Grancia del Ventrile ©ARCHEO MAPPA. OPEN DATA CHIAROMONTE (PZ) - NUOVI FERMENTI

La grancia del Ventrile

Storia

In età medievale il territorio compreso tra i fiumi Sinni e Agri, era il centro politico della vasta Contea di Chiaromonte, signoria di origine normanna fondata da Ugo di Chiaromonte, i cui possedimenti si estendevano anche nella parte settentrionale della Calabria. Dal punto di vista ecclesiastico il territorio era sotto il governo della diocesi di Tursi-Anglona, di fondazione bizantina, latinizzata con la conquista normanna della Basilicata a cavallo tra la prima e la seconda metà dell’XI secolo (VITALE, BRUNO 2012, pp. 371-376).

I ruderi di quello che in età medievale fu una delle più importanti istituzioni ecclesiastiche dell’intera regione, il monastero cistercense di Santa Maria del Sagittario e della sua grancia, il Ventrile, sono ancora conservati ad una manciata di chilometri da Chiaromonte.

Il complesso architettonico di Ventrile, situato alla confluenza del fiume Sinni e del suo affluente il torrente Frido, segue uno sviluppo planimetrico nord-sud. Attualmente ricade nell’area del comune di Chiaromonte (PZ), precisamente in contrada Vaccuta (F. 211, III SE). Il monastero sorse nella diocesi di Anglona in una posizione strategica che consentiva di dominare le due valli fluviali. Nato come fondazione monastica benedettina nell’XI secolo, è riportato nelle fonti come monasterum vetus (DALENA 1995); divenne grancìa agli inizi del XIII secolo quando fu costruita l’abbazia del Sagittario nell’attuale sito.

Il testo continua narrando di un facoltoso abitante di Chiaromonte, Tancredi Murrino, che volle costruire a proprie spese un nuovo tempio alla Vergine alla confluenza del fiume Sinni e del torrente Frido, ai piedi della collina del Sagittario, difficile da raggiungere per i devoti durante l’inverno (ELEFANTE 1985; PERCOCO 2003, pp. 58-59). Agli Annali del monastero del Sagittario, compilati nel XVII secolo da G. de Lauro, risale la menzione della fondazione del monastero nel corso dell’XI secolo ad opera dei Benedettini e posto sotto la protezione apostolica da Alessandro II (1061-1073). Secondo Pietro Dalena, che si è a lungo occupato delle vicende del monastero, questo fu fondato nel 1152 dai Benedettini e dopo essere stato distrutto o danneggiato dal violento terremoto che nel 1184 colpì la valle del fiume Crati e la valle del Sinni, fu incorporato nell’Ordine cistercense di Casamari (DALENA 1995). Nel 1248, l’abate Giacomo del Sagittario ottenne da Giacomo di Chiaromonte la conferma del possesso del Ventrile (“eo tempore nuncupatum Sagittarii veteris”).

Sotto il priorato di Girolamo Caricato (1596-1613) sono realizzare una grande cantina, il deposito del grano, la neviera ed alcune celle. Al priore De Simone è attribuita la realizzazione di una torre, probabilmente quella a pianta circolare, che sembrerebbe far parte dell’ultima fase costruttiva. Nel corso dei secoli al nucleo originario furono aggiunti vari ambienti fino alla sistemazione definitiva di cui restano i ruderi (BUBBICO 1996, p. 82). Nel 1807 in seguito alle disposizioni napoleoniche, il monastero del Ventrile fu soppresso e comincia il lento declino del monumento. Negli anni successivi, il complesso fu spogliato e i suoi beni, il bosco e altre dipendenze, messe in vendita (VERRASTRO 2000, pp. 85-86).

Gran parte degli ambienti settentrionali del complesso attualmente erano sepolti da un interro formatosi in seguito alle piene del Sinni e del suo affluente Frido, mentre quasi tutta la sua porzione meridionale e centrale è stata svuotata.

Nel 2011 sono stati effettuati alcuni carotaggi per determinare la profondità dei residui alluvionali che sembrano raggiungere una profondità tra i 5 e 6 m. Il moderno sistema di sbarramento delle acque del fiume Sinni, le quali a monte vengono raccolte nell’invaso di Mass. Nicodemo, hanno moderato notevolmente la portata d’acqua del fiume rallentando il processo di accumulo dei detriti.

Il complesso sorge ora a pochi metri di distanza dalla riva del fiume, ma in origine la distanza che separava il monastero dall’acqua era notevolmente minore. Negli ultimi cinquant’anni, infatti, la larghezza media dell’alveo attivo si è notevolmente ristretta passando da 425 m a 110 m (CENCETTI, FREDDUZZI 2007, p. 6).

Il complesso del Ventrile (fig. 4) consiste di una struttura fortificata, di cui fanno parte due torri: una quadrata e una circolare riconducibili, quasi certamente, all’ultima fase costruttiva del complesso.

Torre di difesa settentrionale

La torre a pianta quadrata ha dimensioni esterne di 4,18x3,85 m, con uno spessore murario considerevole variabile di 0,65-0,75 cm e un’altezza complessiva di ca. m 10. Presenta in facciata due grandi aperture, oltre alle numerose buche che vi alloggiano su tre lati. Nell’ambiente attiguo al lato ovest della torre è stata ricavata nella muratura una nicchia semicircolare, dal diametro interno pari a 110 cm e altezza di 140 cm. Questa conserva quasi completamente lo strato di intonaco e presenta al suo interno, ad un’altezza di ca. 90 cm, un incasso di forma rettangolare di lato cm 20x10

Torre di difesa meridionale

Il vano circolare meridionale dalla tipica forma difensiva, altro non è che una delle strutture difensive di cui il monastero si munì nelle sue ultime fasi di vita.

La struttura fortificata presenta un unico accesso interno al vano, costituito da una bassa e stretta apertura realizzata con mattoni cotti e terminante nella parte superiore con un minuto arco a tutto sesto. Non presenta alcun segno distintivo se non la sua ridotta altezza, di poco superiore al metro e sessanta.

Lo spessore murario risulta essere notevole nella sua porzione inferiore, raggiungendo m 1.

La torre presenta nel suo piano superiore una forma circolare dove sono presenti tre finestre a bocca di lupo conservando, inoltre, tracce di un secondo piano. Il piano terra delle corpo di fabbrica risulta essere planimetricamente di forma ottagonale nella sua facciata esterna, continuando ad essere circolare in quella interna.

Il piano terra della struttura internamente conserva anche due feritoie a bocca di lupo perfettamente conservate nelle loro fattezze originarie e orientate la prima verso Est e la seconda verso Ovest, oltre 23 buche per l’alloggiamento di travi lignee. Queste, in base alla loro distribuzione, farebbero propendere per l’ipotesi di un solaio tra il piano terra e il primo piano distribuito per i ¾ della superficie in direzione meridionale, a denotare una possibile apertura ricavata nella porzione nord dello stesso piano pavimentale così da ottenere una via di comunicazione interna tra i due piani.

Il passaggio dal piano terra al primo piano è definito da una cornice sempre ottagonale costruita in laterizio posti di taglio e con la faccia vista arrotondata.

Singolare l’esistenza lungo due dei perimetrali di due canalette in laterizio; la loro posizione e il loro orientamento rispetto alla struttura stessa permetteva loro di riversare il loro contenuto all’esterno della struttura stessa. Probabilmente si trattà di due canalette per lo scolo di una latrina.

La necessità di fortificare i complessi monastici della valle potrebbe essere stata causata dagli eventi tumultuosi dei primi anni del XVI secolo, quando le truppe francesi guidate dal maresciallo Odet de Foix, conte di Lautrec, giunsero in Lucania e tra le sanguinose azioni compiute nel territorio, furono protagonisti del saccheggio ed incendio del monastero (VERRASTRO 2000, p. 87).

Nell’angolo sud-ovest del complesso si conservava un’edicola affrescata; realizzata quasi completamente con l’impiego di laterizi (60x50 cm), questa in origine doveva essere collocata in facciata. Malgrado il pessimo stato di conservazione, si intravedono due figure, molto probabilmente da identificare come la Vergine con Bambino, considerando la grande devozione che i monaci cistercensi avevano verso la Madre di Dio. Attualmente è conservata presso i locali del vivaio forestale del Sicileo in comune di Senise (PZ).

Chiostro-Area Claustrale

Identificabile ancora prima che fosse indagato archeologicamente è il piccolo chiostro con le splendide arcate a tutto sesto in laterizio con archi a doppia ghiera. La ghiera inferiore (raggio interno 187 cm) e le spalle su cui si imposta l’arco, risultano rientrare di ca. 13 cm rispetto ai due profili esterni della parete. Cornici aggettanti in laterizio, posti alla quota dell’imposta dell’arco, coronano i pilastri del chiostro.

Lo svuotamento dell’area claustrale dagli interri durante le indagini archeologiche condotte nel 2016 da parte della Soprintendenza Archeologia di Basilicata, ha portato alla luce l’organizzazione completa dell’area internamente pavimentata in ciottoli. Sono visibili attualmente due scale in murature simmetriche composte da 13 gradini l’una e poste in direzione opposta, la prima a meridione mentre la seconda a settentrione, in modo da permettere dal chiostro stesso la salita verso i piani superiori nelle rispettive direzioni.

La particolarità del chiostro è la singolarità dei passaggi arcati che dovevano mettere in comunicazione tra loro le parti della grancia provenendo da direzioni diverse. Sono stati rinvenuti 7 archi. La tipologia di queste strutture arcate risulta non avere un modulo ricorrente tra loro: difatti, sono stati riconosciuti archi a tutto sesto, a sesto leggermente ribassato e a sesto acuto. Tutti sono costruiti tramite l’impiego pesante di laterizio, oltre che l’inserimento altrettanto massiccio di lastre di arenaria.

Tra la cappella e la porzione settentrionale del chiostro è presente una struttura per la raccolta delle acque meteoriche (pozzo) dall’imbocco di forma rettangolare.

Unico elemento di pregio riconoscibile all’interno del chiostro di Ventrile è costituito da un blocco di calcare di forma rettangolare su cui è presente una iscrizione associabile ad una data (1721?).

Importante informazione viene fornita nel 1660 dall’abate De Lauro, il quale scriveva alcune righe nel suo manoscritto ‘De Sagittarii Abbatibus sacri Cisterciensis ordinis’ affermando che il Ventrile venne edificato su ‘…monumenta antica et cadaverum ossa’. Oggi sono visibili strutture su cui la grancia si è andata a impiantare.

Cappella

La piccola cappella rinvenuta è stata realizzata ad aula unica orientata canonicamente in direzione E-W con l’altare lungo il perimetrale orientale. Quest’ultimo elemento architettonico permetteva al sacerdote di officiare il rito con le spalle rivolte ai fedeli. Al di sopra dell’altare costruito in ciottoli e addossato alla parete orientale della piccola cappella di Ventrile è stato rinvenuto un incasso di forma rettangolare inquadrato nella porzione superiore da una cornice in mattoni cotti. Probabilmente questo incavo era utilizzato per posizionare un tavola con rappresentazioni sacre. La struttura che definisce l’altare è inquadrata da due pilastrini laterali in laterizi e in origine doveva essere rivestita interamente tutta la chiesa da stucchi modanati.

Ai due terzi della planimetria lo spazio interno era diviso da un leggero gradino che doveva definire l’area presbiteriale.

Si conserva lungo la parete meridionale una piccola edicola e lungo la stessa parete e quella settentrionale sono presenti due aperture/finestre mancanti della parte sommitale, la quale probabilmente doveva chiudere con un arco a tutto sesto, in linea con le altre superfici arcate presenti all’interno del Ventrile.

L’accesso è garantito da un portale in muratura culminante anch’esso con un arco a tutto sesto e rivestito nella porzione esterna con diversi elementi in laterizio. Al di sopra di questo di trovano un piccolo rosone circolare costruito anch’esso in mattoni cotti, sormontato da una finestra di forma rettangolare.

La copertura del vano era quasi sicuramente a doppio spiovente, indicazione deducibile dalle tracce conservatesi lungo la facciata occidentale, la quale sulla sommità definisce ancora la line a degli stessi.

Un documento proveniente da alcune carte appartenute alla chiesa Madre di San Giovanni Battista di Chiaromonte, spiegano che nel 1762, pochi decenni prima che venisse costruito il cimitero urbano di Chiaromonte, la Matrice concesse la possibilità di seppellire i defunti anche all’interno del Ventrile nel perimetro della sua struttura ecclesiastica. Il documento in questione è una carta in cui si concede ad un privato la possibilità di essere tumulato all’interno della cappella di Ventrile.

Il trattamento della materia prima, per quanto riguarda il Ventrile, sembrerebbe fermarsi allo stato di semi-lavorato. Gli elementi da inserire nella muratura venivano selezionati in base alla loro dimensione e posti in opera con il lato più lungo messo perpendicolarmente alla superficie del muro, per garantire un migliore ammorsamento e quindi una migliore compattezza, lasciando la parte più regolarizzata nella faccia vista (FIORANI 1996, pp. 156-189). Sulle superfici lapidee non risultano esserci tracce di attrezzi adoperati per la rifinitura dei conci. Frammenti di laterizi sono impiegati sia come rinzeppature ma anche nella realizzazione dei ricorsi orizzontali che scandiscono i piani di posa. La produzione dei laterizi, come anche dei mattoni, potrebbe essere locale vista la presenza, nelle immediate vicinanze del Ventrile, di giacimenti di argilla. Nella quasi totalità dei casi, si tratta di tegole frantumate, probabilmente rotte in cantiere o recuperate da preesistenti coperture. L’uso di mattoni sembrerebbe trovarsi in quasi tutte le murature.

L’impiego esclusivo della pietra, soprattutto ciottoli, nella costruzione dei complessi monastici della valle del Sinni, sembra indicare come nelle costruzioni sia stato utilizzato quasi esclusivamente materiale disponibile in loco senza sostenere costi aggiuntivi dovuti al trasporto.

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