Le guerre persiane...

La convinzione dei greci non era sbagliata: la natura universale dell’Impero persiano e il principio strategico fatto proprio da ogni generale, secondo il quale la conquista di un paese non è mai sicura se non è seguita da quella dei paesi con i quali confina, costringevano in qualche modo Dario a muovere guerra contro la Grecia. Così, nell’estate del 490 - raccontano le fonti greche - un immenso esercito di 200'000 uomini, comandato dai generali Dati e Artaferne e caricato su una flotta di 600 navi, dopo aver attraversato l’Egeo conquistando tutte le isole che incontrava ed aver distrutto Eretria, sbarcò finalmente sulle coste dell’Attica, con l’obbiettivo di radere al suolo Atene (vedi mappa alla pagina seguente).

Comprendendo di trovarsi in una situazione disperata l’assemblea cittadina decise di inviare contro i persiani tutto l’esercito, costituito da appena 10'000 opliti, e ne affidò il comando al suo miglio generale, Milziade, che in passato era stato tiranno di una città della Tracia, dove aveva avuto occasione di osservare il modo di combattere dei persiani. Furono anche inviate richieste urgenti di aiuto alle altre polis greche: ma eccetto la piccola Platea nessun’altra si fece avanti. Sparta dal canto suo, promise che avrebbe inviato un esercito dopo sei giorni, poiché nell’immediato essendo in corso la festività di Apollo, era vietato ai suoi cittadini di combattere.

Tuttavia già i greci si erano posizionati sulle alture che sovrastavano la piana di Maratona, dove era accampata l’armata persiana. Furono questi ultimi a prendere l’iniziativa della battaglia, risalendo i pendii per snidare e distruggere le esigue forze greche. Ma a questo punto gli opliti reagirono, discendendo di corsa le alture in ranghi serrati e riuscendo a spezzare l’esercito persiano che fuggi disordinatamente sulle navi per ritornare in patria. Il miracolo era stato reso possibile dalle qualità della formazione a falange, che contro un esercito come quello persiano, che combatteva senza assumere particolari formazioni, triplicava la sua forza d’urto, e ancor più dalla grande tenacia che i combattenti greci seppero dimostrare in quello scontro: per loro non si trattava di una battaglia qualsiasi, erano consapevoli che la posta in gioco era la salvezza della nazione: il loro assoluto senso di responsabilità verso la patria fu la vera forza dei greci a Maratona.

Seconda Guerra Persiana

Nel 481 a.C. Atene, Sparta, Corinto e altre poleis greche si unirono nella Lega panellenica per resistere all’invasione dei Persiani che volevano sottomettere la Grecia intera. Il comando dell’alleanza fu assegnato a Sparta, cui era riconosciuta una indiscussa supremazia nell’arte della guerra.

480 a.C. ha inizio la Seconda guerra persiana (dieci anni dopo la Prima guerra persiana) – La linea difensiva fu attestata al passo delle Termopili (agosto-settembre 480 a.C.), lungo la via che dava l’accesso alla Locride e alla Grecia orientale. Qui prese posizione un esercito di circa 7000 uomini, al comando del re spartano Leonida. La flotta greca, forte di 270 navi, si schierò invece all’estremità settentrionale dell’Eubea, presso capo Artemisio, per impedire uno sbarco dei nemici alle spalle delle difese alleate.

I Persiani attaccarono per due giorni lo schieramento greco alle Termopili, senza riuscire a sopraffarlo. Il terzo giorno, Efialte, un pastore greco, tradì i Greci indicando ai Persiani un sentiero attraverso la montagna, seguendo il quale il sovrano persiano Serse (succeduto al padre Dario I) riuscì a sorprendere i Greci alle spalle.

Leonida, venuto a conoscenza del tradimento, congedò tutti gli alleati per risparmiarli (le forze persiane erano ben più numerose e la sconfitta greca pressoché certa). Lui e i suoi 300 opliti spartani sarebbero rimasti per coprire la ritirata. Tutti gli Spartani morirono sul campo.

A capo Artemisio, intanto, i Greci non erano riusciti ad arrestare le flotta persiana nella sua navigazione verso Atene. Si profilava un disastro. L’aristocratico ateniese Temistocle (525 a.C. circa-460 a.C) allora, visto che nulla più si opponeva all’avanzata dei Persiani, fece evacuare Atene e trasferì tutta la popolazine dell’Attica sulle isole di Salamina ed Egina; poi portò la flotta greca nello stretto braccio di mare tra l’Attica e l’isola di Salamina e attese.

L’esercito di Serse invase l’Attica, incendiò e saccheggiò Atene, puntando quindi verso il Peloponneso, dal quale lo separava però la linea difensiva organizzata dagli Spartani. L’audace piano di Temistocle riuscì alla perfezione: egli attirò la flotta nemica nello stretto braccio di mare fra Salamina e l’Attica e le navi persiane si ritrovarono prive di libertà di manovra, una addosso all’altra. Non riuscendo a manovrare e ostacolandosi le une con le altre, le navi persiane vennero attaccate, speronate e incendiate dalle triremi greche, sotto gli occhi di re Serse, che osservava lo scontro assiso su una specie di trono, dalle pendici di un monte vicino (settembre 480 a.C.).

L’atto finale della Seconda guerra persiana si ebbe a partire dalla primavera del 479 a.C., quando l’esercito persiano, comandato dal generale Mardonio, si mise nuovamente in marcia verso l’Attica. A distanza di pochi mesi la popolazione di Atene abbandonò ancora una volta la città. Gli Ateniesi chiesero aiuto agli Spartani, che però si mostrarono riluttanti. Tuttavia il timore che gli Ateniesi, esasperati, decidessero di stringere una pace separata con i Persiani, li spinse a inviare i rinforzi. La battaglia decisiva si svolse in Beozia, nei pressi della città di Platea. I Greci riuscirono a mettere in campo un esercito ragguardevole (circa 70.000 uomini), alla guida del re spartano Pausania. Ancora una volta le truppe nemiche erano molto superiori per numero, ma ancora una volta il modo di combattere greco si rivelò superiore a quello persiano e gli invasori subirono una gravissima sconfitta (20 agosto 479 a.C.).

Di lì a pochi giorni, la flotta greca ottenne una brillante vittoria sulla flotta persiana presso il promontorio di Micale, a nord di Mileto (27 agosto 479 a.C.).

I Greci interpretarono le guerre persiane (la Prima guerra persiana e la Seconda guerra persiana) come un conflitto di civiltà, come uno scontro fra libertà e schiavitù. Le città greche avevano saputo difendere la loro libertà, scrivendo alcune delle pagine più eroiche della storia universale. Naturalmente, questo punto di vista, che è giunto sino a noi attraverso i secoli, dipende anche dal fatto che tutto ciò che sappiamo della vicenda deriva da fonti greche, e in particolare dalla grande opera di Erodoto, le Storie.

Probabilmente questo conflitto non ebbe per i Persiani la stessa centralità che per i Greci, i quali lo vinsero anche grazie all’effettiva superiorità dello loro truppe cittadine, in lotta per la propria sopravvivenza, rispetto a quelle mercenarie assoldate dal re persiano.

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