Celebre, e a buon diritto, fra tutti i carmi di Catullo è questa breve, amarissima elegia da cui Ugo Foscolo trasse ispirazione per il suo sonetto In morte del fratello Giovanni. Il componimento è scabro nella sua forma e severo come il sentimento di cui è l’espressione: faticoso all’inizio, scoppia in un singhiozzo al verso 6 e si chiude con un lacrimare contenuto, che sembra non debba avere più fine.
SULLA TOMBA DEL FRATELLO
Multas per gentes et multa per aequora vectus
advenio has miseras, frater, ad inferias,
ut te postremo donarem munere mortis
et mutam nequiquam alloquerer cinerem,
quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum,
heu miser indigne frater adempte mihi.
Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum
tradita sunt tristi munere ad inferias,
accipe fraterno multum manantia fletu,
atque in perpetuum, frater, ave atque vale.
IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI
Dal carme 101 si ispirò Ugo Foscolo per il sonetto In morte del fratello Giovanni. Ci sono precisi riferimenti testuali che mostrano una volontà di emulare Catullo: ma mentre nel carme latino il motivo ispiratore è il dolore fraterno, qui al centro della poesia foscoliana campeggia il dramma dell'esule che non può piangere sulla tomba del fratello nè consolare la vecchia madre.
Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentil anni caduto.
La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.
Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.
Tosca Bacco.