Carlo Magno Martina burocco

Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve e fondatore del Sacro Romano Impero, fu un grande condottiero e un amante della cultura.

Carlo Magno nacque nel 742 ad Aquisgrana; dopo la morte del padre il regno venne diviso in due, a lui venne data la parte nord occidentale della Francia e la bassa valle del Reno e a suo fratello Carlomanno, la parte orientale della Francia e l'alta valle del Reno. A seguito della morte prematura del fratello, Carlo, riunì il regno e nel Natale dell' 800 venne incoronato da papa Leone III, a San Pietro e proclamato imperatore del Sacro Romano Impero.

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Una delle più famose battaglie di Carlo Magno è quella di Roncisvalle, avvenuta nel 778 contro i Saraceni; Carlo Magno, avendo preso la decisione di difendere gli Spagnoli cristiani, attaccati dagli Arabi, dopo aver attraversato i Pirenei, conquistò Barcellona e Pamplona. Però i cristiani locali non vollero stare dalla parte del condottiero e decisero di unirsi agli Arabi. Alla notizia di una rivolta dei Sassoni, Carlo rientrò in patria e lasciò il nipote Orlando, uno dei suoi più valorosi paladini, con la guardia reale a difendere il bottino, il 15 agosto però gli Spagnoli li aggredirono e li depredarono. Nell'imboscata morirono molti guerrieri tra cui il valoroso Orlando. Con il tempo la morte di Orlando fu spunto di molti poemi epici.

Un esempio è la Chanson de Roland del XI secolo, e con il tempo fu anche ispirazione per L'Orlando furioso di Ludovico Ariosto del 1532.

Sono alti i monti, sono altissimi gli alberi;

ci son quattro pietroni di marmo lucidi.

Sull’erba verde il conte Orlando s’accascia.

Un Saraceno se ne sta lì a guardarlo,

s’è finto morto, giace in mezzo agli altri;

di sangue ha lordo tutto il corpo e il viso;

si rizza in piedi e di corsa si slancia.

È bello e forte e di grande coraggio;

per presunzione fa una follia mortale:

afferra Orlando, il suo corpo e le armi,

e dice «Vinto è il nipote di Carlo!

Questa spada la porterò in Arabia».

Allo strattone si riscuote un po’ il conte.

Lo sente Orlando che la spada gli toglie.

Apre gli occhi, gli dice queste parole:

«Mi pare proprio che tu non sia dei nostri!».

Brandisce il corno, che non volle mai perdere,

gliel’abbatte sull’elmo adorno d’oro e gemme:

schianta l’acciaio con la testa e le ossa,

gli occhi dal capo glieli manda fuori,

così ai suoi piedi l’ha abbattuto morto.

E poi gli dice: «Vigliacco, come hai osato

toccare me, a ragione oppure a torto?

Non l’udrà alcuno che non ti dia del folle!

Rotto è il mio corno nella parte grossa,

ne son caduti giù il cristallo e l’oro».

Lo sente Orlando che la vista ha perduta,

si mette in piedi, quanto può si sforza;

il colorito del viso ha perduto.

Davanti a lui c’è una pietra bruna:

dieci colpi ci dà con dolore e con rabbia;

stride l’acciaio, non si rompe né intacca.

«Eh!», dice il conte, «santa Maria, aiuto!

Eh! Durendal, brava, quanta hai sfortuna!

Giacché perisco non potrò più difenderti.

Tanti eserciti in campo con te ho vinto,

e tante terre grandi prese in guerra

che Carlo tiene, che ha la barba canuta!

Non ti abbia alcuno che da un altro fugga!

Gran buon guerriero a lungo ti ha tenuta,

mai più uno uguale ne avrà la santa Francia».

Colpisce Orlando la pietra di Cerdagna:

stride l’acciaio, non si rompe né scheggia.

Quando s’accorge che non la può infrangere,

fra sé e sé prende allora a compiangerla:

«Eh! Durendal, come sei chiara e bianca!

E come al sole splendi e mandi fiamme!

Carlo stava nei valli di Moriana

quando gli comandò Dio col suo angelo

che ti donasse a un conte capitano:

e me la cinse il re nobile, il grande.

Ci conquistai per lui Angiò e Bretagna,

ci conquistai per lui Poitou e Maine;

ci conquistai per lui Normandia franca,

ci conquistai per lui Provenza e Aquitania,

e Lombardia e tutta la Romagna;

ci conquistai per lui Baviera e tutta Fiandra,

e Bulgaria e Polonia tutta quanta,

Costantinopoli, di cui prese l’omaggio,

e in Sassonia fa lui ciò che comanda;

ci conquistai per lui Scozia ed Irlanda,

e Inghilterra, che casa sua considera;

ci conquistai per lui paesi e terre tante

che Carlo tiene, che ha la barba bianca.

Per questa spada ho dolore ed affanno:

meglio morire, che ai pagani lasciarla.

Dio padre, fa che mai ne abbia vergogna Francia!».

Il conte Orlando giace sotto un pino,

verso la Spagna tiene volto il viso.

Di molte cose gli ritorna alla mente,

di tante terre quante ne prese il prode,

la dolce Francia, quelli del suo lignaggio,

Carlomagno che l’allevò, suo signore;

non può impedirsi di sospirare e piangere.

Ma non si vuole dimenticare di sé,

confessa le sue colpe, chiede a Dio pietà:

«Vero Padre, che non hai mai mentito,

san Lazzaro da morte risuscitasti,

e Daniele dai leoni salvasti,

a me l’anima salva da tutti i pericoli

dei miei peccati quanti ne ho fatti in vita!».

Il guanto destro porge in pegno a Dio:

San Gabriele dalla sua mano l’ha preso.

Sopra il braccio si tiene il capo chino,

le mani giunte è arrivato alla fine.

Dio gli manda il suo angelo Cherubino

e San Michele del mare del Pericolo;

insieme a loro viene lì san Gabriele,

portan del conte l’anima in paradiso.

I territori conquistati da Carlo Magno

I punti più importanti che portarono alla fondazione del Sacro Romano Impero sono i seguenti:

Dopo pochi anni dalla morte del padre Pipino il Breve, Carlo s'impossessò di tutta l'Italia settentrionale e con la conquista di Pavia divenne re dei Longobardi e dei Franchi. Dopo molte battaglie volle essere incoronato a Roma dal Papa per far rinascere quello che chiamò Sacro Romano Impero d'Occidente, legando il titolo di imperatore alla Chiesa e dal quel momento in poi per diventare imperatore sarebbe stata indispensabile la consacrazione papale: tutti i sudditi erano cattolici e la capitale del regno era Aquisgrana.

Gli elementi che permisero a Carlo Magno di regnare a lungo furono soprattutto questo legame con la Chiesa Romana e l'alleanza con l'aristocrazia franca. Carlo diventò il difensore della religione cristiana e governò sempre con la collaborazione dei vescovi cattolici favorendo l'integrazione tra i Franchi e la popolazione cattolica gallo-romana. Il Papa si proclamava capo assoluto della Chiesa Cristiana.

Carlo fu un grande capo militare, infatti passò gran parte della sua carriera in guerra, combatté per circa trent'anni i Sassoni, che occupavano i territori della Germania del nord, poi i Bavari che si erano stanziati nell'attuale Bavaria, e ancora gli Avari che minacciavano la Baviera e il Friuli.

Dopo tante guerre e vittorie il dominio di Carlo Magno si estendeva dall'Elba all'Atlantico, all'Ebro, al Danubio.

Gli Avari trasmisero a Carlo Magno l'uso delle staffe nel cavalcare e questo cambiò il modo di combattere; un uomo armato di spada e di lancia, saldamente appoggiato sulla staffa è invincibile contro un uomo a piedi, perchè ha una forza d'urto travolgente. Il nucleo più importante dei guerrieri di Carlo Magno divennero i cavalieri cioè gli unici a spostarsi a cavallo e a portare le armi.

Carlo Magno aveva un cronista di nome Eginardo, egli ha scritto un libro su Carlo, intitolato : Vita et gesta Caroli Magni, il libro è la biografia di Carlo Magno, in cui egli descrive la personalità, la vita e le opere dell'imperatore, sulla base della sua conoscenza personale.

Vita et gesta Caroli Magni- Eginardo

Ho scelto alcuni pezzi tratti dalla biografia scritta da Eginardo che descrivono aspetti caratteristici di Carlo Magno.

Di corpo era grande e robusto, alto di statura, senza essere sproporzionato – a quanto risulta, la sua altezza corrispondeva a sette volte la lunghezza del suo piede –; aveva testa rotonda, occhi molto grandi e vivaci, naso un po’ più lungo del normale, bei capelli bianchi, uno sguardo allegro e cordiale. Era un aspetto che gli conferiva grande autorevolezza, sia quando stava in piedi, sia quando sedeva; e i suoi difetti (il collo appariva grosso e corto, e il ventre troppo sporgente) li nascondeva l’armonia dell’insieme. Aveva passo fermo e portamento virile; la voce era acuta, ma poco adatta a un uomo della sua corporatura.
Aveva un’eloquenza ricca e prorompente, ed era in grado di esprimere con la massima chiarezza tutto ciò che voleva. Non si accontentò di conoscere la sua lingua materna, ma si impegnò anche nello studio delle lingue straniere: il latino lo imparò così bene che lo usava nei discorsi come la sua propria lingua, il greco riusciva a capirlo meglio che a parlarlo. Aveva parola così sciolta che poteva apparire anche mordace.

Morte di Carlo Magno

Carlo muore per malattia (pleurite) il 28 gennaio del 814, e viene sepolto nella cattedrale di Aquisgrana.

Il Sacro Romano Impero si disgregò pochi decenni dopo la morte di Carlo Magno e venne diviso in tre parti con il trattato di Verdun nell'843, nell'877 viene sancita la fine dell'Impero Carolingio.

Sitografia e blibliografia

Orlando Giudici, Andrea Vencini Il nuovo con gli occhi della storia volume 1 ed mursia scuola

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