci permetta si svolgere l’”atto che cura”, ci dia la possibilità di depositare in lui il giusto “seme di guarigione”.

In qualità di terapeuti, è bene sapere che all’interno della Biomeccanica Comportamentale GDS esistono precise strategie per instaurare una proficua relazione terapeutica.

Una volta instillato il “buon seme che cura” è necessario metterlo in fase con la dimensione tempo dell’onda di crescita e coscientizzazione.

Non tutti i semi maturano con lo stesso tempo, i terreni di alcuni pazienti non consentono una maturazione immediata; a volte è necessario un periodo di sedimentazione: alcune persone possono richiamare a maturazione un cambiamento interiore anche dopo molto tempo. Perfino anni. A volte è necessario ripercorrere l’onda di coscientizzazione più e più volte, fino a che arriva la scintilla magica, l’illuminazione che genera un reale cambiamento interiore. Esistono gemmazioni della coscienza a partire finanche da una semplice parola evocata, una sensazione fisica, un’immagine: dipende dall’intensità dell’esperienza percepita e dalla tipologia psico-comportamentale.

A volte, persone fortemente motivate, che dispongono di obiettivi ben formati e un buon metodo di lavoro, riescono a cavalcare l’Onda con successo e in un primo tempo acquisiscono un maggiore livello di gestione delle proprie caratteristiche bio-psico-motorie e, in seguito, tramite una sinergia mentale ed emozionale, un sodalizio tra il proprio archetipo-guida e la libertà di saper uscire dal proprio personaggio interno, arrivano a raggiungere cambiamenti interiori che si riflettono anche nella postura. Con l’epigenetica, nel ciclo di tre generazioni, si ottengono dapprima alcune modificazioni dello stato metilativo del DNA, poi una vera e propria modificazione genica.

Secondo questa scienza, sembra sia possibile modificare la genetica tramite l’apprendimento.

Il bagaglio delle esperienze psico-corporee apprese durante l’infanzia, l’adolescenza e la vita intera, se sedimentato e integrato nel corpo in modo funzionale, darebbe luogo a modificazioni geniche: persone diverse, che evolvono funzionando in modo differente.

Ciò che hai appreso nel corso della tua vita ti forma e ti deforma, e sembra incidersi nel tuo corpo, nelle ossa, che si modificano in seguito a precise sollecitazioni meccaniche. E questo lo trasmetti per via trans-generazionale, forse.

Il tuo vissuto corporeo, o l’”acquisito”, come direbbe Godelieve Denys-Struyf (GDS), sembra modificare l’”innato”, ossia il corredo genico che si eredita dai nostri genitori, il quale, prima dell’avvento della epigenetica, si riteneva immodificabile.

Da qui il lato preventivo del GDS: lavorando sulle catene muscolari GDS, si riesce ad intercettare l’evoluzione negativa di una degenerazione artrosica correggendo gli assi di carico meccanico-posturali.

Questo può servire a salvaguardare le cartilagini articolari e salvare il paziente da una rapida progressione nella patologia.

Ma si può andare anche oltre, componendo un lavoro più personalizzato per il paziente, lavorando anche sulla integrazione psico-neuro-corporea, in modo che la persona che abita il corpo sia un padrone sicuro e un pilota capace; il corpo che la persona ha ricevuto in dono durante la propria vita, funzionerà in modo più economico ed ecologico, con meno resistenze miofasciali, più libertà di movimento e maggiore fluidità di pensiero.

“Guarire è cambiare idea”

Fabio Colonnello

Dottore in Fisioterapia

Osteopata D.O.

Coach PNL

Biomeccanico Comportamentale GDS

Mentore per le Professioni Sanitarie, Università di Siena

Referente Italiano Catene Muscolari GDS

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Fabio Colonnello
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