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Bixin-house Bixinau de Aristanis

Il progetto Bixin-house è un progetto multimediale degli alunni della classe prima B (anno scolastico 2018/19) della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Eleonora d’Arborea di San Gavino, guidati dalla professoressa Rossana Boi.

Il progetto, inserito nella linea B1 dei bandi “Tutti a iscol@” della Regione Sardegna, si è sviluppato all’interno del laboratorio “Officine della memoria” proposto dall'Associazione culturale Boxis e tenuto dalla giornalista Manuela Ennas.

Se avrete la pazienza e il piacere di seguirci vi condurremo, in modo virtuale, alla scoperta di un autentico museo a cielo aperto presente nel nostro paese. Proveremo a mostrarvelo sperando possiate venire ad ammirarlo dal vivo con i vostri occhi.

All'opera
Tramandare
Bixinau de Aristanis

Il museo a cielo aperto di Sergio Putzu

Il museo a cielo aperto a cui ci riferiamo è in realtà una via del nostro paese interamente decorata da murales. Il colpo d’occhio è incredibile. Si tratta della via Eleonora d’Arborea, meglio conosciuta come su Bixinau de Aristanis. Quello dei murales presenti è un racconto per immagini della storia, dei tratti identitari e delle tradizioni della nostra comunità. Non è un caso infatti che uno dei primi murales realizzati sia quello dedicato alla giudicessa Eleonora d’Arborea, di cui parleremo più avanti.

L'autore Sergio Putzu

L’autore di questa opera unica nel suo genere è un nostro compaesano, Sergio Putzu, artista stimato anche oltre confine, con all’attivo una produzione artistica di grande pregio e valore. All’artista sono serviti ben tre anni di lavoro per portare a compimento il suo progetto. Un tributo alla sua comunità, con particolare attenzione ai luoghi che lo hanno visto crescere ma soprattutto un atto d’amore verso le persone che hanno lasciato un’arrastu nella sua vita. Arrastu che in sardo significa traccia, solco, è anche lo pseudonimo con cui Sergio Putzu firma le sue opere, con la speranza di lasciare appunto un segno preciso nel suo percorso di ricostruzione della memoria storica.

Come è nata l'idea de su Bixinau
Su tzafanau
Tradizione
La vecchia stazione

San Gavino Monreale, un piccolo centro del Medio Campidano famoso per la coltivazione dello zafferano, vive oggi una fase di rinascita urbana grazie a diverse forme di muralismo a cui hanno contribuito negli ultimi anni sia artisti locali, come Giorgio Casu e l’Associazione culturale Skizzo, sia ad artisti provenienti da svariate parti del mondo. Questo fenomeno che possiamo inglobare in un discorso di street-art ha permesso al nostro paese di avere nuova vitalità in ambito culturale e artistico.

Ragazzi fuori dal cinema

Il fenomeno del muralismo

Il fenomeno del muralismo ha radici profonde in Sardegna e fa parte del patrimonio culturale dell’isola. Basti pensare a paesi come Orgosolo, San Sperate o Villamar, o ad artisti come Pinuccio Sciola, Foiso Fois e Francesco del Casino per capirne la portata. Si contano almeno 1850 murales censiti, sparsi in tutta la Sardegna. Il muralismo è arte, ma anche azione pubblica e linguaggio universale con cui tenere saldo il legame con la realtà locale. Possiamo tranquillamente affermare che il fenomeno dei murales è diventato per San Gavino una chiave per rinascere, per riscoprire il proprio passato e contemporaneamente guardare al futuro con rinnovata fiducia.

Identità
Sergio Putzu all'opera
Abilesa
Sabidoria
Saboris
Generazioni di artisti

San Gavino è stato storicamente un paese con un importante ruolo nel territorio, sia da un punto di vista civile che religioso. Basti pensare agli anni del boom economico con la fonderia, o ai pellegrinaggi di fedeli che provenivano da tutta la Sardegna per la festa di Santa Lucia nell’omonimo convento. Ruolo che è andato via via scemando con la crisi sociale ed economica che da anni attanaglia la società sarda in genere.Ma anche attraverso l’arte è possibile conoscere il nostro passato, farne tesoro e renderlo motivo di orgoglio. Sergio Putzu con questa opera ha provato a tracciarne le peculiarità, creando un filo diretto tra storia e presente.

Convento di Santa Lucia
Un passato che ancora ci parla

L'omaggio a Eleonora d’Arborea

Eleonora, la nostra storia
Castello di Monreale
Sulle orme di Eleonora
Sergio Putzu davanti alla sua opera

Il fatto che il nostro artista Sergio Putzu abbia dedicato uno dei primi murales ad Eleonora d’Arborea non deve infatti sorprenderci. Basti pensare che nella chiesa di San Gavino Martire è conservata l’unica effigie attribuibile ad Eleonora d’Arborea, figlia del giudice Mariano IV e di Timbora di Roccabertì. Eleonora fu giudicessa del giudicato di Arbarèe regnò in qualità di reggente al posto del figlio Federico, nell’intento di liberare la Sardegna dalla dominazione aragonese. Promulgò la Carta de Logu, un codice di leggi per regolamentare la vita del giudicato, redatto in lingua sarda, e non in latino come era in uso nel Medio Evo. La vita e le vicende storiche di Eleonora d’Arborea sono legate in modo indissolubile alla storia di San Gavino.

Lianora

Rimanendo sull’importanza della figura storica di Eleonora d’Arborea, non è un caso che Sergio Putzu raffiguri nei murales anche un falco, l’animale più caro ad Eleonora. La vita della giudicessa pare fosse scandita dalla presenza dei rapaci. Una leggenda racconta che al momento della sua nascita, avvenuta a Molins de Rei in Catalogna, si aggirasse sul castello uno stormo di aquile che non smise di stridere fin quando non venne annunciato il lieto evento. Ma il falco non è l’unico animale raffigurato nei murales. Sono presenti il gallo, le galline, i buoi, le pecore, il cavallo, il cane, diciamo tutti gli animali che caratterizzavano e connotavano la vita del paese a chiara vocazione agricola e pastorale.

La postazione di lavoro di Sergio Putzu

L’omaggio alla terra

Olia

Grazie alle mani sapienti di Sergio Putzu riprende vita l’anima antica del paese e la terra diventa protagonista assoluta. Terra da coltivare, terra che produce e sfama, terra battuta delle strade, terra che si fa fango e diventa làdiri, terra che sporca i piedi e la faccia. Questo elemento è come un filo conduttore nei murales, non solo nella scelta dei soggetti raffigurati ma anche nelle tonalità. Come se la terra si mischiasse agli altri colori e diventasse una pennellata continua tra memoria e modernità. Come uno sfondo sempre presente, un sottofondo, un richiamo continuo all’importanza che ebbe nella vita dell’artista e in generale del paese.

altri tempi...
Colori del territorio

Grazie alle mani sapienti di Sergio Putzu riprende vita l’anima antica del paese e la terra diventa protagonista assoluta. Terra da coltivare, terra che produce e sfama, terra battuta delle strade, terra che si fa fango e diventa làdiri, terra che sporca i piedi e la faccia. Questo elemento è come un filo conduttore nei murales, non solo nella scelta dei soggetti raffigurati ma anche nelle tonalità. Come se la terra si mischiasse agli altri colori e diventasse una pennellata continua tra memoria e modernità. Come uno sfondo sempre presente, un sottofondo, un richiamo continuo all’importanza che ebbe nella vita dell’artista e in generale del paese.

Su làdiri

Su làdiri, ossia il mattore di terra cruda, è un elemento fondamentale per San Gavino, così come per altri centri del Campidano. Consiste in parallelepipedi di fango mischiato nella giusta misura con argilla e paglia, elementi fondamentali per dare al mattone la giusta consistenza e resistenza alle intemperie. Làdiri deriva dal latino later, ovvero argilla. Con l’aiuto di arnesi come sa pàbia e su marroni ladu, il fango veniva impastato con l’acqua e la paglia e, dopo essere stato lasciato una notte a rapprendere, veniva compattato con i piedi e poi versato nello stampo in legno chiamato su sestu. Veniva fatto asciugare almeno cinque giorni prima dell’utilizzo.

Gli operai specializzati nella produzione de su làdiri erano chiamati ladrineris. Generalmente in numero di due, is ladrineris, avevano nomi e compiti ben precisi: su portatori portava l’impasto di fango in una cassetta di legno chiamata su sciu e su pesatori, che aveva il compito di riempire lo stampo, pressare il fango e lisciarlo con l’aiuto delle mani bagnate. Che fosse costruita in làdiri o in altri materiali la casa, sa domu, rimane il cuore della vita delle famiglie sangavinesi.

La famiglia a San Gavino

Una famiglia di solita numerosa, con la madre e le figlie femmine impegnate nei lavori domestici e il padre spesso lontano nel lavoro dei campi con al seguito i figli maschi in grado di aiutarlo. Una famiglia con ruoli molto netti e non interscambiabili che si riuniva davanti al sacro rito del cibo o davanti al camino per raccontare is contus de forredda e tramandare così gli antichi saperi e le gesta degli antenati. Una famiglia che si allargava, tenendo sempre aperta s’enna de domu per chi aveva bisogno e che diventava parte di una famiglia ancora più grande, su bixinau.

Sa famìlia est totu

La comunità, il vicinato

Con il vicinato si condivideva tutto, gioie e dolori, soddisfazioni e fallimenti. Ma soprattutto i momenti più importanti per la comunità: le feste religiose, le processioni, le feste comandate ma anche quelle private come i matrimoni e i battesimi. Allo stesso modo anche le occasioni tristi diventavano un vincolo in grado di rinsaldare i rapporti del vicinato.

Sa bidda

Uno dei momenti di condivisione e convivialità era sicuramente quello dedicato alla panificazione. Il pane, da sempre simbolo di vita e cibo basilare dell’alimentazione dei sardi, era confezionato a casa dalle donne e variava per forme e qualità. Chi non aveva la possibilità di farlo spesso lo barattava con altri beni di prima necessità.

Pani

Il ruolo delle donne

Le donne avevano un ruolo importante anche per quanto concerne lo zafferano, soprattutto nella fase di mondatura dei fiori e nell’eventuale commercio. Lo zafferano è da secoli un elemento fortemente identitario del nostro paese. Si pensa che a introdurre la coltivazione dello zafferano a San Gavino siano stati i monaci basiliani dell’antico convento di Santa Lucia che ne facevano largo uso per colorare i tessuti, nella liturgia e nelle preparazioni medicamentose. La prima attestazione risale però al sedicesimo secolo in documento del 1539 in cui si fa chiaro riferimento alla spezie. Nei secoli seguenti anche Max Leopold Wagner e Vittorio Angius riportano informazioni utili circa la coltivazione a San Gavino.

Le donne e il dono della vita
Fainas

Il colore giallo

Il giallo dello zafferano non è sicuramente l’unico giallo presente nell’arte di Sergio Putzu. Non è sicuramente casuale infatti che dedichi un murale al famoso pittore Vincent Van Gogh, del cui giallo il nostro artista è fortemente influenzato e innamorato. Tanto da mescolarlo continuamente agli altri colori e alle varie tonalità della terra destinandogli sempre un ruolo dominante di intensità e luce . L’amore per Van Gogh è rintracciabile anche nella sensibilità pittorica di Sergio Putzu che fonde tecniche diverse ad una estrema originalità di tratto e visione, in una continua ricerca sperimentale e creativa.

La tessitura

Il suo dipingere ci suggerisce per certi tratti la trama di un tessuto. Di più tessuti, che vestono di autentica bellezza i muri di via Eleonora. Come i tessuti degli abiti tradizionali sardi o quelli che le donne ricamavano per il corredo o tessevano al telaio. Il telaio, raffigurato nella sua imponenza, richiama alla mente la mitologia sarda nella figura delle janas, piccole fate abilissime nell’arte della tessitura o in quella della filonzana che con il suo fuso fila le sorti del destino degli uomini. Un’arte, quella della tessitura, ancora praticata in diversi centri della Sardegna con risultati notevoli apprezzati in tutto il mondo.

Arricamus

Il suo dipingere ci suggerisce per certi tratti la trama di un tessuto. Di più tessuti, che vestono di autentica bellezza i muri di via Eleonora. Come i tessuti degli abiti tradizionali sardi o quelli che le donne ricamavano per il corredo o tessevano al telaio. Il telaio, raffigurato nella sua imponenza, richiama alla mente la mitologia sarda nella figura delle janas, piccole fate abilissime nell’arte della tessitura o in quella della filonzana che con il suo fuso fila le sorti del destino degli uomini. Un’arte, quella della tessitura, ancora praticata in diversi centri della Sardegna con risultati notevoli apprezzati in tutto il mondo.

Pilarda

La musica

Ancora legati al mondo della tradizione è il murale raffigurante su sonadori de launeddas. Is launeddas sono indubbiamente lo strumento più antico e originale della Sardegna e nel corso dei secoli hanno raggiunto un notevole grado di perfezione costruttiva. Vengono suonate con la tecnica della respirazione circolare ed sono costruite utilizzando diversi tipi di canne. La musica affascinante di questo strumento, quasi una voce ancestrale, accompagnava i momenti conviviali, le processioni religiose, su ballu tundu e le occasioni di festa in genere.

Sonus antigus

Anche l’organetto appartiene all’immaginario collettivo della nostra tradizione e fa da colonna sonora ai ricordi più recenti dei sangavinesi legati alle feste di carattere folkloristico. Strumento a mantice attestato in Sardegna a partire dai primi decenni del novecento ha parzialmente sostituito strumenti autoctoni come is launeddas e is sulitus.

Processione a San Gavino
Scorci

Su bixinau a scuola

I protagonisti

Brovedani Gabriele
Caboni Matteo
Carraro Marco
Cocco Gaia
Concas Giulia
Concu Adriano
Corda Elisa
Cossu Luca
Floris Enea
Garau Emma
Lixi Iacopo
Lotta Giulia
Mallocci Aurora
Melis Sara
Olivo Simone
Pisaneschi Nicolò
Silanus Giada
Spada Carolina
Spano Giulia
Uras Aurora
La classe

Conclusioni

Quello che abbiamo provato a raccontarvi è davvero parziale rispetto a quanto racchiuso nell’opera di Sergio Putzu. Si sa che non è cosa facile interpretare le emozioni che scaturiscono dall’arte. Ci si può soltanto immergere per lasciarsi trasportare da visioni, colori, sapori di un passato che ha ancora molto da insegnarci. Sapere come eravamo per ragionare su come potremmo essere. Come anche Sergio Putzu scrive in unu murale in sa vida no contat su passu chi fais ma s’arrastu chi lassas.

Saludus

Un ringraziamento particolare alla Dirigente scolastica dottoressa Susanna Onnis

Credits:

Foto di Toto Casu Foto d'archivio "Fototeca di Sardegna" (In San Gavino Monreale, a cura di Manuela Ennas, Editoriale Documenta)