Cap.6 La fine di un'epoca 1981-1991

1. Reagan e l'«Impero del male»

Ronald Reagan

La presidenza di Ronald Reagan aveva come obiettivo principale quello di mettere fine alla crisi degli Stati Uniti ed era basata su quattro elementi principali: la riaffermazione della competizione con l'Unione Sovietica, che venne definita "l'Impero del Male", una politica estera interventista che seguiva un percorso più chiaro e univoco di quello di Carter e che rifiutava il pragmatismo di Nixon e Kissinger, un importante processo di riarmo e il liberismo economico.

All'opinione pubblica venne trasmesso il messaggio che non fosse possibile alcun dialogo con l'Unione Sovietica e promosse la lotta al comunismo attraverso il tentativo di estendere la rete delle democrazie di libero mercato. Ciò significava porre fine alla politica conciliatoria di Carter nei confronti del regime sandinista in Nicaragua e sostenere il movimento antigovernativo dei Contras, schierarsi a favore del governo autoritario del Salvador rovesciare il governo filosovietico nell'isola caraibica di Grenada che invasero nel 1983.

Inoltre anche alle forze anticomuniste nel Terzo Mondo venne dato un sostegno, principalmente attraverso canali clandestini: vennero finanziate le forze antigovernative in Angola (i mujahidin afghani in guerra con l'esercito sovietico) e quelle in Cambogia.

Il discorso sul processo di riarmo invece presenta alcune contraddizioni poiché Reagan aveva denunciato fino alla sua presidenza gli accordi di SALT, le armi nucleari ed il meccanismo della deterrenza; tuttavia avviò il processo di riarmo come unica difesa del "mondo libero". Durante i primi anni della sua presidenza vi fu un significativo aumento delle spese militari che creò un forte stimolo per l'economia americana.

Venne inoltre confermata la decisione della NATO, adottata nel 1979 come risposta al dispiegamento da parte dell' Unione Sovietica, di stanziare missili sul territorio europeo. Tale decisione divenuta operativa nel 1983 suscitò le reazioni di una parte della sinistra europea.

Nel campo della tecnologia di difesa si ebbe la svolta più importante della politica militare di Reagan grazie allo sviluppo del sistema della SDI (iniziativa di difesa strategica) che aveva una valenza offensiva ovvero comportava la possibilità di sottrarsi alla logica della deterrenza e di lanciare un'azione preventiva e di fatto determinò una nuova corsa agli armamenti ma costituì nuovo successo propagandistico.

In ambito Internazionale venne adottata una politica economica liberista e respinta quella di assistenza ai paesi del Terzo Mondo la cui crescita dovette fronteggiare meccanismi di un mercato sempre meno regolamentato.

Infine la svolta reaganiana, nonostante le contraddizioni, costituì per i sovietici una sfida di fronte alla quale la loro capacità di competizione con il blocco occidentale venne a mancare.

2. La Sclerosi Sovietica

Parallelamente l’URSS affronta un momento di crisi in diversi ambiti: economico, militare, politico e propagandistico.

Per quanto riguarda quello economico, dopo gli anni ’50 e ’60, l’Unione Sovietica deve fronteggiare una fase di stagnazione, questo porta il loro sistema economico a perdere attrattiva nei confronti degli altri Paesi ancora in via di sviluppo, e di conseguenza anche il sistema comunista inizia a perdere consensi.

A livello politico l’Unione Sovietica ha mostrato delle debolezze soprattutto a livello internazionale, già in Afghanistan erano emerse delle carenze di attenzione da parte del Cremlino verso le eventuali conseguenze delle sue azioni in ambito internazionale. In seguito, nel 1980, a seguito di proteste per l’aumento dei prezzi e della creazione del sindacato Solidarnosc l’autorità del partito comunista viene messa in pericolo. Per evitare un intervento militare di Mosca, il generale Jaruzelski dal 1981 introduce la legge marziale, arrestando gli esponenti del sindacato. Ma questa condizione dura poco, dopo due anni infatti lo stato di guerra cessa e i rappresentanti del sindacato vengono liberati. Ciò mostra la fragilità dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti.

Sindacato Solidarnosc
legge marziale in Polonia

In ambito militare, sebbene ancora una potenza, l’Urss ha difficoltà a tener testa agli USA, come si è dimostrato nelle trattative per lo START (per il controllo degli armamenti). Infatti i russi mirano ad evitare il posizionamento da parte degli americani degli euromissili e a riavviare la produzione bellica per risollevare l’economia. Nessuno dei due obbiettivi viene raggiunto.

missile Pershing

Ad aggravare la situazione del Cremino si aggiunge l’incapacità di affrontare l’opinione pubblica mondiale. Infatti dopo aver abbattuto, per errore, un aereo sudcoreano provocando la morte di più di 200 persone nel 1983, l’atteggiamento del Cremlino risulta sprezzante, portandolo a riscuotere sempre meno consenso nell’opinione pubblica mondiale.

rotta dell'aereo sudcoreano

3. Gorbačëv e la nuova distensione

Michail Sergeevič Gorbačëv

Le politiche di Gorbačëv, una volta giunto al potere, si possono riassumere così: intenzione di ridurre le tensioni con l’Occidente per permettere di liberare risorse da destinare al programma riformista della nuova leadership sovietica; tale programma a sua volta avrebbe reso lo stato sovietico più efficiente e competitivo a livello internazionale.

Per allentare le tensioni Gorbačëv era pronto a fare cessioni senza precedenti. Il percorso che ha deciso di intraprendere era completamente innovativo, infatti egli voleva stabilizzare il quadro internazionale e raggiungere una coesistenza tra i due blocchi che non fosse più competitiva o antagonistica. Il leader russo riconosceva l’esistenza di una crescente interdipendenza negli affari mondiali, l’esistenza di interessi comuni e condivisi tra tutte le nazioni del globo. La sicurezza di tutti poteva essere solamente reciproca, doveva essere perseguita con la cooperazione della controparte.

Perestrojka

M.S. Gorbačëv a cominciare dal marzo 1985, quando divenne segretario del Partito comunista sovietico adottò una serie di riforme politico-economiche (ricambio nei vertici di partito, adozione di nuovi sistemi di rappresentanza ed elettorali, moderato liberismo economico, riconoscimento delle opposizioni interne ecc.) che rovesciavano le scelte compiute da Mosca negli anni precedenti.

Nell’aprile del 1985 egli annunciò la sospensione del previsto dispiegamento di nuovi SS-20 in Europa e pochi mesi più tardi comunicò di voler terminare gli esperimenti nucleari, qualora lo avesse fatto anche Washington.

Gli Stati uniti non erano pronti per questo cambio di rotta della politica sovietica. Il Pentagono accolse con diffidenza le proposte di Gorbačëv per due motivi:

  1. Le armi nucleari compensavano le ingenti forze militari del patto di Varsavia (sottoscritto nel 1955 da Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania Est, Polonia, Romania, Ungheria e Unione Sovietica).
  2. Si sosteneva che gli USA non avessero alcun interesse a facilitare le riforme in corso nell’URSS.

Il presidente americano si dimostrò invece molto disponibile al dialogo (irritando i suoi sostenitori conservatori). Nel 1985 incontrò il leader sovietico a Ginevra, e bensì non vi sia scaturito alcun accordo, l’incontro rappresentò un importante momento di svolta e l’instaurazione di un rapporto di fiducia reciproca tra i due.

Il secondo vertice tra Reagan e Gorbačëv si tenne a Reykjavík nell’ottobre del 1986. Il capo di stato russo propose di ridurre del 50%, in 5 anni, i missili strategici delle due superpotenze; inoltre era disposto ad accettare lo sviluppo del sistema di difesa strategico (SDI) a patto che rimanesse nel laboratorio e che l’America s’impegnasse a rispettare il trattato ABM per altri 10 anni. Washington, ancora una volta, non volle accettare le limitazioni dell’SDI rendendo impossibile un accordo storico.

Nei mesi successivi grazie ad una serie di avvenimenti si riuscì a superare gli ostacoli e l’accordo fu raggiunto.

  1. Il Senato statunitense passò ad una maggioranza democratica e lo scandalo “Iran-Contra” indebolì ulteriormente la parte conservatrice che era contro gli accordi.
  2. Si dimisero alcuni autorevoli consiglieri conservatori di Reagan.
  3. Gorbačëv aveva deciso di non includere più gli SDI negli accordi.

Nel dicembre del 1987 venne ratificato il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces) che prevedeva la rimozione dei missili a media gittata sovietici e statunitensi. Questo trattato prevedeva la rimozione di un intera categoria di arsenali nucleari (circa il 5% del totale).

Nonostante fosse una svolta importante, il trattato fu criticato sia negli USA che in Europa.Alcuni governi europei avevano avuto costi politici elevati per aver stanziato i missili. Gli statunitensi pensavano invece alla superiorità delle forze del Patto di Varsavia (il problema tradizionale della guerra fredda). Gorbačëv nel 1988 ovvio anche a questo problema, estendendo il disarmo anche alle forze armate sovietiche e ritirando le truppe di Stanza in Europa Orientale. L’approccio cooperativo di Gorbačëv veniva chiamato “dottrina Gorbačëv”.

Nel 1988 Reagan si recò a Mosca. L’«impero del male» apparteneva «a un altro tempo, a un'altra epoca». Sembrava la fine della guerra fredda. La fine non avvenne però tramite il superamento dell’antagonismo, ma con l’implosione e la scomparsa dell’impero sovietico.

4. Disgregazione dell’URSS e la fine di Gorbačëv

Disgregazione dell'URSS

L’Unione Sovietica era principalmente basata sulla forza e sulla coercizione e negli anni ciò ha alimentato l’ostilità dei popoli dominati.

Gorbačëv si augurava che i paesi nella sfera d’influenza dell’URSS adottassero la sua politica. La divisione nel continente rendeva difficile gli scambi commerciali con l’Europa Occidentale.

I primi effetti della politica di Gorbačëv si sentirono in Polonia dove il processo avviato da Solidarnosc non si era mai interrotto e nelle elezioni del 1989 il gruppo si affermò notevolmente. Un processo analogo avvenne in Ungheria. Nel gennaio del 1989 il Parlamento autorizzò la formazione di gruppi d’opposizione al governo.

Comincia a delinearsi la spaccatura nel blocco comunista tra i paesi riformatori (URSS, Polonia, Ungheria) e quelli conservatori (Repubblica Democratica Tedesca, Bulgaria, Cecoslovacchia e Romania).

Nel 1989 l’Ungheria aprì le proprie frontiere con l’Austria e miglia di abitanti della Germania dell’Est andarono nella parte Ovest. La Repubblica Democratica Tedesca non avendo il supporto dell’URSS a novembre aprì anch’essa le proprie frontiere occidentali. Cade così il muro di Berlino.

Caduta del muro di Berlino e celebrazioni

La Cecoslovacchia e la Bulgaria seguirono un percorso simile, avviando il processo di democratizzazione nell’arco di pochi mesi. In Romania questo processo cominciò in seguito ad un colpo di Stato militare.

Negli anni ’90 tutti i regimi comunisti erano crollati, ma diversamente gli auspici di Gorbačëv non era stata l’élite comunista a guidare i paesi, e ciò era preoccupante. In ogni caso però, Mosca si era liberata di un impero i cui costi non poteva più sostenere.

Gli USA reagirono con cautela alla disgregazione dell’URSS. Nei primi mesi discussero (assieme a Francia e Inghilterra) sul futuro della Germania che decise di unificarsi e restare nella NATO. L’URSS accettò le decisioni sia perché la Germania affermò che avrebbe continuato a mandare aiuti economici a Mosca sia perché la presenza americana e la NATO svolgevano una funzione di contenimento.

Nel 1990, quanto il Kuwait fu invaso, gli Stati Uniti e l’URSS si schierarono dalla stessa parte, suscitando lo stupore globale. La gestione dell’ONU della risposta militare e l’intervento di un contingente multinazionale sembrò la premessa dell’avvento di un nuovo ordine internazionale: fine del bipolarismo – inizio sistema basato su regole internazionali.

La Guerra del Golfo peggiorò però la situazione interna dell’URSS. Gorbačëv era accusato di aver ceduto all’Occidente. Le critiche che gli erano rivolte venivano sia dai oppositori delle riforme, sia da individui con tendenze secessioniste.

Le riforme interne di Gorbačëv erano finalizzate al rilancio del socialismo sovietico, non al suo superamento. Gli errori compiuti dai riformisti peggiorarono la situazione economica e i dissensi della popolazione. Nella primavera del 1990 la Lituania, l’Estonia e la Lettonia hanno annunciato la propria indipendenza. Gorbačëv provò a contenere queste pressioni sia con interventi militari che con ulteriori tentativi di riforme, ma in vano.

La stabilità dell’Unione Sovietica era sempre stata garantita dal controllo autoritario esercitato dal potere centrale: in assenza di questo, la situazione era destinata a precipitare.

Nel 1991 alcuni rappresentanti del governo tentarono un colpo di Stato per fermare la riforma istituzionale che concedeva ampi poteri alle repubbliche. Inoltre i golpisti erano insoddisfatti con la politica estera e con il crollo di prestigio dell’Unione Sovietica. Il colpo di stato fu fermato dalla resistenza popolare guidata dal neopresidente Russo, Boris Eltsin, e dal rifiuto di cooperazione delle forze militari.

Boris Nikolayevich Yeltsin

Boris Eltsin uscì rafforzato dal tentato golpe, nonostante promuovesse un riformismo più radicale. Nei mesi successivi il poteri passò tutto nelle sue mani e quelle dei presidenti delle repubbliche che dichiararono la propria indipendenza.

Nel dicembre del 1991 l’URSS viene sciolta e la guerra fredda finisce definitivamente.

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