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L'industrializzazione dell'Italia

In ITALIA all'inizio del Novecento ci sono due grandi cambiamenti:

  1. Nel 1900 diventa re il giovane Vittorio Emanuele III, figlio di Umberto I assassinato dall'anarchico Bresci dopo aver elogiato la strage di Bava Beccaris a Milano
  2. Nel 1903 assume la carica di Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti (già Presidente del Consiglio tra 1892 - 1893), un liberale piemontese laico ed innovatore (liberale: he s’ispira ai principi etici del liberalismo, basati sul rispetto e sulla difesa della libertà individuale e della libera iniziativa economica, massimo esponente nell'Ottocento fu Cavour)

Entrambi dovevano far fronte all'arretratezza del Paese e all'urgenza di cambiamento. C'era una forte spaccatura tra il Paese legale e il Paese reale.

  • paese legale: rappresentato dai palazzi del potere (il Parlamento dove i parlamentari erano ancora eletti da una percentuale esigua della popolazione, il governo che applicava le leggi ma soprattutto a favore dei più ricchi, le forze dell'ordine sempre pronte a stroncare le proteste dei lavoratori)
  • paese reale: braccianti, mezzadri, borghesi, operai (la vera forza lavoro del Paese ma esclusa dalle decisioni e dal potere)

Giolitti capiva che era necessario ascoltare le richieste di questa parte della società per un motivo sia umanitario che economico: la società dei consumi si basa appunto sulla possibilità di spendere denaro per alimentare la produzione. Una società povera è destinata ad arretrare anche sul punto industriale.

Per sanare il disagio sociale e sviluppare così anche l'industria e il benessere del Paese, Giovanni Giolitti vara delle RIFORME SOCIALI:

  • affermò il diritto dei lavoratori ad avere delle associazioni sindacali (permise nel 1906 la nascita della Cgl: Confederazione generale del lavoro - 1910: Confindustria)
  • garantì paghe e condizioni di lavoro migliori per gli operai (orario ridotto per le donne, limiti di età per i bambini, cure ai lavoratori malati v. p.58!!!)
  • 1912: istituì il suffragio universale maschile (per coloro che avevano compiuto 30 anni e svolto il servizio militare) - da 3 milioni a 8 milioni e mezzo di votanti

Diffuse l'idea dello Stato come mediatore dei conflitti sociali che si metteva al tavolo della contrattazione tra operai e padronato.

  • riformò le ferrovie per sostenere gli imprenditori e creò le Ferrovie dello Stato (garantendo continuità e uniformità nei costi e nelle strutture)
  • continuò la politica protezionistica già avviata dalla Sinistra Storica per proteggere i prodotti industriali (v. tessuti ed automobili) - si sviluppò così il triangolo industriale tra Piemonte, Lombardia e Liguria
  • cercò di favorire anche l'industrializzazione del Sud con finanziamenti speciali alla Basilicata, costruendo l'acquedotto in Puglia e creando il grande impianto siderurgico dell'ILVA di Bagnoli, nella periferia di Napoli.

MA questi provvedimenti risultarono insufficienti per lo sviluppo reale del Meridione.

Il Sud restava una regione agricola dove la campagne erano in mano ad alcuni proprietari illuminati e dinamici (colture specializzate come le arance in Sicilia, pomodori in Campania che però entrarono in grande sofferenza con il protezionismo di Giolitti) ma soprattutto a molti grandi proprietari latifondisti conservatori.

Proprio lo stesso protezionismo finì per per avvantaggiare questa categoria di proprietari, possessori di immensi latifondi coltivati soprattutto a grano, liberi di continuare a vendere i loro prodotti senza concorrenza sul mercato nazionale senza la necessità di operare migliorie e mantenendo rapporti feudali con i lavoratori.

Questi latifondisti avevano la certezza di vendere tutti i loro prodotti sul mercato nazionale, senza nessuna concorrenza di mercati stranieri.

Inoltre un tragico avvenimento contribuì ad aumentare i problemi del Sud: nel 1908 un terremoto distrusse la città siciliana di Messina e danneggiò gravemente Reggio Calabria.

Verso la fine del suo governo Giolitti fu costretto a compiere un'impresa secondo lui inutile e dannosa: la conquista di una colonia in Africa. Era forte il desiderio di riscattare la sconfitta in Etiopia del 1896 durante il governo Crispi e di gareggiare con le altre potenze coloniali. Si voleva inoltre dare ai contadini nuove terre da coltivare cercando di fermare l'emigrazione.

Nel 1911 l'Italia iniziò la conquista della Libia, una tra le pochissime terre africane rimaste ancora libere dal dominio coloniale straniero. I soldati distrussero i villaggi e uccisero migliaia di civili. Nel 1912 occuparono la parte costiera della Libia ma in generale si trattò di un'operazione fallimentare.

La terra libica apparve arida e poco coltivabile. Non si conoscevano ancora i giacimenti petroliferi del suo sottosuolo.

Credits:

Creato con un’immagine di jingoba - "car fiat veteran"

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