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Il nostro posto nel mondo Andrea Spila introduce la giornata del traduttore 2019

Tutti noi siamo consapevoli dell'enorme impatto che le tecnologie e l'IA in particolare stanno avendo e sempre di più avranno sulla nostra professione. La maggior parte degli interventi di oggi ci parleranno di queste trasformazioni e di come affrontarle.

Quella che vedete è la rappresentazione di un robot chiamato Deep-Speare, un misto tra il deep di deep learning e Shakespeare. I ricercatori australiani e canadesi hanno creato un algoritmo che scrive sonetti, dopo essere stato addestrato su un database di migliaia di sonetti scritti da veri poeti. Curiosamente, le poesie prodotte dalla macchina venivano ritenute "umane" dalla metà di un campione di persone intervistate. Si trattava di gente comune, non addetti ai lavori, insomma. Al contrario, gli addetti ai lavori, poeti, letterati, docenti di letteratura, e possiamo immaginare, anche traduttori, riuscivano sempre a identificare le poesie "fatte a macchina". Non ci sorprende, ovviamente. In quanto traduttori, siamo abituati ad analizzare la lingua, a cogliere gli errori, ad apprezzare le sfumature.

Ma questo è ciò che noi sappiamo di noi stessi. Il resto del mondo lo sa?

Qual è il nostro posto nel mondo?

Sappiamo tutti in che mondo viviamo. Un mondo in cui sappiamo che sotto l'acqua del nostro mare ci sono migliaia di cadaveri di persone la cui unica colpa è quella di migrare.

Un mondo in cui chi tenta di porre rimedio, di opporsi, di ribellarsi, viene criminalizzato.

Un mondo in cui bruciamo gli alberi, i polmoni che ci permettono di respirare, modificando il clima del pianeta.

Un mondo in cui chi ci richiama alle nostre responsabilità viene deriso.

Un mondo in cui vediamo sterminare migliaia di civili inermi nei nostri dispositivi all'avanguardia, con le nostre armi tecnologicamente avanzate.

Un mondo in cui chi cerca il dialogo e si batte per i diritti viene ucciso.

E sappiamo tutti che tutto ciò, le migrazioni, il clima, le guerre, sono drammi creati dall'uomo, tutti legati tra loro. Qual è il nostro posto in questo mondo così maledettamente complicato? Credo che oggi, quando ci interroghiamo su come possiamo cominciare o ricominciare, sia che siamo traduttori esperti, sia che stiamo muovendo i primi passi, non possiamo evitare di rispondere a questa domanda: qual è il nostro posto nel mondo?

Siamo nell'era dell'hate speech, del linguaggio usato come arma invece che come ponte, della difesa dei confini, dell'identità narcisistica di politici che hanno fatto della lingua uno strumento di persuasione volgare, che usano la semplificazione del linguaggio per trasformare la falsità in verità. L'era della fake news.

Qual è il nostro posto nel mondo?

Bérénger Viennot, una collega francese e docente di traduzione a Parigi, ha scritto un libro su questo argomento. Si intitola "La lingua di Trump". Ve lo consiglio caldamente, perché in qualche modo ci racconta dove possiamo cominciare, o ricominciare a rivalutare la nostra posizione nel mondo.

Ci sono alcuni esempi illuminanti nel libro, ad esempio quando la Viennot analizza il modo in cui la stampa internazionale ha tradotto le esternazioni del presidente americano, eufemizzandole e de-estremizzandole.

Come quando, a un incontro di Stato in Francia, disse alla moglie di Macron "You're in such good shape", tradotto da molti giornalisti con letteralmente con "Lei è in splendida forma". Ma ovviamente, l'affermazione andava contestualizzata, si doveva tenere conto del contesto culturale e politico in cui veniva detta. Tenendo conto del personaggio che l'ha pronunciata, un maschilista misogino e razzista, la Viennot propone di tradurre la frase di Trump con: "come si mantiene bene", oppure "ma lei è ancora niente male".

Molti di voi si ricorderanno dell'altra affermazione di Trump sugli "shithole countries" anche questi tradotti in modi molto diversi dai giornalisti di mezzo mondo.

Ecco, tornando alla nostra domanda, qual è il nostro posto nel mondo, credo che valga la pena di dare meno importanza alla battaglia con le macchine che minacciano di sostituirci e di riconsiderare il nostro ruolo di interpreti della lingua. La minaccia vera, in fin dei conti, non viene dalle macchine, ma dagli esseri umani che accettano di usare una lingua impoverita, semplificata e piegata agli interessi dei pochi. Il nostro posto è qui, e continuerà a esserlo in futuro: contribuire a ridare dignità alla lingua, come strumento di comunicazione e dialogo, invece che come arma di odio e divisione.

Finisco con una frase tratta dalla nostra presentazione di quest'anno, che potrebbe ben diventare lo slogan di questa settima edizione della Giornata. Dice così: ogni giorno è un’opportunità per crescere. E credo che tutti siamo qui per questo oggi. Vi auguro una giornata ricca di opportunità di crescita, grazie di essere qui con noi, buona Giornata del Traduttore!

Credits:

Creato con un’immagine di Dewang Gupta - "Glass marble in hand"