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PATOLOGIE DEL GINOCCHIO Legate a una scalata di tensione tra le catene antero-laterali e postero-laterali

Tratto dalla rivista “Inforchaines“-La rivista dei praticanti del Metodo GDS Anno 16 -primo semestre 2011”

Autore: Philippe Campignion, direttore della formazione in Catene Muscolari e articolari GDS - membro fondatore dell’APGDS. Autore dei libri « La biomeccanica delle Catene Muscolari e Articolari GDS - 6 tomi e del libro «Respir-Actions»

Traduzione: Margaux Lamaro

L’aspetto traumatico è spesso considerato come la principale eziologia delle diverse patologie del ginocchio, quali la rottura dei legamenti crociati o le rotture meniscali, per citare le più frequenti.

Certamente alcuni gesti sportivi determinano questo tipo di traumatismi. Tuttavia, noi pensiamo di non essere tutti uguali davanti a questo genere di probabilità ed è quest’idea che ci porta a precisare la nozione di terreno predisponente sulla quale la metodica G.D.S basa i suoi interventi. S. Piret e M.M. Bezieres dicono: “Tutti gli uomini fanno gli stessi gesti, ma ognuno ha il suo modo”.

Mademe Godelieve Denys-Struyf ci ha insegnato la seguente cosa: quando, nell’eccesso, le famiglie di muscoli diventano catene di tensione mio-fasciale, imprigionano il corpo in un’attitudine rigida e lo marcano di impronte specifiche. Questo determina, in maniera progressiva, un insieme di disfunzioni articolari. Passiamo allora dalla fisiologia di un linguaggio parlato del corpo alla patologia di un linguaggio inciso, da cui ne deriva un terreno più fragile.

Più di trent’anni di pratica come “fisioterapista globale” mi hanno permesso di precisare questa influenza del terreno predisponente sulla fisiologia del ginocchio e l’apparizione di patologie sia di natura progressiva che traumatica.

Nel momento in cui la prevenzione prende infine il posto che merita nella terapia, questa nozione mi sembra di grande interesse.

Per continuare, dobbiamo prendere in considerazione l’idea sviluppata dalle signore S.Piret e M.M. Bezier e ripresa da Godelieve Denys-Struyf :

i nostri muscoli poli-articolari, attraverso la direzione delle loro fibre, imprimono alle catene articolari e alle nostre ossa, una torsione che genera una tensione. Questa tensione da al segmento interessato la sua struttura e la sua forma.

Ricordiamoci che la torsione di un segmento è il risultato delle rotazioni che si esercitano in senso opposto alle due estremità. Questa torsione che si applica particolarmente agli arti e alle cinture piuttosto che al tronco stesso, sembra rispondere a uno schema che associa sempre una rotazione laterale prossimale a una rotazione mediale distale (fig.1).

Ritroviamo questa tensione muscolare in torsione nelle nostre articolazioni, da cui ne deriva la loro stabilità nella statica. Questo è particolarmente vero per il ginocchio che deve la sua stabilità in posizione eretta solo all’incontro tra l’estremità inferiore del femore in rotazione mediale e l’estremità superiore della tibia in rotazione laterale.

Il muscolo popliteo, che si oppone sia alla rotazione mediale del femore sia a quella laterale della tibia, perfeziona questa stabilità (fig.2).

La forza in torsione rappresentata nella figura 1 si applica ai segmenti ossei solo nella posizione di riferimento e in modo particolare nella posizione eretta, dove contribuisce alla stabilità dell’arto inferiore.

Nel momento di una flessione della coxo-femorale e del ginocchio, questa torsione cede il posto alle rotazioni:

la flessione della coxo-femorale è possibile solo se associata a una rotazione (esterna) del femore. Senza questa rotazione il collo del femore entra in contatto con il bordo cotiloideo, il che genera, in alcuni soggetti, un dolore profondo nella piega dell’inguine nel momento in cui gli si chiede di portare la coscia al ventre.

Se associamo a questa flessione coxo-femorale una flessione del ginocchio, possiamo constatare che la tibia effettua una leggera rotazione interna, anche se in maniera molto più moderata e solamente nel momento della flessione massima (fig.3).

Ritroviamo queste rotazioni nel cammino e nella corsa. Esse si invertono se consideriamo l’arto inferiore durante il passo anteriore, nel momento del trasferimento del carico o nel passo posteriore.

Focalizziamoci, in un primo tempo, sullo svolgimento del passo fisiologico.

Un arto inferiore inizia il passo mentre l’altro assicura l’appoggio. Si parla di gamba di riferimento per il primo e di gamba d’appoggio per il secondo. Quello che accade nella gamba di riferimento tra il momento in cui il piede lascia il suolo fino a quello in cui riprende contatto con il suolo corrisponde a quello che chiamiamo passo anteriore. La sequenza compresa tra questa ripresa d’appoggio e il trasferimento di questo sull’altro arto inferiore corrisponde al passo posteriore.

Cosa succede esattamente nei diversi segmenti durante lo svolgimento del passo? (Fig.4)

Nel passo anteriore:

La flessione della coxo-femorale si accompagna ad una rotazione laterale del femore che aumenta progressivamente con essa.

Questa rotazione prossimale automatica è certamente dovuta alla tonicità di alcuni muscoli pelvi-trocanterici (particolarmente quadrato femorale, otturatore interno e gemelli) che si comportano come dei veri legamenti attivi di quest’articolazione. Il professor Kapandji non esita a dire che essi compensano l’assenza relativa di legamenti posteriori della coxo-femorale, in confronto all’importanza delle strutture anteriori (legamento di Bertin). Compensano l’allungamento subito sul piano sagittale attraverso la flessione dell’anca con una rotazione laterale e lavorano, in qualche modo, in corsa esterna. Questo cambiamento di piano è la moneta corrente nel gioco di antagonismo-complementarietà che giocano i muscoli intorno alle articolazioni.

Fisiologicamente, la tibia ruota nettamente meno e ruota in senso inverso, ovvero in rotazione mediale. Sarà più giusto dire che rimane relativamente nell’asse, in quanto possiamo osservare questa leggera rotazione mediale solamente nella flessione completa.

Questa relativa stabilità rotatoria della tibia rispetto a quello che succede nel femore, dipende dall’equilibrio tonico tra, da una parte, gli ischio crurali mediali (semitendinoso e semimembranoso), il gracile e il sartorio e, dall’altra parte, il bicipite femorale e la bandelletta ileo-tibiale sottesa dal grande gluteo all’esterno (fig.5). Tutti questi muscoli si comportano come le “redini” che servono a condurre il cavallo.

Il minimo disequilibrio tonico in favore dell’uno o dell’altro degli attori di questa stabilità di tibia può condurre alla disorganizzazione dei meccanismi del cammino fisiologico e, come vedremo in seguito, generare una sofferenza dell’articolazione del ginocchio.

Il piede è portato in flessione dorsale e inizia un movimento di supinazione sotto l’azione principale del tibiale anteriore, il che porta il tallone a toccare per primo il suolo con il bordo esterno.

Poi l’avampiede riprende il contatto grazie alla pronazione, che porta la base dell’alluce al suolo; è quindi necessario che questo piede passi dalla supinazione alla pronazione !

Il piede che ha ripreso contatto con il suolo diventa il piede di appoggio, per permettere all’altro arto inferiore di iniziare un altro passo. Esso deve essere sufficientemente stabile per frenare la spinta della tibia nel momento del trasferimento di peso durante il passaggio dell’altro arto da dietro in avanti. Dovrà anche, in alcuni casi, compensare un mal posizionamento di questa tibia (in caso di disequilibrio delle redini) in un senso o nell’altro.

Appena il bacino supera lo stesso piede si parla di passo posteriore:

la coxo-femorale passa dalla flessione all’estensione e questa si accompagna ad una rotazione mediale, che attribuiamo generalmente alla messa in tensione dei legamenti anteriori della coxo-femorale, più precisamente il legamento di Bertin.

La tibia è attirata in rotazione laterale fino a quando l’alluce lascia il suolo.

Il femore effettua quindi un movimento che lo conduce da una rotazione laterale importante all’inizio del passo, a una rotazione mediale alla fine del passo.

Dato che la tibia, durante questo tempo, inizia relativamente fissa sul piano delle rotazioni, che in ogni caso sono invertite, sembra logico pensare che la rotazione assiale del femore è compensata da uno spostamento dei condili sul piatto tibiale.

A livello del ginocchio, nel passo anteriore la rotazione laterale del femore sembra essere compensata da uno scivolamento verso avanti del condilo mediale sul piatto tibiale (fig.6), Accompagnato dal rotolamento dovuto alla flessione del ginocchio.

La superficie articolare del piatto tibiale è, tra l’altro, più estesa antero-posteriormente nella parte mediale che laterale. Il menisco mediale ha la forma di una C e sembra, anch’esso, previsto per facilitare questo spostamento antero-posteriore del condilo. Il menisco laterale ha la forma di una O, il che sembra limitare lo spostamento del condilo laterale.

Durante tutto il passo anteriore, l’arto inferiore è in scarico e i legamenti del ginocchio sono distesi, il che rende possibile questo spostamento.

La superficie minima del piatto tibiale e la forma ad O del menisco laterale ci supportano nell’idea che il piatto tibiale laterale servirebbe relativamente da punto fisso per questo spostamento del condilo mediale.

Il trasferimento dell’appoggio su questo arto inferiore avviene al passaggio dal passo anteriore al passo posteriore. I legamenti del ginocchio, che si trova di nuovo in estensione, sono in tensione e l’appoggio è importante a livello del piatto tibiale. È in questo momento che, per compensare la rotazione mediale nella qualche il femore è portato, il condilo mediale deve spostarsi indietro… mentre la pressione è importante…

È qui che la nozione di terreno predisponente diventa importante. Secondo il loro grado di attività, le catene possono mantenere il femore e la tibia in posizioni specifiche contrariando i meccanismi che abbiamo appena descritto. Le anomalie di torsione che ne risultano favoriscono progressivamente lesioni legamentose o meniscali, che qualsiasi trauma non farà che confermare.

Osservando degli atleti durante la corsa, abbiamo potuto notare l’importanza di queste torsioni nella fisiologia del ginocchio e abbiamo potuto precisare l’influenza dell’espressione psico-corporea legata alle catene sulle anomalie di torsione di questa articolazione.

Concentriamo questo testo sul caso preciso e talmente frequente della scalata di tensione tra le catene antero-laterali e le catene postero-laterali:

l’eccesso di tensione in alcune catene influenza la statica ma anche, e soprattutto, la fisiologia, in particolare del ginocchio durante marcia.

Due delle catene descritte da Madame Struyf attirano maggiormente la nostra attenzione: si tratta delle catene antero-laterali e postero-laterali, le cui azioni sono, tra l’altro, preponderanti a livello degli arti e delle cinture.

Queste due catene sono costituite da un insieme di muscoli, di cui alcuni poli-articolari hanno una direzione di fibre che favoriscono, più di tutto, la torsione negli arti. Questa torsione è, tra l’altro, incisa nella forma propria dell’osso e possiamo pensare che quest’ultima è formata, in parte, dalle tensioni muscolari.

Per esempio, prendiamo l’osso iliaco, la cui forma è fortemente influenzata dall’attività tonica combinata delle fibre anteriori del piccolo e del medio gluteo che appartengono alla catena antero-laterale e da quelle del quadrato femorale e otturatore interno che appartengono alla catena postero laterale.

Le prime favoriscono, durante lo sviluppo, la rotazione laterale dell’ala iliaca in alto, mentre le seconde favoriscono quella mediale della branca ischio-pubica.

Ognuna di queste catene partecipa alla torsione a proprio modo, favorendo un tipo di rotazione, sia laterale o mediale, in posti differenti di uno stesso segmento dell’arto. L’attività tonica dei muscoli di ogni catena è quindi utile in alcuni posti, finché il territorio rimane equidiviso. Quando si struttura l’eccesso di tensione in una catena, quest’attività può invadere il territorio di un’altra ostacolando la sua azione utile. La fisiologia articolare ne risulta contrariata, essendo modificati la posizione dei segmenti ossei gli uni rispetto agli altri e i loro spostamenti.

Il piccolo gluteo della catene antero-laterale può bloccare la coxo-femorale in rotazione mediale, mentre il quadrato femorale e l’otturatore interno della catena postero-laterale potrebbero farlo in rotazione laterale, ostacolando la sua libertà, in un senso o nell’altro, durante marcia.

1- STUDIAMO PRIMA GLI EFFETI DI UN ECCESSO DI TENSIONE NELLE CATENE ANTERO-LATERALI (FIG. 7):

il seguito meccanico si caratterizza con una rotazione mediale degli arti e un’attitudine generale di ripiego su di se. Il pube è portato indietro per una contro-nutazione iliaca.

Nel cammino, i piedi e le ginocchia sono portanti verso l’interno, soprattutto per l’attivazione dei flessori – rotatori interni della coxo-femorale.

L’arto inferiore è mantenuto, nella sua globalità, in rotazione mediale, il valgismo apparente del ginocchio ne è il risultato. Per questa ragione lo qualifichiamo come “falso valgismo”, per differenziarlo bene dal vero che ci appare come una deformazione sul piano frontale. Questo posizionamento favorisce il pinzamento femore-tibiale laterale e quindi lo sviluppo progressivo di un’artrosi meccanica.

Il femore e la tibia non sono più nell’allineamento fisiologico e la rotula, mantenuta nell’asse dal retto anteriore del quadricipite, prende la tangente, favorendo quello che abbiamo l’usanza di chiamare una lussazione laterale della rotula (fig. 8). Non dobbiamo riallineare la rotula ma il femore e la tibia.

Rimane il fatto che questa si trova in posizione instabile, pronta a basculare fuori dalla gola condilioidea. La sua compressione sulla tuberosità laterale del condilo femorale aumenta con la flessione permanente del ginocchio imposta dalla flessione coxo-femorale. Questo stato favorisce l’usura precoce della cartilagine.

Il femore è portato in rotazione mediale all’inizio di ogni passo, il che ostacola la flessione d’anca. Le “redini” mediali della tibia (sartorio soprattutto) mantengono lo scheletro della gamba in rotazione mediale. Tutto l’arto inferiore è quindi portato in rotazione mediale ostacolando l’alternanza della rotazione dell’osso nel cammino come descritto prima.

Il ginocchio è in un’attitudine che qualifichiamo come “falso valgismo”, poiché è il risultato della rotazione sul piano orizzontale, contrariamente al vero valgismo, risultato di una perdita dell’asse sul piano frontale. La distensione che questo provoca nell’articolazione favorisce la distensione del legamento laterale interno.

Sempre nel passo anteriore, quindi in scarico, il piede è portato in dentro e in varismo esagerato dai muscoli tibiale anteriore e posteriore. La presa di contatto con il suolo, poi il trasferimento di peso su un piede in eccessivo varismo, favorisce la distorsione dei legamenti laterali della caviglia.

2- PRENDIAMO ORA L’ESEMPIO INVERSO, OVVERO L’ECCESSO DI TENSIONE NELLE CATENE POSTERO-LATERALI

Questo seguito articolare è caratterizzato da una rotazione laterale degli arti e un’attitudine generale aperta, anche arcuata, con il pube portato in avanti dalla nutazione iliaca.

In questa tipologia abbiamo la maggioranza dei casi di deformazioni in ginocchio varo che, per noi, trova la sua originenel blocco in abduzione-rotazione laterale del femore per attivazione dei medio glutei e dei pelvi-trocanterici (fig. 10).

Il cammino avviene con l’apertura dei piedi (alle 10:10) e con la tripla flessione dell’arto inferiore nel passo anteriore. Il femore e lo scheletro della gamba sono portati in rotazione laterale tramite le redini laterali (bandelletta di Maissiat tesa in alto dalle fibre superficiali del grande gluteo e bicipite femorale).

Questa tensione è flagrante quando si osserva il soggetto di fronte, nella corsa, e perturba tutto quello che è stato precedentemente descritto come fisiologia della marcia.

I soggetti di questa tipologia, che si ritrova in numerosi sportivi (specialmente sport di velocità), soffrono di problemi inerenti al ginocchio varo: distensione dei legamenti laterali del ginocchio, problemi meniscali, soprattutto il mediale, a causa della compressione femoro-tibiale mediale, che genera, a lungo termine, il manifestarsi dell’artrosi (Fig.11).

3- CI SONO CASI IN CUI LE DUE CATENE ENTRANO IN COMPETIZIONE UN UN GIOCO DI AZIONE-REAZIONE IN CUI OGNUNA CERCA DI RECUPERARE UN OSSO:

di solito, la catena antero-laterale prende il femore e lo porta in rotazione interna (fibre anteriori dei piccolo e medio glutei), mentre la catena postero-laterale prende la tibia e il perone (bicipite femorale e bandelletta di Maissiat) che porta in rotazione laterale (fig.12).

Nel cammino o nella corsa, il ginocchio è quindi strattonato tra due forze: una per la rotazione mediale del femore e una per la rotazione laterale della tibia.

Abbiamo osservato, in questo caso, una grande frequenza di problemi meniscali e rotulei (fig.13).

La causa è l’eccesso di torsione nel ginocchio che causa una frizione esagerata sul menisco interno, specialmente nel momento del trasferimento del carico durante il passo. Questa frizione si trasforma in trazione sul corno posteriore del menisco, che si disinserisce progressivamente.

Il muscolo popliteo, la cui azione abbiamo precisato nella fig. 2, reagisce spesso a quest’eccesso di torsione di cui ne è il freno fisiologico. Il suo dolore e la sua irritazione sono molto spesso confusi erroneamente con una ciste poplitea.

IL TRATTAMENTO

La comprensione del terreno predisponente, come abbiamo appena decritto, conduce all’individuazione di un trattamento individuale. Questo si allontana da alcuni protocolli classici in cui il rinforzo del quadricipite ha un ruolo predominante nonostante non sia sempre opportuno, spesso anche controidicato. Il professore Henri DEJOUR difendeva anche lui quest’idea.

Il rinforzo del quadricipite su un ginocchio non in asse può solo aggravare le cose e quando è praticato in maniera eccessiva in posizione bloccata, non fa altro che aumentare l’ascensione della rotula che si trova quindi in contatto con una zona non cartilaginea situata sotto la gola della puleggia poplitea (fig.14).

I vasti perdono la loro funzione di stabilizzazione laterale, che possono compiere solo quando il ginocchio è sbloccato.

Si tratta quindi di rimettere in asse i differenti segmenti, che può avvenire solo tramite un intervento globale, relativo alla statica tutta intera, e insistendo, oltre che sulle semplici braccia di leva, sull’aspetto psico-motore, l’apprendimento e l’automatizzazione dei gesti giusti.

L’approccio non può essere che globale, pena la recidiva. Il trattamento sarà quindi quello che applichiamo a un terreno caratterizzato da una scalata di tensione tra AL e PL. L’AL è spesso causale rispetto alla PL reattiva: in effetti AL ha preso il posto di PL nel suo feudo, la coxo-femorale, bloccando il femore in rotazione interna e contrariando in questo modo tutta la fisiologia dell’arto inferiore e del ginocchio.

PL, estromessa dal suo feudo, recupera a livello dello scheletro della gamba attraverso le redini laterali. La suddivisione di territorio non è più fisiologica.

Conviene quindi concentrarsi nel reinstallare ognuna delle due catene al suo posto in una suddivisione di territorio che rispetti i feudi e le residenze.

Come prima cosa, bisogna tener presente che la presenza di questa AL è spesso una conseguenza di un vuoto di AM. È quindi nutrendo l’ AM che possiamo sperare di migliorare le cose. Le tecniche che mirano a ridare al corpo un contorno e una densità sono perfettamente indicate (fig. 15). L’ancoraggio di AM in T8 e la sua reintroduzione nella residenza il bacino sono da considerare una priorità.

Il lavoro locale non è tuttavia da bandire, a condizione di prendere la giusta posizione nella nostra visione globale. Il fulcro primario di AL è alle coxo-femorali, da cui la fisiologia del ginocchio dipende strettamente. Le coxo-femorali sono anche il feudo della PL. La liberazione della coxo-femorale nel senso della rotazione laterale è una necessità (fig.17), in seguito passeremo all’allungamento delle redini PL della tibia (fig.18). Se la diagnosi è corretta, la tensione si farà sentire soprattutto a livello della coscia, evidenziando la responsabilità della PL nel blocco in rotazione della tibia. Il test di libertà rotatoria della tibia rivelerà una limitazione laterale della sua corsa. Un lavoro in isometrica contro resistenza è generalmente sufficiente a ricentrare la corsa rotatoria della tibia che deve essere uguale nelle due direzioni.

NB. Non bisogna assolutamente cercare di aumentare questa corsa, ma semplicemente equilibrarla tra l’esterno e l’interno.

L’operatore fissa lo scheletro della gamba in rotazione mediale massimale e si oppone a una rotazione laterale attiva durante tutta l’inspirazione. Il piede può girare ma non la tibia (fig.19).

All’espiro, il paziente rilascia lo sforzo mentre il terapista guadagna in ampiezza nel senso della rotazione mediale.

GLI ACCORDAGE SONO UN MEZZO ECCELLENTE PER RIPROGRAMMARE LO SCHEMA FISIOLOGICO DELLE TENSIONI RECIPROCHE TRA AL E PL (FIG.20)

Cominciare al piede (1): una mano PL spinge il bordo laterale del piede verso il tallone mentre la mano AL spinge il bordo interno verso l’estremità dell’alluce.

A livello della gamba (2): il pollice della mano AL spinge il tibiale anteriore verso il basso mentre la mano PL mantiene i peronei in trazione verso l’alto. Si ripetono più manovre spostando ogni volta le prese verso l’alto.

A livello della coscia (3): la mano PL mantiene la parte posteriore della bandelletta ileo-tibiale in trazione verso l’alto mentre il pollice della mano AL spinge la parte anteriore verso il basso. Si ripetono più manovre spostando ogni volta le prese verso l’alto.

A livello della coscia e del bacino (4): accordare la parte anteriore del ventaglio gluteo verso il basso mantenendo la parte posteriore in trazione verso l’alto.

Posizionare il soggetto in decubito laterale.

A livello del tronco (5): afferrare la pelle e i muscoli dell’addome con due mani a livello della vita, poi tirare nel senso dell’apertura. La mano superiore apre nel senso delle fibre dell’obliquo esterno dell’addome PL mentre la mano inferiore apre nel senso delle fibre dell’obliquo interno di AL.

Il soggetto è di nuovo supino.

Riprendere a livello della mano (6): la mano PL mantiene il bordo esterno della mano e i muscoli dell’eminenza ipotenar in trazione verso l’alto, mentre la mano AL spinge il pollice e i muscoli dell’eminenza tenar verso l’estremità dell’alluce.

A livello dell’avambraccio (7): la mano PL mantiene in trazione verso il gomito i muscoli flessori e estensori ulnari del carpo, mentre la mano AL porta verso il basso i muscoli estensori radiali del carpo alla faccia dorsale dell’avambraccio e i flessori radiali del carpo e lungo palmare alla faccia anteriore dell’avambraccio.

A livello del braccio (8): la mano PL mantiene in trazione verso l’alto il vasto laterale del tricipite brachiale mentre la mano AL porta il lungo bicipite verso il gomito.

A livello della spalla (9): la mano PL mantiene le fibre medie del deltoide in trazione verso l’alto mentre la mano AL porta le fibre anteriori verso l’omero.

È possibile terminare a livello della clavicola (10) con un accordage tra il trapezio superiore di PL e le fibre clavicolari del gran pettorale di AL.

Il trattamento potrà concludersi con una mobilizzazione spiroide degli arti come praticato nella distesa coreana o il trattamento di Littlejohn in osteopatia. Questo è uno strumento prezioso per rilanciare il ritmo dell’AP indispensabile all’alternanza tra PL e AL.

CONCLUSIONI

Tutto quello che ho appena sviluppato nella parte terapeutica di quest’articolo non è che una proposta per un trattamento che bisognerà affinare in funzione dell’evoluzione. In alcuni casi non si deve esitare a prendere altre direzioni, da aggiornare con le reazioni del paziente. Non esiste un trattamento tipo, la terapia deve costantemente fare prova di adattabilità e rivedere la sua copia ogni seduta.

Fig. 1 Le torsioni dell’arto inferiori - secondo GDS

Fig. 3 Le rotazioni nella flessione della coxo-femorale e del ginocchio

Fig. 4 Le rotazioni nel passo – passo anteriore – passo posteriore

Fig. 5 Le “redini” del segmento della gamba

Fig. 6 Nel passo, le rotazioni del femore sembrano essere compensate a livello del ginocchio, attraverso uno scivolamento più importante del condilo mediale sul piatto tibiale.

Fig. 7 Seguito meccanico legato agli eccessi di attività nelle catene antero-laterali

Fig. 8 Problemi rotulei legati a un eccesso di attività nelle catene antero-laterali

Fig. 9 AL eccessiva nel cammino – passo anteriore – trasferimento di carico

Fig. 10 Seguito meccanico legato a un eccesso di attività nelle catene postero-laterali

Fig. 11 PL eccessiva nel cammino

Fig. 12 Competizione tra AL e PL

Fig. 13 Effetti di una scalata di tensione tra AL e PL sulla fisiologia del cammino

Fig. 14 Effetti di un rinforzo eccessivo del quadricipite – Quadricipite in posizione fisiologica - I vasti stabilizzano la rotula lateralmente – Quadricipite in posizione retratta – I vasti non stabilizzano più la rotula - La rotula è fuori dalla puleggia condiloidea

Fig. 15 Ancoraggio di AM in T8

Fig. 16 La figura 16 illustra l’accordage del grande gluteo al fine di stabilizzare il sacro tra le iliache - Accordage dei grandi glutei

Fig. 17 Liberazione della coxo-femorale – Distesa del piccolo gluteo attraverso il massaggio – Allungamento del piccolo gluteo al bordo del lettino

Fig. 18 Allungamento delle “redini” PL – Allungamento della PL all’arto inferiore – Postura globale di allungamento della PL

Fig. 19 “Centraggio” della tibia – Isometrica dei rotatori esterni (partire dalla rotazione interna) – Isometrica dei rotatori esterni (Resistenza alla rotazione esterna della parte alta della tibia all’inspiro) – isometrica dei rotatori esterni (guadagnare in rotazione interna all’espiro)

Fig. 20 Accordage delle tensioni reciproche tra AL e PL – Il soggetto è supino in posizione di riposo ma corretta

Autore: Philippe Campignion, direttore della formazione in Catene Muscolari e articolari GDS - membro fondatore dell’APGDS. Autore dei libri « La biomeccanica delle Catene Muscolari e Articolari GDS - 6 tomi e del libro «Respir-Actions»

Traduzione: Margaux Lamaro

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