Il Buddhismo "La pace viene da dentro non cercarla fuori"

COS'É IL BUDDHISMO?

Il buddhismo o buddismo è una delle religioni più antiche e più diffuse al mondo. Originato dagli insegnamenti dell'asceta itinerante indiano Siddhārtha Gautama (VI, V sec. a.C.), comunemente si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità.

Tumblr buddha

Con il termine buddhismo si indica quindi quell'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato

Chi é il buddha?

Il Buddha storico Shakyamuni nacque, circa 2560 anni fa, come il principe Siddharta Gautama, all’interno di una famiglia reale in quello che ora è il nord dell’India. Sin dalla prima infanzia, fu circondato da ogni forma di benessere e bellezza, e potè gioire di una educazione raffinata. I testi lo descrivono come alto, forte e con gli occhi azzurri. Quando aveva ventinove anni, lasciò il palazzo reale per la prima volta nella sua vita, e incontrò un anziano, un malato e una persona morta – esperienze che non aveva mai conosciuto prima. Realizzò quindi che nulla può essere considerato permanente e abbandonò l’esistenza principesca per intraprendere la sua ricerca meditativa nelle montagne e nelle foreste del nord dell’India.

Dopo sei anni spesi alla ricerca del significato ultimo, riconobbe la natura della mente, mentre era in meditazione profonda in quello che oggi è la città di Bodhgaya. Egli raggiunse l’illuminazione – uno stato di felicità duraturo e senza limiti che è il pieno sviluppo del potenziale di corpo, parola e mente. Il Buddha insegnò per quarantacinque anni in India, in un contesto culturale particolarmente ricco ed evoluto. Durante i suoi costanti viaggi, incontrò diversi tipi di persone e diede consigli, generali e specifici, per ogni situazioni della vita.

I suoi insegnamenti, che rendono gli esseri senza paura, gioiosi e gentili, rappresentano la religione principale in diversi paesi dell’Asia orientale. Sin dai primi anni ’70, la profonda visione buddhista, con la sua grande varietà di metodi, ha ispirato e attratto un crescente numero di persone dalla mentalità libera e indipendente appartenenti alle diverse culture occidentali.

IL BUDDhISMO È UNA FILOSOFIA, UNA PSICOLOGIA O UNA RELIGIONE?

Il buddhismo potrebbe essere ritenuto una filosofia visto che i suoi insegnamenti rappresentano una visione logica e completa, ma non è propriamente una filosofia. La filosofia può spiegare le cose su un livello formale, di parole e idee, mentre gli insegnamenti del Buddha lavorano con la nostra totalità. Sia la filosofia che la pratica buddhista portano verso una chiarezza del pensiero ma solo quest’ultima può guidare verso una trasformazione definitiva perché dà una soluzione pratica agli eventi, sia interiori che esteriori, sperimentati nel quotidiano.

Proprio per questa capacità degli insegnamenti di trasformare le persone che li praticano, alcuni considerano il buddhismo come una sorta di psicologia. Le varie scuole di psicologia tentano tutte di aiutare le persone a non essere un peso per la società e a non avere troppe difficoltà personali. La psicologia e il buddhismo possono cambiare le persone ma quest’ultimo è per coloro che sono già sani. Si può dire che il buddhismo inizia dove la psicologia finisce. Il buddhismo della Via di Diamante diventa uno strumento efficace nel caso in cui le persone sono già stabili e sperimentano lo spazio come felicità e non come una minaccia. Da questo livello gli insegnamenti sono in grado di sviluppare l’assenza di paura illimitata, la gioia, l’amore e le ricchezze innate della mente.

Applicando gli insegnamenti alla propria vita sorgerà una profonda fiducia nel proprio potenziale, dando a tutte le situazioni il gusto del significato e della crescita. Quando poi aumenterà la consapevolezza della natura condizionata di tutte le cose, i concetti rigidi svaniranno e appariranno naturalmente le perfette qualità di corpo, parola e mente. Il risultato finale della pratica – la piena illuminazione o buddhità – supera le mete intellettuali o terapeutiche, sia della filosofia che della psicologia, è uno stato di perfezione aldilà dei concetti.

Grazie alla combinazione di una visione logica e del potere di trasformazione, attraverso metodi che puntano a stati della mente permanenti e al di là del livello personale, il buddhismo è da 2500 anni una religione di esperienza.

QUALI SONO I PUNTI FONDAMENTALI DEL BUDDHISMO?

Ci sono quattro pensieri fondamentali che danno un pieno significato alla nostra vita. Per prima cosa apprezziamo la nostra rarissima e meravigliosa opportunità di essere in grado di incontrare gli insegnamenti illuminati, di essere in grado di lavorarci e di imparare da essi. Tutti gli esseri vogliono la felicità e vogliono evitare la sofferenza. Perfino una formica fuggirà lontano, per evitare di essere uccisa e anche gli esseri umani fanno di tutto pur di sentirsi bene. Quindi, incontrare gli insegnamenti che portano a uno stato di felicità duratura è molto importante.

Poi capiamo che non sempre avremo questa possibilità. Ogni cosa che è nata morirà, ogni cosa che si è unita si separerà e ogni cosa che è apparsa scomparirà. Il nostro tempo è limitato. È certo che le nostre vite finiranno, ma non sappiamo quando. Così, riconosciamo che abbiamo questa possibilità adesso e che volerla realmente utilizzare è qualcosa di estremamente prezioso.

La terza cosa da capire è che il mondo è veramente una matrice di cause ed effetti e che le nostre azioni, parole e pensieri attuali, diventeranno il nostro futuro. Sia che possiamo capirlo o no, ogni cosa che facciamo, diciamo o pensiamo lascerà impressioni sia dentro di noi che nel mondo esterno. Queste impressioni ci ritorneranno in seguito. Specialmente le impressioni negative si manifesteranno come sofferenza o situazioni spiacevoli nel futuro a meno che non utilizziamo le meditazioni che sono in grado di dissolverle.

Per ultimo ci rendiamo conto che non ci sono alternative alla pratica degli insegnamenti. L’illuminazione è la più alta gioia. Non c’è nulla di più soddisfacente e totale di questo stato di unione con tutte le cose, tutti i tempi, tutti gli esseri, in tutte le direzioni. Inoltre come potremmo beneficiare gli altri se noi stessi siamo confusi e sofferenti?

Quindi questi sono i quattro fattori che danno le basi per la pratica buddhista e per la meditazione. All’opposto, invece, se ci attacchiamo ai nostri valori ordinari non potremo evitare la sofferenza. Se continuiamo a pensare “io sono il mio corpo” e “queste cose sono mie”, vecchiaia, malattia, morte e perdita saranno estremamente sgradevoli. Nessuno può evitare il dolore dicendo: “questa storia dell’illuminazione è troppo difficile per me” – perché se siamo nati sicuramente moriremo. Non c’è proposito più grande nella vita che trovare valori che superino in modo definitivo la sofferenza e la morte. I benefici dell’illuminazione sono perciò incommensurabili sia per noi stessi che per gli altri esseri.

Elementi del Buddhismo

ELEMENTI CONCRETI

🕌LUOGHI BUDDHISTI🕌

I quattro luoghi principali del pellegrinaggio buddhista corrispondono ai luoghi in cui si svolsero i quattro momenti fondamentali della vita del Buddha Śākyamuni Siddhārtha Gautama.Questi sono:

Lumbinī: il luogo di nascita. A Lumbinī esiste tuttora una colonna eretta da Aśoka che marca il punto della nascita di Gautama Buddha e le rovine del tempio dedicato alla madre Mayadevi. A 25 km di distanza, presso il villaggio di Tilaurakot sorgeva Kapilavastu, la città in cui visse Siddhārtha Gautama prima di dedicarsi alla ricerca spirituale e dove fu eretto uno stūpa contenente le reliquie.

Bodhgayā: il luogo del Risveglio. A Bodhgayā si trova ancora il bodhidruma, un albero discendente dall'albero della Bodhi sotto il quale il Buddha raggiunse il Risveglio; il vajrasana, un trono in arenaria rossa posto nel punto dove il Buddha meditò; e il Mahabodhi Vihara.

Sārnāth: (anticamente: Isipathana) dove predicò il primo sermone e mise in moto la ruota del Dharma. A Sārnāth (o Saraṅganātha), presso il Parco dei Daini (sanscrito: mṛgádāva, pāli: migadāya), il Buddha predicò a cinque brahmini, i pañcavaggiyā, il Dammacakkappavattana, il primo sūtra e qui passò il primo Vassa, o periodo delle piogge monsoniche. Lo stupa Dhamekh segna il primo luogo mentre lo stupa Mulagandhakuti il secondo. Poco distante sorge lo stupa Dharmarajika che Aśoka eresse per contenere le reliquie.

Nei pressi si trovano le rovine dello stupa di Chaukhandi, dove il Buddha incontrò i Pañcavaggiyā, e una colonna eretta da Aśoka il cui capitello raffigurante quattro leoni su quattro Dharmacakra è ora l'emblema dell'India.

Kuśīnagar: (anticamente: Kushavati): dove entrò nel Parinirvana. A Kuśīnagar (o Kuśināra o Kuśinagara o Kasia) la notte di Vesak il Buddha entrò nel Parinirvana. In quel posto ora sorge il moderno Tempio del Nirvana che contiene una statua del Buddha reclinato sul fianco destro del V secolo e il Parinirvanacaitya o Stupa del Parinirvana, noto anche come Main Stupa. Il clan dei Malla si fece carico della cremazione del corpo del Buddha nel luogo dove ora sorge il Muktabandhanacaitya, o Stupa della Cremazione. Sono presenti in zona anche numerosi resti di monasteri.

🚶🏽PELLEGRINAGGI🚶🏼

Il primo pellegrino storicamente accertato fu il sovrano maurya Aśoka che negli anni attorno al 250 a.C. eresse colonne con editti multilingue e rinnovò gli stūpa esistenti, oltre a suddividere le reliquie e costruendone altri in tutta l'India.

Il primo cinese a compiere il pellegrinaggio in India fu il monaco buddhista Fǎxiǎn. Del suo soggiorno, dal 403 al 407, rimane memoria nella sua opera Fóguójì (佛國記, Relazione sui paesi buddhisti, T.D. 2085). Dal 634 al 643 si svolse invece il soggiorno religioso in India del celebre monaco cinese, traduttore e pensatore Xuánzàng (poi divenuto a sua volta personaggio letterario col nome di Sanzang). La sua relazione tuttora esistente si intitola: Dà Táng Xīyù Jì ( 大唐西域記, Viaggio in Occidente durante la grande dinastia Tang).

Dal 671 al 685 fu invece la volta del monaco cinese Yìjìng che poi scrisse il Nánhǎi jìguī nèifǎ zhuàn (南海寄歸內法傳, Relazione sul Dharma inviata dai Mari del Sud) e il Dà táng xīyù qiúfǎ gāosēng zhuàn (大唐西域求法高僧傳, Trattato sui monaci eminenti che in Occidente cercarono il Dharma) .Il monaco coreano di Silla, Hyecho (704-787), discepolo in Cina dell'indiano Vajrabodhi che stava diffondendo il Buddhismo Vajrayana (che poi sarebbe divenuto la tradizione cinese Zhēnyán e quella giapponese Shingon) si recò in pellegrinaggio in India. In seguito scrisse il Wang ocheonchukguk jeon (往五天竺國傳, Relazione del viaggio ai cinque regni dell'India).

☯️I SIMBOLI BUDDHISTI☯️

Presenti da sempre nella cultura tibetana, sono oggetti che hanno rivestito ruoli sempre maggiori nelle cerimonie e nei rituali fino ad essere considerati sacri. Sono simboli di protezione e di guida alla felicità e alla serenità; tutti i simboli sono correlati e non potrebbero esistere separati, poiché la loro efficacia si manifesta nell'unità.

LA CONCHIGLIA-SANKHA

Antico oggetto rituale di origine indiana, la conchiglia bianca è generalmente espressa con la spirale che si evolve verso destra e termina a punta. Simbolo della Divinità nella sua forma femminile, di regalità e superiorità, è rappresentazione del profondo, e vittorioso suono che diffonde l'insegnamento del Dharma, raggiungendo e trasmettendosi alle diverse nature, passioni e aspirazioni spirituali, risvegliando dal baratro dell'ignoranza e della sofferenza ogni essere per poter conseguire ed ottenere la liberazione.

IL GLORIOSO NODO SENZA FINE-SRIVATSA

Composto da linee continue e chiuse che si intersecano tra loro, è associato al primordiale simbolo del divenire senza fine ed emblema dell'incessante manifestarsi del mondo, che ci ricorda come i fenomeni siano interconnessi a cause e condizioni. Rappresenta l'unione della Saggezza e del Metodo, dell'energia femminile e di quella maschile, la loro armonica inseparabilità, in uno stato di amore infinito, vita infinita e realizzazione dell'unione. E' il supremo simbolo di buon auspicio, che ricorda come ogni effetto positivo e favorevole per noi in futuro ha le sue radici e cause nelle nostre azioni del presente.

I PESCI D'ORO

I due pesci vengono raffigurati verticalmente e paralleli ed in origine rappresentavano i fiumi sacri Gange e Yamuna. Allegoria del Signore del Mondo, i pesci d'oro si trovano raffigurati solo assieme agli altri Simboli di Buon Auspicio: esprimono la speranza ed il desiderio che tutti gli esseri viventi possano esistere in uno stato di assenza di paura, salvati dal pericolo di cadere nell'oceano della sofferenza e liberi nell'avere acquisito la consapevolezza dell'essenza primaria, così come i pesci nuotano nel mare per natura liberi

IL LOTO-PADMA

E' la più alta visione di Purezza e Bellezza: lo stelo del Loto si erge infatti da acque di stagni e laghi per lo più fangosi per far sbocciare il fiore incontaminato, incontaminabile, immacolato e perfetto sopra la superficie dell'acqua, unica pianta che grazie alla forza del suo fusto fa sbocciare un fiore con un numero di petali sempre regolare, da otto a dodici tutti uguali. Nella loro simmetria i petali rappresentano l'armonia del Cosmo, otto come gli otto raggi della ruota del Dharma. Il fango rappresenta la sofferenza e tutto ciò che trattiene il nostro essere dall'acquisire quella chiara visione che grazie alla pratica della Dottrina, lo stelo, ci permetterà di elevarci sopra tutte le contaminazioni del mondo. Il Loto è simbolo anche della purezza del corpo, della parola e della mente: è la vera essenza del nostro essere che è rimasta immacolata nonostante il fango del mondo che si realizza solo alla luce della nostra consapevolezza. Il fiore di Loto è il trono del Buddha e cioè dell Amore Compassionevole di cui il Dalai Lama, chiamato anche Signore del Loto Bianco, è l'incarnazione.

IL PARASOLE-CHAATRA

Il Parasole è simbolo della Dignità Regale, di chi detiene il potere spirituale: nell'iconografia tibetana è presente in diverse varianti, più o meno elaborato e colorato e sempre sorretto da una solida struttura in legno. Esprime la perfetta energia del Dharma nel proteggere tutti gli esseri che seguono la Dottrina da ogni ostacolo e forza avversa, dalla malattia e dall'ignoranza, dalla pena e dalla rinascita in regni inferiori, affinchè possano giungere alla completa estinzione della sofferenza.

IL VASO DEL TESORO-KALASA

L'uso del vaso risale ai primordi del Buddhismo, acquisito dalla tradizione indiana dove veniva utilizzato per trovare l'acqua; metaforicamente è legato alla realizzazione ed alla possibilità di esaudire i desideri materiali. La sua forma è generalmente rigonfia con un collo che si allunga e sulla sua sommità è posato un gioiello ad indicare la preziosità del suo contenuto: il nettare dell'immortalità legato all'Eternità della Dottrina e della Conoscenza.

LA RUOTA DEL DHRAMA-CAKRA

La ruota della Dottrina o della Legge, è il più diffuso e antico simbolo indiano, riferito sia al Sole sia al suo attributo di arma.La ruota è costituita dal mozzo, dai raggi e dal cerchio: il mozzo rappresenta il Motore Immobile, l’essenza primordiale della mente; i raggi equivalgono al Nobile Ottuplice Sentiero da percorrere per raggiungere la liberazione dalla sofferenza. Le Otto Vie sono: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retto comportamento, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione. Il cerchio simboleggia il mondo ed il suo continuo ed eterno perpetuarsi fino alla sconfitta dell’ignoranza, che è la radice della sofferenza.Un'altra interpretazione della Ruota vede il mozzo come la pratica della Disciplina, dalla quale la mente è sostenuta e resa solida; i raggi sono la pratica della Saggezza nella comprensione della vacuità di tutti i fenomeni che portano allo sradicamento dell'ignoranza e del male; il cerchio indica l'insegnamento alla meditazione che sostiene ogni pratica della Dottrina.La Ruota del Dharma è quindi simbolo universale della Dottrina che conduce alla liberazione dal dolore, rappresenta l'insegnamento del Buddha e ci ricorda che il Dharma, la Legge Universale, tutto abbraccia e completa in sé, non ha inizio né fine ed è al di là del tempo e dello spazio.

LO STENDARDO DELLA VITTORIA-DHVAJA

Realizzato comunemente in legno e seta, dall'aspetto più o meno ricercato, viene generalmente sospeso al centro del soffitto nella sala principale dei monasteri ed anche nelle abitazioni private. Simile ad una bandiera arrotolata, rappresenta la vittoria di corpo, mente e parola di ognuno di noi nel momento in cui si utilizza la pratica del Dharma, dimostra la potenza ed il trionfo della conoscenza sull'ignoranza e la paura, il raggiungimento della felicità ultima.

👳🏾MONACI BUDDISTI👳🏿

La procedura di ammissione al saṃgha è dettagliata nel Vinaya del canone ed è chiamata Upasaṃpadā; in breve, il candidato è interrogato sulle sue motivazioni e su eventuali ostacoli. Poi venne annunciata la candidatura per tre volte e, se nessuno esprime obiezioni, è ammesso ed invitato a rispettare i precetti del vinaya che sono:

I primi riti di ordinazione monastica prevedevano la rasatura dei capelli e della barba, la recitazione della formula del rifugio (sans. śaraṇa) nel Buddha, nel Dharma e nel Saṃgha (i Tre gioielli, sans. Triratna) e la consegna dell'abito color zafferano composto di tre parti (trichīvara).

Successivamente il rito si rese più complesso prevedendo che il candidato a novizio (śrāmaṇera) si presentasse con la testa rasata di fronte ad un'assemblea composta da almeno dieci monaci già ordinati, mentre le novizie avevano bisogno anche della presenza di monache per rendere valida l'ordinazione. Successivamente il novizio prendeva l'abito monastico recitando una formula che ricordava l'uso di questo a sola protezione del corpo, e non suo ornamento. Dopo essersi ritirato per indossarlo, tornava per prendere rifugio nel Triratna impegnandosi a rispettare le Śīla che il capo dei monaci elencava e il novizio ripeteva.

Nella ordinazione completa (Upasaṃpadā), ovvero il passaggio da śrāmaṇera a bhikṣu, il novizio ripeteva la sua prima ordinazione, poi un monaco anziano gli domandava se avesse degli impedimenti (età, malattie, etc.). Successivamente il novizio citava i suoi due maestri (āchārya) che lo avevano seguito nella sua formazione fino a quel momento, i quali gli consegnavano l'abito e le ciotole per le elemosine. Successivamente il capo dei monaci elencava le trasgressioni per cui sarebbe stato allontanato dall'ordine monastico e il novizio faceva professione per tre volte dell'intenzione di entrare nella comunità. La comunità monastica presente aveva il diritto di opporsi al suo ingresso. La cerimonia terminava con un discorso sul Dharma del capo dei monaci.

Nel Buddhismo cinese, in passato, l'ordinazione a monaco era preceduta dal rito del 灸 jiǔ che consisteva nel bruciare dei coni di incenso composti con l'erba dell'artemisia vulgaris sulla testa rasata del candidato monaco producendo un numero di cicatrici variabile da tre a dodici, a seconda del monastero in cui veniva praticata.

I primi riti di ordinazione monastica prevedevano la rasatura dei capelli e della barba, la recitazione della formula del rifugio (sans. śaraṇa) nel Buddha, nel Dharma e nel Saṃgha (i Tre gioielli, sans. Triratna) e la consegna dell'abito color zafferano composto di tre parti (trichīvara).

Successivamente il rito si rese più complesso prevedendo che il candidato a novizio (śrāmaṇera) si presentasse con la testa rasata di fronte ad un'assemblea composta da almeno dieci monaci già ordinati, mentre le novizie avevano bisogno anche della presenza di monache per rendere valida l'ordinazione. Successivamente il novizio prendeva l'abito monastico recitando una formula che ricordava l'uso di questo a sola protezione del corpo, e non suo ornamento. Dopo essersi ritirato per indossarlo, tornava per prendere rifugio nel Triratna impegnandosi a rispettare le Śīla che il capo dei monaci elencava e il novizio ripeteva.

Nella ordinazione completa (Upasaṃpadā), ovvero il passaggio da śrāmaṇera a bhikṣu, il novizio ripeteva la sua prima ordinazione, poi un monaco anziano gli domandava se avesse degli impedimenti (età, malattie, etc.). Successivamente il novizio citava i suoi due maestri (āchārya) che lo avevano seguito nella sua formazione fino a quel momento, i quali gli consegnavano l'abito e le ciotole per le elemosine. Successivamente il capo dei monaci elencava le trasgressioni per cui sarebbe stato allontanato dall'ordine monastico e il novizio faceva professione per tre volte dell'intenzione di entrare nella comunità. La comunità monastica presente aveva il diritto di opporsi al suo ingresso. La cerimonia terminava con un discorso sul Dharma del capo dei monaci.

Nel Buddhismo cinese, in passato, l'ordinazione a monaco era preceduta dal rito del 灸 jiǔ che consisteva nel bruciare dei coni di incenso composti con l'erba dell'artemisia vulgaris sulla testa rasata del candidato monaco producendo un numero di cicatrici variabile da tre a dodici, a seconda del monastero in cui veniva praticata.

🍱CIBI E BUDDHISMO🍱

Si dice che il Budda, il principe Siddharta Gautama, dopo aver visto la vita umana, la vecchiaia, la malattia e la morte fuori dal palazzo, lasciasse la propria casa in cerca di illuminazione e meditasse per sei anni sotto un albero di fico selvatico, nutrendosi di un grano di sesamo e di un grano d'orzo al giorno. Questa pratica ascetica fu interrotta quando un giorno una donna gli offrì una ciotola di farinata di riso. Egli l'accettò volentieri e dopo 21 giorni ricevette l'illuminazione.

Lo spirito che sta alla base della cucina del tempio ha origine da questa offerta di farinata di riso sotto l'albero di fico. Nel buddismo la ghiottoneria deve essere evitata come parte della pratica ascetica, ma il Budda ha anche dimostrato che il cibo deve fornire i mezzi nutritivi per effettuare la meditazione, anche se deve essere poco e semplice come contenuto. Il famoso monaco Wonhyo, vissuto dal 617 al 686 nel regno di Silla, diceva: “Un monaco deve mettere a tacere la fame con radici di piante e cortecce d'alberi”.

Il principio base nella cucina dei templi è quello di preservare al massimo le qualità originali degli ingredienti. Tutti i componenti sono naturali e non viene aggiunto alcun aroma artificiale o chimico, mantenendone così il gusto originale, puro e semplice. In altre parole, i metodi di cottura tendono a esaltare l'aroma naturale degli ingredienti per permettere a chi li gusta di sperimentare meglio una più immediata connessione con la natura.

I metodi di cottura variano da una regione all'altra, ma hanno tutti in comune tre cose. Prima di tutto viene la pulizia, con enfasi sull'igiene nel lavare e nel cuocere gli ingredienti, tutti fatti crescere senza fertilizzanti chimici e senza pesticidi. In secondo luogo viene la gentilezza, nel condire il cibo in modo che abbia un gusto omogeneo e rinfrescante, non troppo salato o pepato, perché i sapori forti possono disturbare la digestione dei monaci in meditazione. Gli aromi vengono aggiunti in piccole dosi per far sì che penetrino lentamente, e in un ordine che inizia con i sapori dolci e salati per spostarsi poi a quelli acidi e ad altre salse. Infine viene l'osservazione degli insegnamenti del Budda, nel preparare solo il necessario per ogni pasto e tenere al minimo il numero dei piatti di contorno, includendo però una varietà di fonti di nutrimento.

Nei templi buddisti i pasti servono a fornire l'energia necessaria a sopportare le dure pratiche della meditazione. Questo è il motivo per cui tutti i piatti vengono preparati con l'intento di mettere in risalto le qualità medicinali degli ingredienti. L'idea buddista che “mente e corpo sono una cosa sola” suggerisce che entrambi, mente e corpo, devono essere in salute per poter ottenere l'illuminazione, e che il cibo è importante per raggiungere tale scopo.

È per questo motivo che il vitto viene preparato usando per la maggior parte ingredienti freschi di stagione. Ciò permette alle persone di rendere massimo l'assorbimento dei componenti nutritivi dei vegetali. Rendere minimo il tempo di cottura ha anche l'effetto di minimizzare la perdita dei valori nutritivi. Per esempio, le radici di aralia, che sono una ricca fonte di minerali, vengono cotte a vapore per un tempo molto breve prima di essere servite. È anche importante che la mescolanza degli elementi nutritivi sia armoniosa. Da una dieta strettamente vegetariana ne può derivare una mancanza di grassi che può essere prevenuta friggendo in olio di semi di soia i vegetali avvolti in una sfoglia di glutine di riso. Come fonte di proteine al menu vengono aggiunti funghi e cagliata di fagioli.

Vediamo alcune ricette:

SANCHAE-MODŪMBAP

Riso con vegetali di montagna (sanchae-modŭmbap) è un cibo presentato in una ciotola. Impiega vegetali di stagione: tutti i tipi di ingredienti - alghe commestibili, funghi di quercia, funghi enoki, germogli di bambù, radici di aralia, aster selvatici - vengono cucinati e serviti col riso. Il piatto è simile al più comune pibimbap, composto da vegetali cotti e carne, mischiati col riso, ma il riso con vegetali di montagna servito nei templi ha un gusto molto più fresco, con aromi provenienti direttamente dalla natura.

INVOLTINI DI GINSENG

Gli involtini di ginseng rinvigoriscono il corpo. Preparato con radici fresche di ginseng di tre anni e funghi, questo piatto cerca di armonizzare l'energia yin (Ŭm) dei funghi con l'energia yang del ginseng. La salsa, prodotta con concentrato di ginseng e miele, ne aumenta il sapore

INVOLTINI DI KIMCHI

Cinque involtini colorati di kimchi vengono preparati con kimchi che è stato conservato per tutto l'inverno. Fra gli ingredienti, polvere di glutine di riso, farina, spinaci e lattuga di mare che fornisce il colore. La lattuga di mare è efficace nel disintossicare il corpo dagli acidi e possiede anche il più alto grado di vitamina A fra i vegetali.

NOCI DI GINGKO

Con alti valori di grassi, le noci di gingko vengono usate per compensare la mancanza di grassi nella dieta vegetariana. Vengono messe sullo spiedo alternativamente con pezzi di carota e tortine di riso e poi fritte e insaporite solo con sale e pepe per farne emergere il sapore profondo e naturale.

Nei templi buddisti non solo la preparazione del cibo, ma ogni pasto è visto come un passo nella ricerca dell'illuminazione. Non si deve mangiare troppo, né si devono mangiare troppi tipi di cibo anche se in piccola quantità. Non si deve lasciare né gettar via neppure una briciola di cibo, una volta che è stato servito. I pasti sono chiamati “offerte” in ringraziamento per il lavoro e gli sforzi richiesti per la loro preparazione. Lo spirito che sta dietro alla pratica di lavare la propria ciotola con acqua e di berne l'acqua è un esempio per i nostri tempi, quando lo smaltimento dei rifiuti alimentari è diventato un problema.La cucina dei templi si basa sulla virtù buddista dell'umiltà, in tutti i processi, dalla selezione degli ingredienti alla loro preparazione e consumo. Ne risulta potenziato lo spirito di “ritorno ai principi fondamentali” della natura.

ELEMENTI SPIRITUALI

🌬LA MEDITAZIONE🌬

La meditazione buddhista è un tipo di meditazione usata nella pratica del buddhismo che include ogni metodo che abbia come ultimo fine l'illuminazione. La parola più simile per esprimere questo concetto, nella tradizione buddhista, è bhavana o sviluppo mentale.I metodi principali della meditazione buddhista sono divisi in samatha (meditazione della tranquillità) e vipassana (meditazione dell'intuito).

Le meditazioni samatha includono l'anapanasati (coscienza del respiro) e i quattro brahma-viras dei quali mettā bhāvanā è il più praticato. Le meditazioni vipassana comprendono la contemplazione dell'impermanenza, la pratica dei sei elementi, e la contemplazione della condizionalità. Le meditazioni Samatha solitamente precedono e preparano per quelle vipassana.

🎐KARMA🎐

"KARMA É L'UNICA TIPA CHE RITORNA COME UN BOOMERANG"

La parola Karma significa azione e consiste in una forza che trascende. Questo tipo di energia è infinita ed invisibile ed è conseguenza diretta delle azioni dell’essere umano. Il karma si regge su dodici leggi. Ognuna di esse permette di comprendere il senso spirituale dell’esistenza.

Nel buddismo non esiste un dio che controlla, queste leggi provengono dalla natura (come la legge di gravitazione universale) e le persone hanno il libero arbitrio di applicarle o meno. Di conseguenza, fare bene o male dipende solo da noi e da tale decisione dipendono le conseguenze delle quali siamo, in gran parte, responsabili.

Queste sono le dodici leggi del karma secondo il buddismo:

1. La grande legge: questa legge può essere riassunta nella frase “raccogliamo quello che seminiamo”. È nota anche come la legge di causa ed effetto: quello che diamo all’universo è quello che l’universo ci restituisce, ma se è una cosa negativa, ce lo restituirà moltiplicato per dieci. Se diamo amore, riceviamo amore; se diamo disamore, riceveremo disamore moltiplicato per dieci.

2. La legge della creazione: dobbiamo partecipare alla vita. Facciamo parte dell’universo, dunque siamo un tutt’uno con esso. Intorno a noi troviamo indizi del nostro passato remoto. Crea le opzioni che desideri per la tua vita.

3. La legge dell’umiltà: continuerà ad accaderci quello che ci rifiutiamo di accettare. Se siamo capaci solo di vedere gli aspetti negativi degli altri, ristagneremo ad un inferiore livello di esistenza; viceversa, se li accettiamo con umiltà, ascenderemo ad un livello superiore.

4. La legge della crescita: ovunque tu vada, lì ti troverai. Dinanzi alle cose, ai luoghi e alle altre persone, siamo noi a dover cambiare, e non quello che ci circonda, per evolvere nella nostra spiritualità. Quando cambiamo il nostro essere, la nostra vita cambia.

5. La legge della responsabilità: quando ci accade un evento negativo, è perché in noi c’è qualcosa di negativo, siamo il riflesso dell’ambiente circostante. Di conseguenza, dobbiamo affrontare con responsabilità le azioni nella nostra vita.

6. La legge della connessione: tutto quello che facciamo, per quanto sembri insignificante, è in connessione con l’universo. Il primo passo conduce all’ultimo e tutti sono ugualmente importanti, perché insieme sono necessari per raggiungere il nostro obiettivo. Presente, futuro e passato sono connessi tra loro.

7. La legge della focalizzazione: non è possibile pensare a due cose simultaneamente. Saliamo gradino dopo gradino, uno alla volta. Non possiamo perdere di vista le nostre mete, perché l’insicurezza e l’ira si adopererebbero di noi.

8. La legge del dare e dell’ospitalità: se pensate che qualcosa possa essere veritiera, giungerà il momento in cui lo potrete dimostrare. Dobbiamo imparare a dare per mettere in pratica quanto appreso.

9. La legge del “qui ed ora“: rimanere aggrappati al nostro passato ci impedisce di godere del presente. I vecchi pensieri, le cattive abitudini ed i sogni frustrati ci impediscono di avanzare e di rinnovare il nostro spirito.

10. La legge del cambiamento: la storia si ripeterà fino a quando non assimiliamo la lezione che dobbiamo imparare. Se una situazione negativa si presenta più volte, è perché in essa vi è una conoscenza che dobbiamo acquisire. Bisogna indirizzare e costruire il nostro cammino.

11. La legge della pazienza e della ricompensa: le ricompense sono il risultato dello sforzo previo. A maggiore dedizione, maggiore sforzo e, pertanto, maggiore gratificazione. È un lavoro di pazienza e perseveranza che dà i suoi frutti. Dobbiamo imparare ad amare il nostro posto nel mondo, il nostro sforzo sarà onorato al momento giusto.

12. La legge dell’importanza e dell’ispirazione: il valore dei nostri trionfi ed errori dipende dall’intenzione e dall’energia che utilizziamo a tale fine. Contribuiamo individualmente ad una totalità, dunque le nostre azioni non possono essere mediocri: bisogna mettere tutto il nostro cuore in ogni apporto che diamo.

Riti e cerimonie

🖌mandala🖍

I mandala simboleggiano il palazzo delle attività risvegliate di particolare Buddha e del suo seguito. Ogni aspetto ha un significato simbolico, niente è lasciato al caso. Per esempio, il mandala di Avalokitèshvara proviene dagli insegnamenti di Budda Shakyamuni e può forse essere descritto come la residenza del Budda della compassione.

Il mandala serve di base per meditare, invocare, fare delle offerte e delle richieste ai Buddha di accordare le loro benedizioni e la loro ispirazione. Finalmente, gli invitati torneranno nelle loro dimore il mandala sarà sciolto con le preghiere. Le sabbie colorate sono generalmente diffuse nel corso d’acqua più vicino. Le persone presenti possono portare via con sé un po’ di sabbia benedetta.

In breve, il mandala permette di generare la compassione e l’armonia nel nostro mondo con la pratica autentica dello spirito di grande compassione unificata alla saggezza che comprende la vacuità. Questo spirito è utilizzato allora per meditare i differenti Buddha. Vedere il mandala creerà un’impressione positiva nello spirito della gente, le potenti energie rigeneratrici saranno invitate e un karma positivo sarà generato.

I monaci del khangtsene di Ngari faranno i seguenti mandala:

Avalokiteshvara (Tchenrézi)

Buddha della medecina (Sangye Menlha)

Tara (Dolma)

Elementi (Leg Natso)

Eccetto il mandala dei cinque elementi Leg Natso che possono essere compiuto in una giornata, la creazione di ogni mandala prende approssimativamente cinque giorni, compreso le cerimonie di apertura e di scioglimento. Altri tipi di mandala possono essere considerati secondo le domande.

🍛Le torme🍛

I monaci del khangtsene di Ngari realizzeranno anche dei dolci rituali (torma) a base di farina di orzo tostato (tsam-pa). Queste torme sono utilizzate durante rituali tantrici e possono, secondo i pujas e le deità alle quali sono offerte, avere delle forme o delle taglie differenti. I tormas sono offerte per parecchie ragioni: talvolta per semplice atto di generosità o per calmare dei protettori furibondi, talvolta per negoziare con gli esseri mondani.

💫Le preghiere e i rituali (Shabten)💫

Tagliare l’illusione di un “io” esistente inerentemente (Chöd). La parola tibetano Chöd è tradotta spesso come « tagliare», « troncare » o « smantellare », termini che devono essere compresi principalmente a livello simbolico e/o psicologico, come una liberazione radicale dal proprio ego e tutto ciò che abitualmente teme. La pratica del Chöd proviene dagli insegnamenti del mahasiddha indiano Phadampa Sanguyé (1045 -1117) e i suoi praticanti considerano il sutra della Prajnaparamita come il testo consacrato più importante.

La pratica di guarigione del Chöd è un vecchio rituale buddhista riconosciuto per la sua efficacia nel curare le malattie mentali e fisiche, eliminare gli ostacoli del karma allo sviluppo spirituale, ecc.

Tempo necessario: nella sua versione corta, questa pratica dura circa 15 minuti. Questo rituale sarà compiuto anche durante lo spettacolo di danze sacre.

📖Preghiere (Puje)📖

In base alle vostre esigenze, i monaci del khangtsene di Ngari possono compiere le seguenti preghiere :

Il Budda della medicina (Sangye Menlha) per la salute e la guarigione.

Cittamani Tara (Dolchok) per il compimento dei vostri auguri.

Hayagriva (Tam drin sangue) per sormontare l’egoismo interiore e gli ostacoli esterni.

Preghiera in sette rami (Chutrul di ramne) per accumulare dei meriti.

Purificazione (Jab Thru) per eliminare gli ostacoli, karma negativi.

Preghiere per i defunti, affinché le persone decedute possano ottenere una rinascita superiore.

🐲Le divinazioni (Mo)🐲

Il Buddhismo è dotato di metodi di predizioni (mo) basate sul potere e la saggezza degli insegnamenti del Budda. Ancora oggigiorno, prima di prendere delle decisioni importanti, o nei periodi di transizione della vita, i tibetani utilizzano questi metodi divinatori che poggiano sulla filosofia buddhistica.

Ci sono due modi diversi di fare questi Mo. Il primo è di gettare dei dadi, il secondo è di contare le perle di un rosario. Queste divinazioni dipendono anche dalla deità di meditazione alla quale si fa la domanda (Manjushri, Tara, Vajrapani, Paldèn Lhamo, le cinque Dakinis, ecc.). si può fare ogni tipo di domanda (le domande sono spesso associate a risposte « si » o « no »). Dopo, il Lama può suggerirvi di fare delle pratiche, delle preghiere o dele puje per creare condizioni per una risoluzione positiva della situazione.

🏠Le recitazioni di sutras, benedizioni di case🏠

Tradizionalmente le persone invitano ancora dei monaci a casa per eliminare degli ostacoli ed accumulare dei karma virtuosi che produrranno dei risultati positivi. Per ciò, i monaci del khangtsène di Ngari possono recitare certe scritture buddiste come per esempio:

Il soutra del Prajna Paramita in 8000 strofe: Tre monaci recitano in una giornata o un monaco durante tre giorni

Il sutra del Prajna Paramita in 12 volumi: La recitazione di questo sutra fondamentale elimina gli ostacoli e porta delle benedizioni positive molto vaste. È detto che semplicemente avere un esemplare di questo testo sul suo altare è sorgente dei grande benefici.

Il sutra di Luce dorata: Non sarebbe ciò che sentire questo sutra è porta di numerosi benefici (come per esempio evitare le rinascite nei regni inferiori, ricevere dell’aiuto di esseri superiori ecc) e purifica talmente di karma negativi.

Il Sutra del diamante: uno dei principali testi del grande veicolo ed una della pratica più proficua perché è spiegato come troncare la radice dell’esistenza ciclica, l’ignoranza che attribuisce agli esseri come alle cose un’esistenza vera, sebbene siano in realtà « vuoto» di una tale esistenza.

🏬Benedizioni di case e posti di lavoro🏢

Se volete , i monaci del khangtsene di Ngari possono fare delle preghiere per eliminare gli ostacoli, benedire e portare la prosperità dentro luoghi privati o professionali.

🤵🏻MATRIMONIO BUDDISTA👰🏽

Il rito del matrimonio buddista è un rito che lascia ampio spazio al significato profondo dell’amore, non è un sacramento ma una scelta volontaria degli sposi, ove gli innamorati possono testimoniare il loro amore e la loro unione davanti a parenti e amici. In Italia non ha valenza legale, quindi se volete ricorerre al rito buddista, dovete affiancarlo al matrimonio civile.

Matrimonio buddista il rito I matrimoni buddisti si svolgono solitamente nei templi e sono basati sugli insegnamenti del Budda, sul rispetto reciproco in cui i membri della coppia devono considerarsi sullo stesso livello di diritti e doveri. La prima parte del rito prevede la recitazione di alcuni capitoli del Sutra del Loto, una delle scritture buddiste più importanti in cui si dichiara che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda il quale non è un essere soprannaturale, ma la Buddità è connaturata alla stessa vita dell’universo. Si comincia recitando il capitolo Hoben e il Jgage, poi qualche minuto di Daimoku. In seguito gli sposi e i testimoni bevono tre sorsi di sakè da tre tazze, metafore delle tre esistenze di passato, presente e futuro. Si usa a questo punto dare voce ai sentimenti dei presenti, ognuno esprime le proprie emozioni augurando il meglio agli sposi: qualcuno può leggere una frase dal Gosho o un brano ­tratto anche dalla letteratura non buddista a suo piacere, qualcun altro può esprimere liberamente quello che sente. La recitazione di tre Daimoku conclude il rito. Incenso e candele per la statua del Budda in segno di ringraziamento per la benedizione rendono l’atmosfera magica e romantica, tutta la celebrazione viene accompagnata da canti buddisti e preghiere.

Il matrimonio con rito buddista è molto diverso dalle tradizionali cerimonie che siamo soliti conoscere, è diverso dai riti cattolici e, in generale, da quelli occidentali, è ben lontano anche da quelli etnici, compreso il matrimonio gipsy.

Il matrimonio buddista è qualcosa di molto spirituale, anche se non ha niente a che fare con la religione ma è qualcosa di profondo, che intende toccare l’anima. Solitamente gli invitati non hanno obblighi di abbigliamento ma devono solo togliere le scarpe nel caso in cui la cerimonia si svolga all’interno del santuario. Per quanto riguarda la sposa invece è assolutamente vietato il bianco, è considerato il colore del lutto. A predominare è la semplicità, un ritrovo di se stessi e la scoperta dell’amore vero tra un uomo e una donna.

⚰️La morte nel buddismo⚰️

Per il Buddismo la morte è una trasformazione di energia. Il buddismo ci insegna che con la morte la vita non scompare ma si trasforma in qualcosa di più profondo e consapevole. Dopo la morte per i buddisti quindi l'uomo continua ad esistere fino a quando non si manifesteranno di nuovo le condizioni per una nuova reincarnazione nel mondo della materia.

Questo succede a tutti gli esseri viventi, a miliardi di persone, di animali, di organismi unicellulari che esistono sono esistiti e esisteranno su questo pianeta e sulle miliardi di galassie dei miliardi di universi. Il divenire è una realtà in cui nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma come ci insegna la chimica.

Dopo la morte il buddhismo crede in una reincarnazione ciclica nelle diverse specie di esistenza secondo la propria legge personale del "Karma", parola traducibile con "obbligo" o "compito", ma che in realtà rappresenta l'essenza prima di causa/effetto di ogni anima. L'obbiettivo esistenziale è azzerare il Karma, se non ci si riesce in questa vita ci si rincarna seguendo le leggi del livello di Karma più appropriate a quel tipo di anima. Anche per il buddhismo esiste un inferno ed un paradiso (molti inferni e molti piani paradisiaci). Se l'uomo è stato particolarmente cattivo, dopo la morte fisica, l'attendono pene infernali di lunga o media durata, mentre le buone azioni in vita sono premiate con la dimora in un mondo divino. Tuttavia il piacevole soggiorno nei piani divini non è per l'eternità, la liberazione finale dalle sofferenze e dalle passioni è garantita solo dal raggiungimento della completa illuminazione chiamata Nirvana.

Eloquente metafora per intuire cosa accade per il buddista quando un essere vivente muore si può avere paragonando l'intero universo fisico/non fisico ad un mare; l’onda che si vede in superficie è semplicemente il prodotto dell’energia di un movimento ondoso invisibile che esiste nelle profondità dello stesso, quindi l’onda, il movimento “visibile” deriva da un’onda, da un movimento “invisibile”. L'energia cinetica che ha generato l’onda visibile, dopo un certo tempo, si dissolverà e così l’onda visibile si mescolerà nuovamente alle profonde onde invisibili dell’oceano. Al momento della morte la vita non si dirige fisicamente in nessun luogo poiché è già parte dell’universo/mare. Sebbene la nostra forma fisica muoia e la nostra coscienza legata al corpo venga meno, l’entità della nostra vita continua ad esistere nella vita eterna dell’universo/mare da dove deriva e da dove è nata, proprio come il moto ondoso prosegue, invisibile, nell’oceano, quando un'onda scompare dalla sua superficie.

Per il Buddhismo tutti gli esseri viventi superiori, inferiori ed anche gli Dei, non sfuggono alla suprema legge dell'universo della morte e alla possibilità di reincarnarsi in un essere direttamente inferiore o superiore allo stato della loro ultima incarnazione. Gli uomini sono, per cosi dire, avvantaggiati e risiedendo in un piano fisico particolarmente vicino al dolore ed alla sofferenza possono sperare di prendere coscienza più facilmente e di ottenere l'illuminazione unica e definitiva che ponga fine al ciclo delle rinascite.

L'obiettivo dell'uomo che segue il cammino di salvezza del Buddha è il raggiungimento della condizione suprema del Nirvana; l'estinzione in vita terrena di ogni desiderio e la libertà da ogni forma di condizionamento materiale e psicologico. Ottenuta questa illuminazione interiore il saggio si disfa del carico del Karma che lo lega al corpo materiale preparando la strada alla liberazione definitiva; l'unione al Tutto, l'unione a Dio.

The end

Marta travaglini

GRETA PROCOPIO

GIOELE CARAVATTI

Gabriele bottinelli

UZKO BALUZKO FACCIO IL BOTTO
Created By
MARTA Procopio
Appreciate

Credits:

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