Finalismo classico e quantistico Scopo della vita dell'uomo e dell'evoluzione dell'universo

"Vi è molto di più al mondo di ciò che si può dividere e misurare. Pertanto, se la ragione è la facoltà che ha un uomo di rendersi conto del reale, essa non può essere ridotta alla capacità di produrre rapporti quantitativi tra misure o concetti"

Da sempre l’uomo si è chiesto quale fosse il suo ruolo nell’universo; se la sua esistenza e l’esistenza stessa del cosmo avessero uno scopo, un significato.

IL PRINCIPO ANTROPICO

Osservazione, teoria, interpretazione

Brandon Carter, 1942

Il principio antropico venne enunciato da Brandon Carter in ambito fisico e cosmologico per sottolineare che tutte le osservazioni scientifiche sono soggette ai vincoli dovuti alla nostra esistenza di osservatori. Si è poi sviluppato come una ipotesi che cerca di spiegare le attuali caratteristiche dell'Universo.

Senza in origine avere nessun intento teleologico Carter propose due versioni del Principio Antropico:

  • Il Principio Antropico Debole (PAD) prende in considerazione ”il fatto che la nostra collocazione nell’Universo è necessariamente privilegiata nella misura in cui deve essere compatibile con la nostra esistenza come osservatori”
  • Il Principio Antropico Forte (PAF) sostiene che: ”L’Universo (e quindi i parametri fondamentali da cui esso dipende) deve essere tale da ammettere la creazione di osservatori al suo interno in qualche stadio dell’evoluzione”. Questa versione del Principio Antropico si basa sul fatto sperimentale che, variando di poco il valore di una delle costanti fondamentali della natura non sarebbe stata possibile l’evoluzione di forme di vita basate sul carbonio come la nostra.

Le tesi antropiche sia dal punto di vista fisico, biologico e chimico sia da quello pi`u speculativo della filosofia, sono esposte in un famoso libro da Barrow e Tipler [10] che riassumono in tre punti le implicazioni possibili del PAF:

A) esiste un unico possibile Universo progettato con lo scopo di generare e mantenere in vita degli osservatori;

B) gli osservatori sono necessari all’esistenza dell’Universo quanto l’Universo è necessario per l’esistenza degli osservatori

C) Un insieme di altri differenti universi è necessario per l’esistenza del nostro Universo.

”Il fatto degno di nota è che i valori di questi numeri sembrano essere stati esattamente coordinati per rendere possibile lo sviluppo della vita. Per esempio, se la carica dell’elettrone fosse stata solo lievemente diversa, le stelle o sarebbero incapaci di bruciare idrogeno ed elio o non potrebbero esplodere”

Si può ragionevolmente sostenere che occorre integrare la relazione tra osservazione e teoria con un terzo elemento, che si identifica con l’interpretazione.

Se la via della spiegazione resta preclusa, non si può che ricorrere a quella della interpretazione, la quale, a nostro avviso, è la sola percorribile in questioni di origine. Ora, applicare tale via al problema cosmologico significa giustificare la presenza di una ricerca di senso all’interno dell’indagine empirica (la prova della realtà).

Una formulazione più completa del PAF deve ipotizzare esplicitamente l’ esistenza di un grande numero di pianeti come la Terra, tale da bilanciare il numero di passi improbabili necessari per l’evoluzione. Questo ci porta ad un ulteriore interpretazione del PA che è stata chiamata Principio Antropico Universale.

"L’Universo (e quindi i parametri fondamentali da cui esso dipende, e il numero di luoghi dove l’evoluzione può accadere) deve essere tale da ammettere la creazione di osservatori al suo interno in qualche stadio dell’evoluzione e assicurare loro un tempo di vita non banale"

In meccanica classica si riesce a colpire un bersaglio con una freccia se si selezionano opportunamente le condizioni iniziali. Potremmo definire la scelta della velocità e della posizione iniziale come finalismo classico.

In meccanica quantistica, quando valgono leggi probabilistiche, aumentare il numero di tentativi è la migliore strategia da seguire. Questo tipo di finalismo è stato battezzato finalismo quantistico.

Se l’organizzazione dell’universo secondo leggi sottende uno scopo e questo è la nascita (ad un certo punto dell’evoluzione) dell’Homo Sapiens, allora l’estensione e l’abbondanza della creazione potrebbe completare la giusta strategia finalistica, conciliando la non contingenza con il massimo grado di libertà compatibile con la coerenza del sistema.

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