Francesca Qualche istante nel mondo di Gamassi

Un libro e una farfalla, una farfalla di carta.

Ma all'inizio c'è solo il libro.

Poi, all'improvviso, ecco la farfalla.

Compare con un guizzo dalle pagine di carta. Come fosse rimasta lì in mezzo imprigionata, a tradimento bloccata tra due masse pressanti, tra parole e frasi schiaccianti. Ha atteso lì immobilizzata. Poi, appena la pressione è calata, riprende la lotta, si riaccende la battaglia, che era solo interrotta, mai abbandonata.

E all'improvvisa è libera.

Un'apparizione inaspettata, dal silenzio si libra impensata una danza leggera di ali di carta. E anche quando queste hanno smarrito la loro carica e giacciono abbandonate a terra, ancora la magia non è passata, come se nel loro breve attimo di vita abbiano diffuso intorno, a ritmo tremolante delle pulsazioni del loro frullio, il loro impalpabile incanto.

Un attimo prima tutto era sopito, l'attimo dopo tutto è uno scintillio, un luccichio, un brillio.

Tra i due momenti c'è stato un attimo di passaggio, ci deve esser stato. Provo a isolarlo, quell'istante in cui tutto è cambiato, quella frazione di attimo che ha separato una tranquilla inerzia d'animo da un mondo di stimoli che ti abbracciano. Ma l'intuizione mi scivola via tra le dita e mentre mi sfugge beffarda riesco ad acchiappare a stento una sensazione di breve smarrimento, come se quell'attimo di passaggio si fosse riempito di un sussulto del mio animo.

Ed è in quel sussulto che si è inserita Francesca.

Francesca è alta. Francesca è bella, molto bella. Francesca ha occhi che non lasciano scampo, non lasciano contorni intorno a ciò che guardano, ti mettono a nudo in un attimo e nudo per tutto il tempo ti senti sotto il suo sguardo. Francesca è coerente. Lo stesso sguardo con cui indaga gli ambienti, con cui dentro di lei li spoglia fino ad arrivare al loro nucleo sostanziale, per poi rivestire quel centro essenziale di tutto ciò che è complementare, lo stesso sguardo lo poggia sulle persone.

E' coerente.

Ma torniamo a quell'attimo di smarrimento, a quel breve sussulto del mio animo, quello che Francesca ha adoperato.

Una mattina di maggio. Un sabato come un altro del quinto mese di questo nostro anno.

Antica Cappelleria Martello, quel luogo in cui tutti i vostri nonni compravano il copricapo, cascasse il mondo ma non poteva mancare il cappello sul capo.

E' qua che Francesca, nella sua testa, denuda gli ambienti e li riveste da capo a piedi; cioè, non proprio qua, non qui nella sala dove ancora oggi vanno e vengono i clienti, entrano a capo scoperto, riescono con un cappello; no, tutto accade poco più in là, nel retrobottega.

Quello è il luogo di Francesca.

Qui pulsa il cuore di Gamassi.

Vorrei spiegarvi cosa è Gamassi, vorrei provarci, ma non è facile, le parole a volte sono atone, mancano delle risonanze necessarie a comunicare, a spiegare qualcosa che si può solo provare.

Solo un suggerimento posso darvi, per farvi capire Gamassi. Vivetelo, calatecivi dentro, lasciatevi trasportare, lasciatevi toccare, sfiorare, possedere, inebriare. Entrate negli ambienti progettati e plasmati da Gamassi, quegli spazi in cui tutto è creato personalmente a mano, dove i dettagli, irripetibilmente unici, esclusivamente peculiari, stringono tra di loro un'inspiegabile alleanza e, senza farsi notare, ti cingono, ti attorniano, ti ammantano e ti avvolgono.

Vorrei saper spiegare meglio cosa è Gamassi, ma cogliete il mio suggerimento, entrate in quegli spazi a cui Francesca e i suoi collaboratori sono stati chiamati a intessere una coscienza, a donare un'anima.

Io mi trovo qui, nel luogo di Francesca, nel cuore di Gamassi.

Si sa che non può esistere retrobottega senza una porta di passaggio che svolga l'essenziale compito di stare a guardia che due ambienti, visceralmente diversi, non si contaminino. Se non c'è porta o se questa c'è ma gli ambienti che separa sono sulla stessa lunghezza d'onda, allora non abbiamo un retrobottega, ma una bottega più grande, per quanto solo in una parte a noi avventori sia concesso stare.

Qui, nell'Antica Cappelleria Martello, abbiamo sia la bottega, sia la porta, sia il retrobottega.

Io mi trovo sotto quella porta. Dietro, la sala in cui i cappelli, più di quanti mai potrò vederne in tutta la mia vita, aspettano, impilati dentro i grandi armadi a vetrina, che si presenti l'occasione di scegliere la giusta testa su cui abbandonarsi per godersi il viaggio su questa terra; oscillo tra questo primo ambiente e il retrobottega, che so essere il regno di Francesca.

Qui la luce, che fuori era scortesemente abbagliante, attraversando i riquadri della finestra diventa un gentile pulviscolo dorato che danza nell'aria e aggira gli ostacoli, effondendo tutti gli angoli di una luce diffusa e garbata.

Vedo un lungo bancone centrale, vedo le vecchie piastrelle a scacchiera scure e chiare, vedo le vissute tende a righe bianche e rosa alterne, sono appese ovunque, alla finestra sullo sfondo e lungo tutte le pareti, dove un tempo furono messe a fungere da ante sugli armadi a scaffale.

E' qui che ci trova Francesca, oscillanti come un pendolo sotto l'ingresso del suo retrobottega.

E' qui che ci sorprende. Si, mi sorprende, perché mi coglie proprio nell'attimo della sorpresa, in quell'attimo di passaggio in cui tutto sta cominciando a cambiare, ma niente in realtà è ancora avvenuto; sono lì, semplicemente, ferma a contemplare un luogo inusitato. Francesca arriva proprio in quella frazione di attimo che poi andrà a separare la tranquilla, precedente inerzia d'animo da questo mondo di stimoli che mi abbracciano.

Ed è come se, senza mai toccarmi, senza mai minimamente sfiorarmi, approfittasse di quel mio sussulto di smarrimento per afferrarmi la mano e portarmi con sé alla scoperta di quel suo angolo. E lo fa intessendo intorno a me parole con gesti, frasi con movimenti. Parla, ma ciò che la sua bocca non dice è completato dalle sue mani, che danzano nell'aria al ritmo delle sue labbra, sfiorano gli oggetti, tracciano sentimenti.

Non me ne rendo conto, ma a un certo punto mi accorgo di aver fatto, dietro di lei, almeno tre volte il giro della stanza.

E' un mondo condensato, il cui coerente insieme è formato da tanti frammenti dei suoi già passati lavori, accostati a vergini elementi, spunti in attesa di una giusta ispirazione, entrambi accolti con garbo tra gli oggetti dell'antica cappelleria, là per diritto riservato.

Francesca è la perfetta protagonista di questo spazio, è quasi tutt'uno con l'ambiente, come se la creazione di una e dell'altro fosse un processo vicendevole, come se non esistessero l'una senza l'altro; è un processo di creazione continuo, che infatti continua anche sotto il mio sguardo, con Francesca che, camminando e parlando, ogni tanto prende in mano degli oggetti, per poi riposarli più in là, accostati a qualcos'altro.

Vaghiamo di scaffale in scaffale, di ripiano in ripiano, ogni scaffale un cosmo, ogni ripiano un mondo, ogni oggetto un desiderio nascosto.

Ecco un ripiano: dietro la tenda bianca e rosa, scostata di lato, vi è un pinguino, dritto in piedi, isolato sullo sfondo di legno del vecchio armadio; l'ombra della tenda quasi lo raggiunge, ma lui gli sfugge, e si tende impettito, il becco drizzato verso l'alto, ponendosi in mostra davanti a un pubblico non ben identificato. Accanto a lui, nello stesso tessuto nero e grigio rigato, un cappello appoggiato, non si sa chi lo abbia posato, chissà se è mai stato indossato.

Altra tenda, altro armadio, altro incanto: un pesce è sospeso, nell'aria sta nuotando, occhi di madreperla e corpo liscio di tessuto telato, mi segue con lo sguardo mentre passo.

Passiamo a un tavolo che dimora in un angolo: da lontano quel tavolo era disabitato, ora vi scopro una spazzola al centro poggiata, setole di crine e legno bianco. Ma c'è anche altro, pezzetti lisi di vecchie velette, trame ora quasi impalpabili ma dai colori ancora rintracciabili... se ci capitate accanto trattenete il respiro e muovetevi piano.

E nell'allontanarvi attenti a non impigliarvi in quelle lettere che poi non sono che riunioni di parole sospese. Se ne sentite l'alito sul collo o sulla mano non ponete domande, appartenevano al pianeta del Piccolo Principe, Francesca qui ne ha in custodia qualcuna.

Delle tazzine color rame attirano il mio sguardo, l'alta teiera poggia la propria ombra sul volto in copertina di una bruna ragazzina smilza; puoi anche non leggere il titolo stampato sul libro, ma lo sai, è Alice.

Su un altro ripiano il retroscena di un'altra storia è mostrato, una storia di amanti; un volto ci trafigge, la dolce e amara consapevolezza di un amore non autorizzato arriva a noi come un'ondata, che travolge gli echi di tutto ciò che è stato. Abbiate riguardo per quelle lenzuola ormai fredde, per quei cuscini, per quei piatti da cui sono scomparse anche le ultime briciole.

Ma Francesca ha rispetto, non lascia che mi appropri del tutto di quel dolore, mi porta via, mi distrae con altre storie, con altri dettagli, altre trame e ricami.

Forse non basta e mi svela un segreto, mi mostra un oggetto, un piccolo quaderno, il luogo dove i sogni assumono consistenza, prendono i contorni dati loro dalle linee tracciate dalla matita di Francesca. Ma quando Francesca traccia quelle linee, quei contorni di graffite sul suo quaderno, lo fa per regalare anche a noi di quel suo sogno un pezzetto.

E qui dentro, in questo retrobottega, Francesca ha condensato i sogni che in qualche modo ci ha già donato, insieme con quelli che, un giorno, verranno. Ha fatto di questo posto il luogo della sua ispirazione.

L'ispirazione.

L'ispirazione è tutto, tutto è ispirazione, perché tutto ciò che è, che è stato, che ci è passato accanto, che ci ha travolto o solo sfiorato, tutto va a cercarsi infine un posticino comodo nella nostra anima, e lì, insospettato, attende.

Attende il suo momento, attende che il mondo sia, di nuovo, per lui perfetto.

Francesca lo sa e l'ispirazione non la cerca, la attende. Non la trascina fuori, ma le prepara l'ambiente, e per farlo si circonda di cose belle. Ci sarà un momento, lei lo sa e se ne rafforza, ci sarà un momento in cui tutto sarà posizionato in modo perfetto; allora sarà il suo istinto, la sua parte irrazionale a fare il resto, a scatenare il guizzo, a corteggiare il genio, a far uscire l'ispirazione allo scoperto.

Dopo, pian piano, riempirà le pagine del suo quaderno.

A proposito, è stato proprio dopo avermi mostrato questo suo quaderno, subito dopo averlo richiuso, appena dopo averlo riposto al sicuro, è stato subito dopo tutto questo che ha preso in mano un libro, lo ha lisciato sul dorso e, senza parole, con solo gli occhi, mi ha semplicemente detto:

"Guarda"

E da quel libro è volata fuori una farfalla.

Foto di Marco Ciampelli

Testo di Anna Lobina

Credits:

Marco Ciampelli Photography

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